Scuole e “identità transgender”: in Inghilterra esce la Guida ministeriale per la gestione scolastica dei minori che si interrogano sul genere
Nel mese di dicembre 2023 il Department for Education Inglese ha emanato il primo draft della guida ministeriale redatta allo scopo di fornire consigli pratici alle scuole e agli istituti superiori su come gestire il rapporto con bambini e ragazzi che mettono in discussione il loro genere e chiedono di essere assecondati dagli insegnanti e dall’autorità scolastica.
La Guida è strutturata per tematiche ed enuncia i principi generali a cui l’ordinamento scolastico nel suo complesso deve attenersi, fornendo una serie di indicazioni procedurali di cui le scuole devono tenere conto nel loro processo decisionale di gestione dei bambini e ragazzi che si auto-percepiscono come transgender.
Di seguito se ne illustrano i singoli aspetti.
1. Premessa
Nella premessa, a firma del Segretario di Stato per l’Istruzione Gillian Keegan e del Ministro delle donne e delle pari opportunità Kemi Badenoch, la Guida delinea i contorni del fenomeno che è esploso negli ultimi anni e che ha interessato quotidianamente le scuole di ogni ordine e grado, le quali hanno dovuto agire finora senza istruzioni governative o statali, come peraltro accade ancora nella gran parte dei paesi Europei, Italia in primis.
“Negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento significativo del numero di bambini che si pongono interrogativi sul modo in cui si percepiscono ragazzo o ragazza, sugli attributi fisici del loro sesso e sui relativi modi in cui si inseriscono nella società. Ciò è stato collegato all’ideologia dell’identità di genere, la convinzione che una persona possa avere un “genere” diverso dal proprio sesso biologico. Questo quadro in evoluzione ha messo le scuole e gli istituti superiori nella condizione di dover affrontare una questione molto delicata e complessa, che non è ancora adeguatamente compresa. Ci rendiamo conto di quanto ciò sia scoraggiante per il personale scolastico e universitario e anche per i genitori e i bambini. Per questo motivo, per la prima volta, il Dipartimento dell’Istruzione, in stretta collaborazione con l’Equality Hub del governo, ha lavorato per produrre questa guida, al fine di fare chiarezza alle scuole e agli istituti e di rassicurare i genitori. Le scuole ricevono richieste di intraprendere azioni come il cambio di nome, di uniforme o l’utilizzo di strutture diverse per aiutare un bambino ad apparire più simile al sesso opposto, con l’aspettativa che egli venga trattato come se lo fosse. Spesso ciò è definito come transizione sociale[1]”.
Su tale aspetto la premessa della Guida si conclude con una precisazione importante:
“La Cass Review è chiara sul fatto che la transizione sociale non è un atto neutrale e che sono necessarie migliori informazioni sugli esiti per i bambini che intraprendono gradi di transizione sociale. Ciò significa che le scuole e gli istituti dovrebbero adottare un approccio cauto e che le decisioni non dovrebbero mai essere prese in modo affrettato o senza coinvolgere i genitori. Le scuole e gli istituti scolastici devono considerare il modo migliore per adempiere ai loro doveri di tutela nei confronti del bambino che sta facendo tale richiesta e dei suoi coetanei, assicurandosi che qualsiasi linea d’azione sia concordata nel loro interesse.
Se ci saranno alcune richieste per un tipo di transizione sociale non compatibile con i doveri legali di una scuola, la scuola dovrà attenersi a questi ultimi[2]”.
2. Informazioni sulla Guida
Il Ministero chiarisce che “la guida si applica a tutte le scuole[3]”. Pur non essendo obbligatoria, il “suo scopo è quello di fornire consigli pratici”, e sull’adesione alla Guida gli estensori hanno grandi aspettative: “ci aspettiamo che venga seguita da scuole e istituti per aiutarli a prendere decisioni in merito ai bambini che mettono in discussione il loro genere[4]”.
3. Principi generali
Questa sezione è il cuore pulsante dell’intero lavoro, poiché la Guida riepiloga i principi cardine a cui le scuole devono attenersi nello svolgimento delle loro funzioni educative, le quali devono essere seguite nel caso di istanze proposte da bambini e ragazzi che manifestano incongruenza o disforia di genere.
“Questa guida si basa su una serie di cinque principi generali che le scuole e gli istituti possono utilizzare per definire la loro risposta a tali richieste:
- Le scuole e gli istituti hanno il dovere di salvaguardare e promuovere il benessere di tutti i bambini. Devono considerare il modo migliore per adempiere a tale dovere nei confronti del bambino che fa tale richiesta e dei suoi coetanei, assicurandosi che qualsiasi linea d’azione concordata sia nell’interesse di tutti loro. Questo può coincidere o meno con i desideri del bambino. La conoscenza del sesso di un bambino è fondamentale per i doveri di tutela a carico di scuole e istituti.
- Le scuole e le università dovrebbero essere luoghi rispettosi e tolleranti, dove il bullismo non è mai tollerato. Il personale e i bambini devono trattarsi reciprocamente con comprensione e rispetto, in conformità con l’etica della scuola o del college.
- I genitori non devono essere esclusi dalle decisioni prese da una scuola o da un college in merito alla richiesta di “transizione sociale” di un bambino. Quando un bambino richiede un’azione da parte di una scuola o di un istituto in relazione a un qualsiasi grado di transizione sociale, le scuole e gli istituti dovrebbero coinvolgere i genitori in via prioritaria e incoraggiare il bambino a parlare con i propri genitori, tranne in circostanze eccezionalmente rare, in cui il coinvolgimento dei genitori costituirebbe un rischio significativo di danno per il bambino.
- Le scuole e le università hanno obblighi legali specifici che dipendono dal sesso biologico del bambino. Sebbene esista una legislazione che consente agli adulti di sottoporsi a un processo per cambiare il proprio sesso legale, il sesso legale dei bambini è sempre coincidente con il loro sesso biologico.
- Non esiste un dovere generale di permettere a un bambino di “transizionare socialmente”. Il rapporto intermedio della Cass Review è chiaro sul fatto che la transizione sociale non è un atto neutrale e che sono necessarie migliori informazioni sugli esiti per i bambini che intraprendono gradi di transizione sociale. Se una scuola o un istituto decide di accogliere una richiesta, deve adottare un approccio cauto che rispetti i doveri legali. Alcune forme di transizione sociale non sono compatibili con le responsabilità legali di scuole e istituti[5]”.
Tali principi rappresentano per il Ministero delle vere e proprie linee guida all’interno delle quali muoversi, al fine di affrontare adeguatamente in modo serio e responsabile le richieste dei ragazzi.
