“Trans”: siamo di fronte alla nuova anoressia?
Diventare donna è un affare ben poco attraente.
Riportiamo alcuni passaggi di un articolo di Lionel Shriver, pubblicato il 27 aprile 2023 su Unherd, che, a partire dalla lettura del libro di Hadley Freeman “Good Girls: A Story and Study of Anorexia”, indaga le analogie tra l’anoressia e il transgenderismo nelle giovani ragazze.
Quando insegnavo al primo anno nei college di New York a metà degli anni Ottanta, con una frequenza inverosimile le studentesse mi confidavano di essere anoressiche. Non tutte erano tanto sottopeso da preoccuparsi. Mi ci è voluto un attimo per capirlo: aspiravano a essere anoressiche. L’anoressia era una diagnosi di prestigio. Quando ho avuto l’occasione di leggere “Good Girls: A Story and Study of Anorexia” l’ho colta al volo e tuttavia avevo una certa resistenza: onestamente l’argomento mi sembrava datato. Perché come diagnosi di prestigio l’anoressia è stata sostituita con il Trans.
Nel libro della Freeman mezzo capitolo è dedicato alla sovrapposizione tra le due afflizioni – entrambe “radicate nella convinzione che, cambiando il proprio corpo, non ci si odierà più” – e nel corso del suo racconto ho iniziato a notare altre sovrapposizioni.
Entrambe le condizioni sono chiaramente trasmissibili. Da quando l’ossessione per la magrezza ha preso piede negli anni Sessanta, i disturbi alimentari sono aumentati vertiginosamente. Dagli anni Settanta in poi, grazie all’enorme copertura mediatica e al passaggio diretto l’una con l’altra, un numero sempre maggiore di giovani donne ha avuto l’idea di esprimere il proprio malessere affamandosi.
Dal 2010, il numero di ragazze adolescenti che si sono rivolte al Tavistock Gender Identity Development Service è aumentato del 5.000%, rendendo inaffidabile la spiegazione puramente genetica. Al giorno d’oggi, un quinto degli americani sotto i 30 anni si identifica come LGBT-qualunque cosa.
I giovani di oggi adottano l’etichetta di atipicità sessuale come le generazioni precedenti indossavano le Lacoste con il logo del coccodrillo. Sempre più spesso, l’accontentarsi del proprio sesso natale non è cool.
Sia l’autoaffamamento che il transgenderismo garantiscono l’elevazione a un’élite sociale percepita. Il suicidio pubblico al rallentatore inevitabilmente si assicura l’attenzione di genitori terrorizzati, insegnanti e medici preoccupati. Con la sua pletora di rituali di esercizio frenetico e le rigide regole interne che riguardano il cibo, l’essere anoressica può facilmente evolvere in un’identità, e l’attaccamento a questa rende ancora più difficile il recupero: un peso sano minaccia la perdita della consapevolezza di sé stessi.
Il coming out come trans aumenta notevolmente l’attenzione di compagni di scuola, insegnanti e di un’intera industria di terapisti, endocrinologi e chirurghi. In una sola sillaba, “trans” sembra offrire una risposta pronta a chi sei. Freeman ci dice che “quando un’anoressica dice: “Non voglio essere grassa, voglio essere magra”, sta dicendo: “Voglio essere diversa da come sono, e quello che sono è infelice. Voglio essere qualcun altro”. È chiaro che il passaggio al sesso opposto comporta la stessa affermazione: Voglio essere qualcun altro.
Entrambe le forme di dismorfia colpiscono in prevalenza la stessa popolazione: ragazze adolescenti suggestionabili e insicure, con un fragile senso di sé, che cercano disperatamente di evitare tutto ciò che la femminilità comporta.
Entrambe le diagnosi presentano intersezioni significative con l’autismo, l’ansia e la depressione, rendendo i pazienti suscettibili di una soluzione apparentemente tangibile a un malcontento generalizzato. Entrambe le popolazioni scambiano l’auto-annullamento per una via verso l’illuminazione e la rinascita. Entrambe le popolazioni cercano di lenire il tormento psichico rinunciando al corpo, la ragazzina trans attraverso la riconfigurazione, l’anoressica attraverso l’evaporazione. Entrambe le categorie di pazienti abbracciano le pratiche, riconoscibilmente religiose, dell’abnegazione, della redenzione attraverso la sofferenza e della purificazione attraverso il ripudio della carne.
Tuttavia, due distinzioni tra i disturbi alimentari e il transgenderismo sono evidenti: la diagnosi e il trattamento. Nelle sue ultime fasi, l’anoressia è visivamente evidente. Invece, secondo l’attuale ortodossia medica, la diagnosi di transgenderismo è puramente soggettiva. La condizione non ha sintomi fisici osservabili, né un correlativo oggettivo. Se vi dico che in realtà sono un uomo, dovete credermi sulla parola. La condizione non è quindi verificabile e la popolazione di pazienti è prospetticamente illimitata.
Per quanto riguarda il trattamento, l’anoressia è universalmente riconosciuta come una malattia. I medici considerano questa forma potenzialmente fatale di dismorfia come un disturbo psichiatrico che deve essere arrestato e risolto. Non così il transgenderismo, che viene spesso celebrato, se non beatificato, come uno stato di coscienza superiore. Le “cure per l’affermazione del genere” non curano la malattia, ma assecondano fino in fondo le illusioni del paziente. Invece che allenare un bambino a riconciliarsi con la realtà, i clinici distorcono la realtà per riconciliarla con il disturbo.
Se le adolescenti anoressiche venissero trattate come i bambini trans, non verrebbero incoraggiate a finire la cena, bensì abbandonate a sé stesse: “Hai ragione: sei grassa! Il tuo vero io è ancora più magro!”.
Mentre le “compagne di digiuno” possono anche incoraggiarle di nascosto alla competizione, quanto meno nessuno in posizione autorevole invita a pensare che, se un’anoressica già cadaverica dimagrirà appena altri 7 chili, il suo corpo sarà finalmente in sintonia con il suo profondo e innato senso del sé.
E invece (nel caso Trans n.d.r.), promettiamo implicitamente che con la transizione al sesso opposto – o simulando la transizione, dato che il sesso innato è scritto in ogni nostra cellula – tutti i problemi del giovane si risolveranno. Essere trans oggi è una scorciatoia, apparentemente facile, per sapere chi sei. Ma il prezzo corporale per comprare questa falsa promessa di trasformarsi in una farfalla è incredibilmente alto: disfunzioni sessuali, infertilità, complicazioni chirurgiche, infezioni, effetti collaterali dovuti all’assunzione di farmaci potenti a vita.
Ciò che accomuna maggiormente queste due condizioni (anoressia e transgenderismo) è che entrambe sono preoccupanti risposte alle domande che inevitabilmente torturano i giovani: chi sono, cosa mi rende unico, …, cosa significa diventare un uomo o una donna e c’è un modo per evitare di crescere?
La risposta dell’adulto responsabile a quest’ultima domanda deve essere un gentile, ma deciso, NO.
Leggi l’articolo originale su su Unherd