Psicoterapia per la disforia di genere
Pubblichiamo la nostra traduzione di un articolo di Stella O’Malley, psicoterapeuta irlandese autrice di diversi bestseller, nel quale incoraggia i terapeuti a occuparsi di disforia di genere. I genitori potrebbero trovare utile condividerlo con i professionisti che lavorano con i loro figli.
18 maggio 2024
L’incredibile aumento del numero di bambini e giovani che necessitano di supporto per un disagio legato al genere è in continua ascesa, e con esso il numero di genitori che si ritrovano del tutto smarriti nel tentativo di comprendere un figlio in difficoltà.
Siamo in un campo controverso.
Alcuni credono nella teoria dell’identità di genere che darebbe un senso al disagio legato al genere. Questa teoria ha avuto origine da medici come il Dr. John Money e il Dr. Robert Stoller in seguito ai loro studio sui bambini. Per primo fu il Dr. Stoller ad ipotizzare che ogni persona abbia dentro sé un qualcosa di invisibile e non ben identificabile, e che questo elemento motivi l’individuo a comportarsi in determinati modi e ad aderire a determinate norme e aspettative di genere. Il Dr. Money fu d’accordo e affermò che “l’identità di genere è l’esperienza privata del ruolo di genere, e il ruolo di genere è la manifestazione pubblica dell’identità di genere.”
Come il concetto religioso di anima, l’identità di genere non ha un’esistenza identificabile e quindi non è verificabile né confutabile. Secondo questa teoria, l’identità di genere di alcune persone non coincide con il corpo fisico e quindi si tende a raccomandare un approccio terapeutico che offra una serie di interventi medici per creare un corpo che si allinei con l’identità di genere dell’individuo.
In anni più recenti, il lavoro del Dr. John Money è stato screditato a causa della sua condotta non etica con la famiglia Reimer. Bruce Reimer, il maggiore di due gemelli identici, nacque nell’agosto 1965. Quando avevano sei mesi, a Bruce e al gemello identico Brian fu diagnosticata la fimosi, una condizione in cui il prepuzio del pene non può retrarsi, ostacolando così la normale minzione. Per curare questo disturbo, Bruce fu sottoposto a circoncisione, ma il medico commise un gravissimo errore e danneggiò gravemente il pene del bambino. A quel punto i genitori revocarono il permesso a eseguire lo stesso intervento su Brian, la cui fimosi guarì spontaneamente. Alcuni mesi dopo, i genitori Reimer – in uno stato di profonda angoscia per l’accaduto – sentirono il Dr. Money esporre le sue teorie sull’identità di genere in TV e gli scrissero raccontando la loro situazione. Il Dr. Money, convinto che l’identità di genere fosse mutabile fino ai due anni di età, consigliò ai genitori di crescere Bruce come una bambina che chiamarono “Brenda”. Sebbene il Dr. Money continuasse a portare in giro per il mondo il suo esperimento come un caso di successo, in realtà fu un disastro. Il Dr. Money spingeva i gemelli a partecipare a “giochi di simulazioni sessuali infantili” e Brenda, che odiava questi appuntamenti, alla fine si rifiutò di partecipare. “Brenda” si presentava in modo molto mascolino, e a un certo punto, quando aveva quattordici anni, i genitori ebbero pietà di “lei” e le spiegarono la verità: era nato maschio. “Brenda” tornò a presentarsi come maschio e scelse il nome “David”. Le conseguenze furono però devastanti. Entrambi i gemelli ebbero vite estremamente difficili e morirono intorno ai trent’anni; Brian morì per overdose, mentre David si suicidò solo due anni dopo.
Altri imputano il disagio legato al genere a un afflusso di ormoni che si verifica nel corpo, probabilmente già nel grembo materno. È un’interpretazione simile a quella della depressione come “squilibrio chimico nel cervello”. Sebbene non ci siano prove scientifiche a sostegno di questa teoria, come anche per la teoria dello squilibrio chimico, per molte persone è intuitivamente sensata. Le neuroscienze rivelano che il cervello di alcune persone tende verso comportamenti più stereotipicamente femminili, mentre quello di altre tende verso comportamenti considerati stereotipicamente maschili. Le persone gay, lesbiche e bisessuali hanno maggiori probabilità di adottare in modo esagerato il comportamento del sesso opposto rispetto alle persone eterosessuali. Nessuno sembra aver capito come mai e l’argomento continua a essere oggetto di dibattito. Un argomento importante contro gli interventi medici sui bambini è che molti bambini non conformi al genere crescendo diventeranno gay, lesbiche o bisessuali, purché sperimentino il risveglio sessuale conseguente alla pubertà biologica. I bloccanti della pubertà impediscono la pubertà ed è per questo che un numero crescente di organizzazioni, incluso il Sistema Sanitario Nazionale Inglese, rifiuta l’uso dei bloccanti della pubertà come trattamento per il disagio legato al genere.