La Guida dispone innanzitutto che i genitori debbano essere sempre coinvolti in via prioritaria nel processo decisionale, tranne i rarissimi casi in cui ciò possa arrecare un danno significativo al minore. E’ chiaro che l’utilizzo al termine “significativo” comporta che ci si sta riferendo a situazioni molto gravi, le cui possibili conseguenze pregiudizievoli per il bambino devono essere prevedibili, plausibili e soprattutto dimostrabili dall’autorità scolastica.
Inoltre il richiamo alle raccomandazioni riportate nel rapporto intermedio denominato “Cass Review”, l’indagine indipendente commissionata dal servizio sanitario inglese per elaborare le nuove linee guida in materia di trattamento sanitario della disforia di genere, confermano come la nuova prospettiva in tema di approccio all’incongruenza di genere debba necessariamente valutare il benessere olistico del minore e non si possa limitare al mero soddisfacimento della sua richiesta, la quale, come ampiamente descritto dalla Cass Review, può essere condizionata da un disagio temporaneo che si risolve spontaneamente con la mera vigile attesa o da altri fattori concomitanti, come la presenza di eventuali comorbilità, di cui la scuola spesso non è a conoscenza.
In ragione di ciò e della necessità di adottare nei confronti dei bambini e dei giovani azioni il più possibile opportune, corrette e mai lesive, l’istituto scolastico, secondo quanto riportato nei predetti principi, è tenuto a curare l’interesse del minore tramite un approccio cauto e non interventista, salvaguardando al contempo anche il restante corpo studentesco, nel rispetto rigoroso dei doveri legali assegnati all’istituto scolastico dall’ordinamento giuridico.
4. Lingua e terminologia
Al fine di comprendere appieno i dettami impartiti dalla Guida ministeriale è opportuno tenere presente la seguente precisazione: “Ai fini della presente guida, i termini “bambino” e “bambini” si riferiscono a chiunque abbia meno di 18 anni[6]”. Nel proseguo del presente elaborato, pertanto, alla ricorrenza del termine “bambino” è importante effettuare un’assimilazione con il termine italiano “minore”, al fine di non ritenere che le raccomandazioni siano riferite solamente a fanciulli di età inferiore a 14 anni.
Risulta anche interessante osservare la definizione apportata dalla Guida con riferimento alla cosiddetta “Transizione sociale”, al fine di comprenderne appieno la vastità della portata “è un termine spesso usato per indicare un processo attraverso il quale le persone cambiano nome, pronomi, abbigliamento o utilizzano strutture diverse da quelle previste per il loro sesso biologico. Non tutte le persone che affrontano questo processo lo fanno allo stesso modo. Non tutte le richieste presentate alle scuole o agli istituti superiori saranno conformi ai doveri legali di tutela dei minori. La transizione sociale non è un atto neutro, poiché è stato riconosciuto che può avere effetti formativi sullo sviluppo futuro di un bambino[7]”.
Ne consegue che anche atti apparentemente innocui come l’utilizzo di un pronome riconducibile al sesso diverso da quello biologico o come l’utilizzo di abbigliamento del sesso opposto debbano essere intesi come atti non neutri a potenziale impatto invasivo sullo sviluppo del minore.
5. Rispondere alle richieste e coinvolgere i genitori
In tale sezione la Guida individua e delinea nitidamente i comportamenti che le scuole devono adottare a seguito delle richieste operate dai ragazzi con riferimento all’identità di genere.
“I bambini che si interrogano sul proprio sesso possono fare richieste diverse. Le scuole e gli istituti non devono avviare in modo proattivo un’azione per la transizione sociale di un bambino. L’azione dovrebbe essere presa in considerazione solo dopo che il bambino ne ha fatto esplicita richiesta e sono state seguite le fasi descritte di seguito, compreso il coinvolgimento dei genitori. Può capitare che i bambini rivelino per primi agli insegnanti di essere in dubbio sul loro genere. Se non è stato richiesto alcun cambiamento, gli insegnanti possono ascoltare con rispetto i sentimenti del bambino senza allertare automaticamente i genitori, ma, per motivi di tutela, non possono promettere la riservatezza. Se una scuola o un’università desidera accogliere gradi di transizione sociale, si consiglia di fare quanto segue:
- Consentire la vigile attesa: attendere un certo periodo di tempo prima di prendere in considerazione una richiesta, per garantire che si tratti di una decisione sostenuta e adeguatamente ponderata. Questo periodo di “attesa vigile” può contribuire a evitare che vengano intraprese azioni non necessarie.
- Informare i genitori: se un bambino richiede un cambiamento, le scuole e gli istituti devono informare i genitori della situazione e possono indirizzarli verso un supporto esterno all’ambiente scolastico (ad esempio, un supporto pastorale o medico) se richiedono maggiori informazioni. L’unica eccezione è rappresentata da situazioni molto rare in cui informare i genitori potrebbe comportare un rischio significativo di danno per il bambino[8]”.
Come si può notare, il primo intervento consigliato alla scuola è la vigile attesa, suggerita da tutte le moderne indicazioni di trattamento della disforia di genere. Ciò al fine di verificare se la richiesta del ragazzo sia frutto di sensazioni estemporanee e mutevoli o viceversa se si tratti di un percorso ragionato, consolidato e permanente che richiede non solo tempo, ma anche un’accurata esplorazione. Qualora le richieste dei minori siano riconducibili a tale ultima situazione, la scuola ha la facoltà di prenderle in considerazione e l’immediato dovere di informare la famiglia del minore. E’ interessante notare come l’unica eccezione prevista a tale schema riguardi il potenziale “rischio significativo di danno per il bambino”, a nulla rilevando altre situazioni, come ad esempio la tenuità della richiesta oppure il dato anagrafico del minore prossimo alla maggiore età.
Dopo aver puntellato tale richiamo, la Guida continua con le proprie raccomandazioni, rammentando l’importanza per la scuola di rispettare sempre e costantemente i propri doveri legali.
“Se, dopo un periodo di attesa vigile, il bambino desidera ancora che la sua richiesta venga accolta, si consiglia alle scuole e agli istituti, coinvolgendo il responsabile designato per la salvaguardia, di prendere in considerazione i seguenti punti:
- Gli obblighi di tutela della scuola o dell’università: i doveri legali variano a seconda della richiesta. Questi sono delineati nella guida che segue. Quando le linee guida consigliano alle scuole o agli istituti scolastici di adottare un certo approccio o di stabilire regole chiare in un determinato ambito, questo dovrebbe essere applicato nella stragrande maggioranza dei casi e costituire il punto di partenza per il processo decisionale. Tuttavia, in alcune aree, la scuola o l’istituto devono essere pronti a discostarsi dall’approccio previsto o da tali regole nel caso eccezionale in cui sia necessario farlo per salvaguardare e promuovere il benessere di un bambino. Nel fare ciò, devono tenere presente che la salvaguardia richiede che un individuo consideri ciò che è nel miglior interesse del bambino, che potrebbe non coincidere con i desideri del bambino. La guida indica i casi in cui le scuole o i collegi non hanno bisogno di prendere in considerazione un’eccezione.
- Il parere dei genitori: è importante che il parere dei genitori del bambino abbia un grande peso e sia adeguatamente considerato. Ci aspettiamo che nella maggior parte dei casi venga richiesto il consenso dei genitori.
- L’età del bambino: l’età è un fattore importante quando si prende una decisione di questo tipo. Le richieste dei bambini più piccoli delle scuole elementari devono essere trattate con maggiore cautela. Sono più vulnerabili in quanto meno capaci di articolare i propri sentimenti e avranno una comprensione meno matura di questioni complesse.
- Qualsiasi informazione clinica rilevante disponibile: sebbene né i bambini né i loro genitori siano obbligati a condividere i pareri medici con le scuole e gli istituti scolastici, se tali pareri sono disponibili, le scuole e gli istituti scolastici devono tenerne conto nel loro processo decisionale.
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La gravità e il contesto della richiesta: le scuole e gli istituti devono considerare se il bambino ha fatto richieste simili in precedenza e se ha considerato adeguatamente l’impatto delle sue richieste. Per verificare se si tratta di una richiesta prolungata, le scuole e gli istituti dovrebbero cercare di capire quali sono i fattori sociali o di altro tipo che possono aver influenzato il bambino, ad esempio:
- Il bambino è stato influenzato dai coetanei o dai social media?
- Il bambino si sente spinto a identificarsi in modo diverso perché semplicemente non si allinea agli stereotipi associati al suo sesso? Questo aspetto è rilevante perché alcuni ritengono che l’identità di genere rafforzi gli stereotipi su uomini e donne.
- Se sia opportuno che le scuole e i college chiedano il contributo del SENCO o del responsabile SEND del college.
- Esiste un’interazione con l’orientamento sessuale del bambino? Le scuole e gli istituti dovrebbero notare che la Cass Review “ha ascoltato giovani lesbiche che si sono sentite spinte a identificarsi come maschi transgender, e viceversa maschi transgender che si sono sentiti spinti a dichiararsi lesbiche piuttosto che transgender”. Quando un bambino rivela che sta mettendo in discussione o esplorando il proprio orientamento sessuale, le scuole devono chiarire che non subiscono pressioni per raggiungere un risultato particolare.
- L’impatto a lungo e a breve termine sul bambino: Non abbiamo ancora prove definitive sull’impatto a lungo e a breve termine dei cambiamenti sui bambini, ma il rapporto intermedio della Cass Review è chiaro sul fatto che potrebbero avere effetti psicologici significativi su un giovane. Le scuole e gli istituti dovrebbero quindi adottare un approccio cauto.
- L’impatto sugli altri alunni: Le scuole e i collegi devono considerare l’impatto sugli altri alunni, compresi eventuali problemi di salvaguardia. Una volta che le scuole e i collegi hanno valutato tutti i fattori di cui sopra, compreso l’impatto sul bambino, possono concludere che l’impatto sulla scuola e sulla comunità universitaria è tale che non è possibile accettare di sostenere una richiesta.
Seguire il processo decisionale garantirà che tutti i membri del personale sostengano il bambino in modo coerente. I membri del personale non devono adottare unilateralmente alcun cambiamento, compreso l’uso di un nuovo nome o di nuovi pronomi, a meno che o fino a quando questo non sia stato approvato dalla scuola o dall’istituto in conformità con le procedure appropriate e, nella maggior parte dei casi, con il consenso dei genitori, come indicato in questa guida. Se e dove è stato concordato un cambiamento, la scuola o l’istituto deve comunicarlo agli altri alunni e al personale, se è necessario e proporzionato farlo. Ciò deve essere fatto con sensibilità, senza implicare che le opinioni contestate sull’identità di genere siano un dato di fatto. Altri alunni, genitori e insegnanti possono avere convinzioni religiose o di altro tipo in conflitto con la decisione presa dalla scuola o dall’istituto, si tratta di opinioni legittime che devono essere rispettate[9]”.
Precisando che con gli acronimi SENCO e SEND si intendono rispettivamente delle figure specialistiche all’interno dell’ordinamento scolastico, come lo Special educational needs coordinator e lo Special Educational Needs or Disability, si osserva come la Guida conceda pari dignità tanto alla richiesta del minore quanto alle opinioni di chi legittimamente non ritiene di aderirvi. Si rileva anche come alla scuola non venga riservato un mero compito di accettazione delle richieste auto-affermative e identitarie dei ragazzi, bensì come il ruolo richiesto sia da intendersi come proattivo a ricercare le cause profonde che hanno determinato tali istanze, fino a spingersi alla verifica e valutazione dei condizionamenti esogeni provenienti dai social e dai pari. Il lavoro di analisi e di approfondimento, infine, deve arrivare a valutare anche le ripercussioni della richiesta auto-affermativa sugli altri alunni, soprattutto in termini di fruibilità degli spazi comuni e degli ambienti riservati agli appartenenti ad un determinato sesso.
6. Gestione di informazioni e richieste diverse
In tale sezione la Guida analizza nello specifico i singoli aspetti connessi alle richieste di auto-determinazione identitaria, esaminando alcune conseguenze pratiche che in alcuni ambiti possono creare difficoltà attuative che possono generare problematiche di complessa soluzione.
6.1 Registrazione del nome e del sesso
Sugli adempimenti formali stabiliti dall’ordinamento legale in capo alla scuola, nessuna iniziativa contraria è ammessa a cura dell’istituto scolastico.
“Le scuole e gli istituti devono registrare accuratamente il sesso di un bambino, ovunque esso venga registrato. Tutti coloro che trattano i dati personali di altre persone devono attenersi a regole rigorose stabilite dal Regolamento generale sulla protezione dei dati del Regno Unito (GDPR) e dal Data Protection Act 2018 (DPA). Uno dei principi della protezione dei dati è l’accuratezza. Non è accurato registrare un bambino maschio come femmina o una bambina femmina come maschio, o registrare un bambino maschio come ragazza o una bambina femmina come ragazzo[10]”.
6.2 Cambio del nome
Per l’eventuale cambio di nome negli ambiti diversi dalla registrazione formale, la Guida ammette solamente la possibilità di adottare una eventuale integrazione documentale, tramite l’aggiunta della locuzione “conosciuto come”, peraltro da poter effettuare solo al termine del cauto percorso di accertamento precedentemente delineato.
“Le scuole devono registrare il nome legale del bambino nel registro delle ammissioni. Possono consentire agli alunni di cambiare il loro nome informale (“conosciuto come”) se ritengono che sia nell’interesse del bambino. Dopo aver consultato i genitori del bambino, le scuole e i college possono consentire a un bambino di cambiare il nome con cui è conosciuto. Non è raro che le persone siano conosciute con nomi diversi da quelli riportati sul certificato di nascita. Tuttavia, prima di prendere una decisione, la scuola o l’istituto devono tenere in debita considerazione tutti i fattori pertinenti descritti sopra. Se il cambio di nome informale viene accettato, il nuovo nome deve essere comunicato alla comunità scolastica o universitaria[11]”.
6.3 Pronomi
La Guida ricorda che l’utilizzo di pronomi diversi da quelli corrispondenti al sesso biologico del minore è una decisone delicatissima per una serie di aspetti che sono meritevoli di profonda riflessione.
“Accettare la richiesta di un bambino di usare pronomi diversi nei suoi confronti è una decisione importante. I bambini della scuola primaria non dovrebbero avere pronomi diversi da quelli basati sul loro sesso. Per i bambini più grandi, le scuole non sono tenute a specificare i pronomi da usare per ogni alunno e possono rifiutare la richiesta di cambiare i pronomi di un bambino. Quando la scuola o l’istituto prendono in considerazione la richiesta di un bambino, devono consultare i genitori del bambino e considerare tutti i fattori rilevanti sopra descritti. Dopo aver considerato questi fattori e aver esaminato tutte le prove, le scuole e gli istituti dovrebbero accettare un cambiamento di pronomi solo se sono convinti che il beneficio per il singolo bambino sia superiore all’impatto sulla comunità scolastica. Si prevede che saranno pochissime le occasioni in cui una scuola o un collegio potranno acconsentire a un cambio di pronomi. In queste rare occasioni, nessun insegnante o alunno deve essere obbligato a usare questi pronomi preferiti e ciò non deve impedire agli insegnanti di riferirsi ai bambini collettivamente come “ragazze” o “ragazzi”, anche in presenza di un bambino a cui è stato permesso di cambiare i propri pronomi. Anche nel caso eccezionale in cui la salvaguardia richieda a una scuola o a un istituto di adottare un approccio alternativo, le scuole e gli istituti dovrebbero esaurire tutte le altre opzioni, come l’uso dei nomi, per evitare di richiedere ad altri individui di usare i pronomi preferiti. In questi casi eccezionali, le scuole o gli istituti devono assicurarsi che tutto il personale interessato sia a conoscenza del sesso biologico di un bambino con domande di genere, per adempiere ai propri doveri di tutela e legali. In ogni caso, il bullismo nei confronti di qualsiasi bambino non deve essere tollerato. Nessun bambino deve essere sanzionato per errori onesti nell’adattarsi a un nuovo modo di interagire con un altro alunno[12]”.
Sulla richiesta di utilizzare pronomi del sesso opposto, che in alcuni paesi, come ad esempio l’Italia, viene percepita come un mero diritto insindacabile a cui dover obbligatoriamente adempiere, il Ministero inglese ritiene corretto adottare un approccio diametralmente opposto, prevedendo “che saranno pochissime le occasioni in cui una scuola o un collegio potranno acconsentire a un cambio di pronomi”. I casi in cui ciò potrà accadere sono ritenuti pertanto “eccezionali” e anche al ricorrere di tali situazioni sarà necessario esperire preliminarmente tutte le opzioni alternative a tale soluzione, come può essere l’utilizzo del nome di battesimo. E’ chiaro che in tale delicato contesto nessuno spazio può essere consentito ad atti di bullismo diretto o indiretto verso il giovane che si definisce transgender, né a profili sanzionatori verso coloro che in buona fede appellano il coetaneo in modo erroneo.
6.4 Spazi monosessuali
Sulla questione degli spazi riservati a persone dello stesso sesso, come le docce, i bagni o gli spogliatoi, la Guida non ammette deroghe diverse dall’individuazione di una soluzione alternativa che impedisca la promiscuità.
“Le scuole devono sempre proteggere gli spazi monosessuali per quanto riguarda i servizi igienici, le docce e gli spogliatoi, come indicato di seguito. La risposta a una richiesta di sostegno a qualsiasi grado di transizione sociale non deve includere la possibilità di accedere a questi spazi. Di norma, tutti i bambini devono utilizzare i servizi igienici, le docce e gli spogliatoi designati per il loro sesso biologico, a meno che ciò non causi loro disagio. In questi casi, le scuole e gli istituti devono cercare di trovare soluzioni alternative, pur continuando a garantire spazi monosessuali[13]”.
6.4.1 Servizi igienici
Per i bagni l’unica soluzione ammessa è quella dell’individuazione di una soluzione separata a cui il minore possa accedere disgiuntamente dagli altri.
“I ragazzi non devono essere autorizzati a entrare nei bagni delle ragazze (e viceversa) per proteggere tutti i bambini, in particolare le ragazze. Se un bambino non vuole usare la toilette designata per il suo sesso biologico, e la scuola o l’istituto hanno considerato tutti i fattori rilevanti sopra descritti, possono considerare se possono fornire o offrire l’uso di una toilette alternativa. Questa dovrebbe poter essere chiusa dall’interno e utilizzabile da un solo bambino alla volta, anche per lavarsi le mani. Queste soluzioni alternative non devono compromettere la sicurezza, il comfort, la privacy o la dignità del bambino o degli altri alunni[14]”.
6.4.2 Spogliatoi e docce
Per gli spogliatoi e le docce il divieto di promiscuità è assoluto per i bambini di età maggiore agli 11 anni, fatta salva la possibilità di individuare una soluzione con accessi distinti e separati, che garantisca comunque la protezione degli ambienti monosessuali.
“Le scuole non devono permettere a un bambino di 11 anni o più di cambiarsi o lavarsi davanti a un bambino di sesso opposto, né devono permettere che un altro bambino di sesso opposto si cambi o lavi davanti a lui/lei. Se un bambino non vuole usare gli spogliatoi e le docce designati per il suo sesso biologico, e la scuola ha considerato tutti i fattori rilevanti descritti, il bambino deve essere messo in grado di poter utilizzare delle docce. In questo caso, si può valutare la possibilità di fornire o offrire l’uso di una struttura alternativa per cambiarsi o lavarsi, pur continuando a garantire che gli spazi siano monosessuali. Potrebbe trattarsi di una struttura destinata all’uso da parte di un solo bambino alla volta, che deve poter essere chiusa dall’interno. Questa struttura alternativa non sarebbe adatta se vi si accedesse attraverso uno spogliatoio utilizzato dall’altro sesso. Le scuole e gli istituti potrebbero prendere in considerazione la possibilità di accedere alle strutture in un orario alternativo[15]”.
6.4.3 Pensione e alloggio residenziale
Analoga soluzione viene suggerita per i dormitori e gli alloggi, in forza del principio di salvaguardia della privacy, della dignità e della sicurezza di ogni bambino, il quale può trovare piena affermazione esclusivamente all’interno di ambienti protetti e separati.
“A nessun bambino dovrebbe essere permesso di condividere la stanza con un bambino del sesso opposto. Se un bambino che si interroga sul proprio sesso non desidera condividere la stanza con un altro bambino dello stesso sesso, ove possibile, e solo dopo che la scuola ha preso in considerazione i fattori rilevanti sopra descritti, si devono cercare soluzioni alternative. Queste soluzioni alternative non devono compromettere la sicurezza, il comfort, la privacy o la dignità del bambino o degli altri alunni, ad esempio trovando una stanza separata adatta per l’alunno[16]”.
6.5 Uniformi
Per l’utilizzo delle uniformi, la Guida rinnova l’invito a coinvolgere i genitori del minore nella decisione, pur ponendo severi limiti alla discrezionalità scolastica.
“Le scuole stabiliscono le proprie regole sull’uniforme e devono farle rispettare in modo equo e corretto. Le scuole possono avere requisiti diversi per l’uniforme di ragazze e ragazzi. Alcune specificano quali sono gli articoli dell’uniforme per le ragazze e quali per i ragazzi, e allo stesso modo alcune scuole hanno regole di acconciatura che differiscono per sesso. In generale, un bambino che è in dubbio sul genere dovrebbe essere tenuto a rispettare gli stessi standard di uniforme degli altri bambini del suo sesso nella sua scuola e le scuole possono stabilire regole chiare in tal senso. Molte scuole hanno un’uniforme unisex che può essere indossata da entrambi i sessi o offrono una notevole flessibilità, per cui la possibilità di cambiare l’uniforme di un bambino può essere accolta con relativa facilità. Le scuole che stanno valutando una richiesta di questo tipo dovrebbero fare riferimento alla guida sulle uniformi del Dipartimento dell’Istruzione. Nei casi in cui la flessibilità non esiste, le scuole e i college possono valutare come accogliere il bambino, ma non sono tenuti a sviluppare nuove politiche in materia di uniformi. Le decisioni sull’uniforme devono essere prese solo dopo un’adeguata consultazione con i genitori del bambino,dopo aver preso in considerazione i fattori rilevanti indicati sopra. Nel prendere una decisione, le scuole devono considerare se questa si applica a tutti gli elementi dell’uniforme. Ad esempio, le scuole possono concordare modifiche o eccezioni all’uniforme scolastica standard per la maggior parte dei capi, ma non per i costumi da bagno. Le scuole dovranno inoltre assicurarsi che tutto il personale interessato sia a conoscenza di qualsiasi variazione dei requisiti dell’uniforme concordati per un alunno, in modo che siano applicati in modo coerente e che i cambiamenti siano comunicati agli altri, se necessario, in modo rispettoso. Un bambino che desidera modificare la propria uniforme potrebbe semplicemente non volersi conformare alle aspettative legate al proprio sesso. Non si deve dare per scontato che un bambino di questo tipo si stia avviando verso una transizione[17]”.
6.6 Educazione fisica e sport
Per quanto riguarda le attività sportive, la Guida dispone che non è ammessa eccezione alcuna, sia per questioni di sicurezza che di regolarità delle competizioni sportive.
“Le scuole e le università devono offrire pari opportunità sportive a ragazze e ragazzi… In generale, per i bambini della prima età primaria, si può adottare un approccio più rilassato alla partecipazione di sesso misto agli sport. Con l’avanzare dell’età, le dimensioni, la velocità e la forza dei bambini e delle bambine iniziano a divergere in modo significativo. È improbabile che le scuole e gli istituti che non prevedono sport separati per le bambine offrano loro le stesse opportunità dei maschi e, per alcuni sport, le bambine corrono un rischio eccessivo di infortunio se devono giocare in squadre miste. Per tutti gli sport in cui le differenze fisiche tra i sessi minacciano la sicurezza dei bambini, le scuole e gli istituti dovrebbero adottare regole chiare che impongano la partecipazione separata dei due sessi. Non ci possono essere eccezioni. I ragazzi costituiscono un rischio maggiore per le ragazze perché sono generalmente più forti, più grandi e più pesanti delle ragazze, soprattutto quando stanno attraversando o hanno attraversato la pubertà. Non sarebbe sicuro per un ragazzo biologico partecipare a certi sport come parte di una squadra di ragazze adolescenti. Quando gli sport sono deliberatamente misti, come il netball misto, non dovrebbero esserci motivi di preoccupazione. Anche per gli sport in cui la partecipazione mista non mette a rischio la sicurezza, le scuole e i college devono garantire che gli sport siano equi. Per quanto riguarda gli sport agonistici, le scuole e gli istituti devono essere consapevoli del fatto che, senza una partecipazione separata per sesso, è improbabile che offrano pari opportunità ai ragazzi e alle ragazze. Per lo sport non agonistico, le scuole e gli istituti devono continuare a dare priorità alla sicurezza[18]”.
6.7 Scuole monosessuali
Per le scuole monosessuali la questione dell’accettazione di minori transgender è molto sfumata, in quanto l’ammissione di un membro del sesso opposto per esigenze eccezionali o per partecipare a corsi non reperibili altrove è consentita dalla normativa senza per questo far perdere alla scuola il carattere di frequenza scolastica monosessuale. I requisiti di ammissione vanno pertanto valutati a prescindere dal percorso di transizione in atto da parte di un singolo minore.
“Una scuola monosessuale è una scuola che ammette o, ai fini dell’Equality Act, può essere considerata tale, bambini di un solo sesso. Le scuole monosessuali possono rifiutare di ammettere alunni dell’altro sesso biologico, indipendentemente dal fatto che il bambino metta in discussione il proprio genere[19]”.
7. Allegato: Considerazioni legali
Nell precisazione finale la Guida ammette che esistono ancora aree non affrontate che richiedono soluzioni complesse, le quali potranno essere meglio comprese dopo le pronunce della magistratura.
“Questa guida copre aree che non sono ancora state esaminate dai tribunali. Sebbene non sia possibile affermare una posizione giuridica definitiva su tutte le aree, la guida cerca di fornire consigli chiari alle scuole e ai collegi per aiutarli a prendere decisioni. Nel fare ciò, identifica i fattori che le scuole e i collegi dovrebbero prendere in considerazione quando decidono”.
Si osserva come il richiamo al precedente giudiziale non solo aderisce linearmente ai dettami del Common Law anglosassone, un modello di ordinamento giuridico basato più sui precedenti giurisprudenziali che sui codici e gli atti normativi, ma tende ad operare anche un’azione di salvaguardia a tutela delle scuole, le quali sempre più spesso, con i loro comportamenti difformi su tale delicatissima materia, rischiano di esporre costantemente il proprio personale ad azioni di responsabilità e risarcimento danni.
Conclusioni
Da quanto sopra esposto emerge chiaramente come il quadro predisposto dal Ministero inglese vada in direzione diametralmente opposta a quanto attualmente accade nelle scuole italiane su una serie di aspetti.
Il primo è che l’istituzione governativa inglese sta tentando di elaborare un quadro organico su tale materia, in modo da orientare uniformemente i comportamenti dei vari istituti scolastici, al fine di proteggere non solamente il minore auto-dichiaratosi transgender, ma anche tutti gli operatori scolastici che invece altrove, come nel territorio italiano, sono completamente abbandonati dall’ordinamento nella gestione di tale crescente e delicato fenomeno.
Il secondo riguarda il fatto che le istruzioni ministeriali fondano le proprie raccomandazioni sulla base del rapporto intermedio denominato Cass Review, il quale, dal punto di vista sanitario, ha messo pesantemente in discussione il precedente approccio affermativo, basato sul protocollo olandese. Tale documento ha rilevato tutte le carenze metodologiche, cliniche e informative, che caratterizzano tale approccio, e ha evidenziato la preoccupante esistenza di gravi rischi per la salute del minore, in misura molto superiore ai presunti benefici. Si tratta in buona sostanza non solo di un affinamento della prospettiva su come approcciarsi a tale fenomeno, ma anche dell’elaborazione articolata e omogenea di una differente visione rispetto al percorso fin qui intrapreso. Si sta cioè procedendo, in coerenza con quanto sta accadendo nei Paesi Nord-europei, all’abbandono della obsoleta concezione affermativa che consiste nella piena e acritica legittimazione della richiesta minorile, in qualsiasi ambito, compreso quello scolastico, per volgere verso un processo di cauta esplorazione e serio approfondimento che vede coinvolta tutta la rete di protezione che deve assistere il giovane nel suo percorso di crescita.
Proprio con riferimento al concetto di “rete” a tutela del minore, assume rilievo il terzo aspetto, che sottolinea l’importanza fondamentale di assumere decisioni condivise per ciò che riguarda il minore, operando in piena sintonia con la famiglia. E’ inoltre opportuno che la decisione sia condivisa anche con l’equipe medica che eventualmente segue il ragazzo, anche per ciò che riguarda gli aspetti finora ritenuti secondari e non invasivi della transizione sociale.
Infine si evidenzia come la Guida ponga particolare attenzione sia al minore auto-dichiaratosi che alla salvaguardia e sicurezza della restante platea studentesca, confermando come all’interno dell’ambito scolastico possano ottenere cittadinanza anche opinioni diverse dalla mera affermazione, pur nell’ovvio rispetto delle scelte individuali del minore. A tal fine la Guida ribadisce non solo la necessità di salvaguardare gli spazi monosessuali, ma invita le scuole ad attivare una vera e propria esplorazione volta a indagare le cause della richiesta del minore, anche al fine di evitare che il contagio dei social o dei pari all’interno della scuola possa ingenerare nei bambini più fragili convinzioni erronee rispetto al proprio genere.
In buona sostanza la cornice di riferimento predisposta dal Ministero inglese, seppur ancora incompleta e perfettibile, certamente rappresenta un primo passo verso la creazione di un quadro tutelare in cui il giovane possa serenamente esternare i propri sentimenti interiori senza il timore di essere giudicato, nella consapevolezza che scuola, genitori e autorità sanitarie collaboreranno congiuntamente per garantire al suo sentire un percorso idoneo e non affrettato. All’interno di tale cauto e vigilato viatico egli potrà prendersi il tempo necessario per comprendere bene sé stesso e per essere correttamente informato sulle alternative adeguate e sicure che l’ordinamento può garantirgli, anche dal punto di vista scolastico e sanitario, senza rischiare di essere avviato verso un’affrettata medicalizzazione a vita, di cui solo oggi si iniziano a conoscere tutte le gravi controindicazioni.
[1] “In recent years, we have seen a significant increase in the number of children questioning the way they feel about being a boy or a girl, including their physical attributes of sex and the related ways in which they fit into society. This has been linked to gender identity ideology, the belief that a person can have a ‘gender’ that is different to their biological sex. This changing picture has left schools and colleges in a position where they are having to navigate a highly sensitive, complex issue, which is still not properly understood. We appreciate how daunting this is for school and college staff and for parents and children too. That is why, for the first time, the Department for Education, working closely with the Government’s Equality Hub, has worked to produce this guidance to provide clarity for schools and colleges, and reassurance for parents. Schools are facing requests to take actions such as changing names, uniforms, or using different facilities to help a child appear more like the opposite sex, with the expectation that they will be treated as if they are. This is often referred to as social transitioning” (pagina 3, sezione “Foreword”).
[2] “The Cass Review is clear that social transition is not a neutral act, and that better information is needed about the outcomes for children who undertake degrees of social transition. This means that schools and colleges should take a cautious approach and that decisions should never be taken in haste or without the involvement of parents. Schools and colleges should consider how best to fulfil their safeguarding duties towards the child who is making such a request and their peers, ensuring that any agreed course of action is in all of their best interests.There will be some requests for a type of social transition that will not be compatible with a schools legal duties, schools must abide by this” (pagina 3, sezione “Foreword”).
[3] “This guidance applies to all schools, and is therefore aimed at:
- governing bodies of maintained schools (including schools with a sixth form) and non-maintained special schools;
- trustees or directors of academies and free schools;
- proprietors of independent schools (including academies and free schools);
- management committees of pupil referral units (PRUs);
- teachers, other school staff and school nurses;
- headteachers, principals, designated safeguarding leads or SENCOs, and senior leadership teams;
- dioceses and other faith representatives involved in the management and supervision of schools; and
- for reference, relevant local authority staff.
This guidance also applies to institutions within the ‘further education sector’ defined by the Further and Higher Education Act 1992, comprising:
- further education colleges;
- sixth-form colleges;
- institutions designated as being within the further education sector by that Act.
These bodies are referred to as ‘colleges’ in this guidance” (pagina 5, sezione “Who is this guidance for?”).
[4] “This is non-statutory guidance from the Department for Education. Its focus is to provide practical advice, which we expect schools and colleges to follow to help them make decisions regarding children who are questioning their gender” (pagina 5, sezione “About this guidance”).
[5] “This guidance is based on a set of five general principles that schools and colleges can use to frame their response to such requests.
- Schools and colleges have statutory duties to safeguard and promote the welfare of all children. They should consider how best to fulfil that duty towards the child who is making such a request and their peers, ensuring that any agreed course of action is in all of their best interests. This may or may not be the same as a child’s wishes. Knowing a child’s sex is critical to schools’ and colleges’ safeguarding duties.
- Schools and colleges should be respectful and tolerant places where bullying is never tolerated. Staff and children should treat each other with compassion and consideration, in accordance with the ethos of the school or college.
- Parents should not be excluded from decisions taken by a school or college relating to requests for a child to ‘socially transition.’ Where a child requests action from a school or college in relation to any degree of social transition, schools and colleges should engage parents as a matter of priority, and encourage the child to speak to their parents, other than in the exceptionally rare circumstances where involving parents would constitute a significant risk of harm to the child.
- Schools and colleges have specific legal duties that are framed by a child’s biological sex. While legislation exists that allows adults to go through a process to change their legal sex, children’s legal sex is always the same as their biological sex.
- There is no general duty to allow a child to ‘social transition.’ The Cass Review’s interim report is clear that social transition is not a neutral act, and that better information is needed about the outcomes for children who undertake degrees of social transition. If a school or college decides to accommodate a request, a cautious approach should be taken that complies with legal duties. Some forms of social transition will not be compatible with schools’ and colleges’ statutory responsibilities” (pagina 6, sezione “Overarching principles”).
[6] “For the purposes of this guidance, the terms child and children refer to anyone under the age of 18” (pagina 7, sezione “Language and Terminology”).
[7] “Social transition: is a term often used to refer to a process by which people change their name, pronouns, clothing, or use different facilities from those provided for their biological sex. Not all people who go through this process will do so in the same way. Not all requests made to schools or colleges will comply with legal duties to safeguard children. Social transitioning is not a neutral act, as it has been recognised that it can have formative effects on a child’s future development” (pagina 7, sezione “Language and Terminology”).
[8] “Children questioning their gender may make different requests. Schools and colleges should not proactively initiate action towards a child’s social transition. Action should only be considered after it has been explicitly requested by the child, and the steps set out below have been followed, including engaging with parents. There could be instances where children disclose first to their teachers that they may be questioning their gender. If there is no change being requested, teachers can listen respectfully about a child’s feelings without automatically alerting parents, but, for safeguarding reasons, cannot promise confidentiality. If a school or college wishes to accommodate degrees of social transition, they are advised to do the following:
- Allow for watchful waiting: Wait for a period of time before considering a request, to ensure it is a sustained and properly thought through decision. This period of ‘watchful waiting’ may help to ensure unnecessary action is not undertaken.
- Make parents aware: If a child requests a change, schools and colleges should make parents aware of the situation and can point them to support outside the school environment (for example, pastoral or medical support) if they request more information. The only exception to this is the very rare situation where informing parents might raise a significant risk of harm to the child” (pagina 9, sezione “Responding to Requests and Engaging Parents”).
[9] “If, after a period of watchful waiting, the child would still like their request to be granted, schools and colleges, involving their designated safeguarding lead, are advised to take into account the following points:
- The school or college’s safeguarding obligations: Legal duties will differ depending on the request. These are outlined in the guidance below. Where the guidance advises that schools or colleges should adopt a certain approach, or are able to set clear rules in a particular area, this should apply in the overwhelming majority of cases and be the starting point for decision making. However, in some areas, the school or college must be prepared to depart from the expected approach or from those rules in the exceptional case where it is necessary to do so to safeguard and promote the welfare of a child. In doing so, they should note that safeguarding requires an individual to consider what is in the best interests of the child, which may not be the same as the child’s wishes. The guidance states where schools or colleges do not need to consider an exception.
- The view of parents: It is important that the views of the child’s parents should carry great weight and be properly considered. We would expect parental consent to be required in the vast majority of cases.
- The age of the child: Age is a factor whenever making a decision of this nature. Requests from younger children in primary schools should be treated with greater caution. They are more vulnerable as they are less able to articulate their feelings and will have a less mature understanding of complicated issues.
- Any relevant clinical information that is available: While neither children or their parents are obligated to share medical advice with schools and colleges, where such advice is available, schools and colleges should factor it into their decision making.
- The seriousness and context of the request: Schools and colleges should take into consideration whether the child has made similar requests previously, and whether the child has properly considered the impact of their requests. As part of testing whether this is a sustained request, schools and colleges should seek to understand societal or other factors that may have in-fluenced the child, for example:
- Has the child been influenced by peers or social media?
- Does the child feel pressured to identify differently because they simply do not align with stereotypes associated with their sex? This is relevant as some people think gender identity reinforces stereotypes about men and women.
- Whether it may be appropriate for schools and colleges to seek input from the SENCO or college’s SEND lead.
- Is there an interaction with a child’s sexual orientation? Schools and colleges should note that the Cass Review ‘heard from young lesbians who felt pressured to identify as transgender male, and conversely transgender males who felt pressured to come out as lesbian rather than transgender’. Where a child discloses that they are also questioning or exploring their sexual orientation, schools should make clear that they are under no pressure to reach a particular outcome.
- The long- and short-term impact on the child: We do not yet have definitive evidence on the long- and short-term impact of changes on children, but the Cass Review’s interim report is clear that it could have significant psychological effects on a young person. Schools and colleges should therefore take a cautious approach.
- The impact on other pupils: Schools and colleges should consider the impact on other pupils, including any safeguarding concerns. Once schools and colleges have balanced all the factors above, including the impact on the child, they may conclude that the impact on the school and college community is such that it may not be possible to agree to support a request” (pagine da 9 a 11, sezione “Responding to Requests and Engaging Parents”).
[10] “Schools and colleges must record a child’s sex accurately wherever it is recorded. All those who process others’ personal data have to follow strict rules set by the UK General Data Protection Regulation (UK GDPR) and the Data Protection Act 2018 (DPA). One of the principles of data protection is accuracy. It is not accurate to record a male child as female or a female child as male, or to record a male child as a girl or a female child as a boy” (pagina 12, sezione “Registration of Name and Sex”).
[11] “Schools must record a child’s legal name in the admissions register. They may allow pupils to change their informal (‘known as’) name if they believe it is in the best interests of the child to do so. Having fully consulted with the child’s parents, schools and colleges can allow a child to change the name by which they are known. It is not uncommon for people to be known by names other than those on their birth certificate. However, due consideration still needs to be given by the school or college to all the relevant factors described above before making a decision. Where the informal name change is agreed, the new name should be communicated to the school or college community” (pagina 12, sezione “Changing Names”).
[12] “Agreeing to a child’s request to have others use different pronouns about them is a significant decision. Primary school aged children should not have different pronouns to their sex-based pronouns used about them. For older children, schools do not need to specify pronouns to be used about each pupil and can decline a request to change a child’s pronouns. Where a school or college considers a child’s request, they should consult the child’s parents and consider all the relevant factors as outlined above. Having considered these factors and examined all the evidence, schools and colleges should only agree to a change of pronouns if they are confident that the benefit to the individual child outweighs the impact on the school community. It is expected that there will be very few occasions in which a school or college will be able to agree to a change of pronouns. On these rare occasions, no teacher or pupil should be compelled to use these preferred pronouns and it should not prevent teachers from referring to children collectively as ‘girls’ or ‘boys,’ even in the presence of a child that has been allowed to change their pronouns. Even in the exceptional case where safeguarding requires a school or college to take an alternative approach, schools and colleges should exhaust all other options, such as using first names, to avoid requiring other individuals having to use preferred pronouns. In these exceptional cases, schools or colleges should make sure that all relevant staff are aware of a gender questioning child’s biological sex, to fulfil their safeguarding and legal duties. In all cases, bullying of any child must not be tolerated. No child should be sanctioned for honest mistakes when adapting to a new way of interacting with another pupil” (pagina 13, sezione “Pronouns”).
[13] “Schools must always protect single-sex spaces with regard to toilets, showers and changing rooms, as set out below. Responding to a request to support any degree of social transition must not include allowing access to these spaces. As a default, all children should use the toilets, showers and changing facilities designated for their biological sex unless it will cause distress for them to do so. In these instances, schools and colleges should seek to find alternative arrangements, while continuing to ensure spaces are single-sex” (pagina 14, sezione “Single-Sex Spaces”).
[14] “If a child does not want to use the toilet designated for their biological sex, and the school or college has considered all the relevant factors outlined above, they may wish to consider whether they can provide or offer the use of an alternative toilet facility. This should be secured from the inside and for use by one child at a time, including for hand washing. These alternative arrangements should not compromise the safety, comfort, privacy or dignity of the child, or of other pupils” (pagina 14, sezione “Toilets”).
[15] “Schools must not allow a child, aged 11 years or older, to change or wash in front of a child of the opposite sex, nor should they be subject to a child of the opposite sex changing or washing in front of them. If a child does not want to use the changing rooms and showers designated for their biological sex, and the school or college has considered all the relevant factors outlined above, they may wish to consider whether they can provide or offer the use of an alternative changing or washing facility, while continuing to ensure spaces are single-sex. This could mean a facility intended for use by one child at a time that can be secured from the inside. This alternative facility would not be suitable if access to it were through a changing room being used by the other sex. Schools and colleges could consider allowing access to facilities at an alternative time” (pagine 14 e 15, sezione “Changing Rooms and Showers”).
[16] “No child should be allowed to share a room with a child of the opposite sex. If a child questioning their gender does not wish to share a room with another child of the same sex, where possible, and only after the school has considered relevant factors outlined above, alternative arrangements should be sought. These alternative rrangements
should not compromise the safety, comfort, privacy or dignity of the child, or of other pupils, for instance finding a suitable separate room for the pupil” (pagina 15, sezione “Boarding and residential accommodation”).
[17] “Schools determine their own uniform rules and should enforce them fairly and equally. Schools may have different uniform requirements for girls and boys. Some specify which uniform items are for girls and which are for boys, and similarly some schools have hairstyle rules which differ by sex. A child who is gender questioning should, in general, be held to the same uniform standards as other children of their sex at their school and schools may set clear rules to this effect. Many schools have a unisex uniform that can be worn by both sexes or offer significant flexibility, so allowing a child to change their uniform may be relatively easily accommodated. Schools considering such a request should refer to the Department for Education’s uniform guidance. Where flexibility does not exist, while schools and colleges may look at how the child could be accommodated, schools would not be expected to develop new uniform policies as a result. Decisions on uniform should only be made following a proper consultation with the child’s parents, having considered the relevant factors as set out above. When making a decision, schools should consider whether this applies to all elements of the uniform. For example, schools may agree changes or exceptions to the standard school uniform for most uniform items, but not for swimwear. Schools will also want to ensure that all relevant staff are aware of any variations in uniform requirements agreed for a pupil, so that they are consistently applied, and that changes are communicated to others where necessary in a respectful way. A child who wishes to adjust their uniform may simply not wish to conform with expectations related to their sex. It should not be assumed that such a child is now on a path towards any transition” (pagina 16, sezione “Uniform”).
[18] “Schools and colleges should provide equal sporting opportunities for girls and boys… In general, for early primary age children, a more relaxed approach can be taken to mixed-sex participation in sports. As children get older, the size, speed and strength of boys and girls begins to diverge significantly. Schools and colleges that do not provide separate sports for girls are unlikely to be offering them equal opportunities to boys, and for some sports they will be putting girls at undue risk of injury if they have to play on mixed teams. For all sports where physical differences between the sexes threatens the safety of children, schools and colleges should adopt clear rules which mandate separate-sex participation. There can be no exception to this. Boys constitute more of a risk to girls because they are generally stronger, larger and heavier than girls, especially when they are going through or have been through puberty. It would not be safe for a biological boy to participate in certain sports as part of a teenage girls’ team. Where sports are deliberately mixed-sex, such as mixed netball, there should be no cause for concern. Even for sports where safety is not risked by mixed-sex participation, schools and colleges should ensure that sports are fair. For competitive sports, schools and colleges should be aware that without separate sex participation, it is unlikely that they will be offering equal opportunities to boys and girls. For non-competitive sport, schools and colleges should continue to prioritise safety” (pagina 17, sezione “Physical Education and Sport”).
[19] “A single-sex school is a school that admits, or, for the purposes of the Equality Act, can be taken to admit, children of one sex. Single-sex schools can refuse to admit pupils of the other biological sex, regardless of whether the child is questioning their gender”(pagina 18, sezione “Single-Sex Schools”).