La terza teoria più diffusa tra quelle che tentano di spiegare la disforia di genere è un modello evolutivo di comprensione. Questa teoria suggerisce che alcune persone sviluppino il disagio di genere come un meccanismo di coping disadattivo durante la crescita.
C’è sempre stata una piccola percentuale di bambini – circa il 6% – che, se i genitori accettano questo comportamento, si presenta come del sesso opposto.
La foto qui sotto del 1980, che mi ritrae a 9 anni non conforme al genere (vestita per la cresima di mio fratello, con una t-shirt bianca a righe e jeans) dimostra che io ero una di quei bambini.
Sono stata fortunata perché i miei genitori non hanno avuto nessun problema con una bambina non conforme al genere. Ma alcuni genitori si preoccupano molto, specialmente quando si tratta di maschietti non conformi al genere. La società è da lungo tempo solidale con le bambine “maschiaccio”, soprattutto con quelle pre-puberali; l’immagine della maschiaccia sicura di sé che preferisce giocare con i maschi tende a far sorridere la maggior parte delle persone. È importante notare che, al contrario, i maschi femminili generano molto meno consenso nelle persone. Dagli studi emerge che la stragrande maggioranza dei minori non conformi al genere portati nelle cliniche di genere dagli anni ’60 agli anni 2000 erano maschi. La motivazione risiedeva nell’omofobia più di quanto si voglia ammettere, come dimostrano i racconti di genitori che chiedevano ai medici di “aggiustare” il figlio femminile, rivelando il disagio tipico di quei genitori che intuivano a ragione che probabilmente il figlio un giorno si sarebbe dichiarato gay, lesbica o bisessuale, e che, non essendo a loro agio con i figli non conformi al genere, volevano che il terapeuta cercasse di “convertire” il bambino all’eterosessualità.
Tutti gli studi condotti su questi bambini non conformi al genere dimostrano che la stragrande maggioranza torna a sentirsi a proprio agio con il proprio corpo e non desidera una transizione medica.
Una piccola percentuale di persone si fissa sull’idea della transizione medica come modo per alleviare il proprio disagio mentale; una volta adulti possono ricevere ormoni cross-sex e sottoporsi a interventi chirurgici come mastectomie e/o interventi ai genitali. Una complicazione aggiuntiva è che alcuni uomini – si tratta per lo più di uomini di mezza età – hanno una parafilia chiamata autoginefilia, che è la propensione di un maschio a fissarsi eroticamente sull’idea di sé stesso come donna. Anche questi uomini cercano la transizione medica e sono probabilmente inclini a nascondere l’esistenza della loro parafilia, presentandosi invece come persone che credono di avere un’identità di genere inamovibile dentro di sé che necessita di interventi medici il prima possibile.
Un nuovo gruppo, mai visto prima nella letteratura medica, è apparso improvvisamente negli ultimi dieci anni. Si tratta di adolescenti, in maggioranza ragazze, che improvvisamente si identificano come trans senza aver mai mostrato comportamenti non conformi al genere e che tipicamente fanno coming out come trans dopo aver trascorso un lungo periodo su internet e spesso a seguito di qualche sorta di trauma.
I dati mostrano che questi giovani sono spesso molto fragili, con una prevalenza notevolmente alta di comorbilità tra cui ASD (disturbo dello spettro autistico), ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività), OCD (disturbo ossessivo-compulsivo), disturbi alimentari, ansia e depressione. La Dr.ssa Lisa Littman, medico-ricercatrice, ha descritto questo fenomeno come ‘disforia di genere a insorgenza rapida’ e in un mondo in cui gli acronimi dominano, molti si riferiscono a questo gruppo come ‘ROGD’ (Rapid-Onset Gender Dysphoria). I medici pro-affermativi tendono a credere che il gruppo ROGD sia semplicemente un riequilibrio dei numeri dovuto all’accettazione della transizione medica da parte della società. Tuttavia, con un aumento dei numeri fino al 4000%, e al 5200% tra le femmine, considerarla una ricalibrazione non ha senso statistico: se si trattasse di questo, statisticamente i molti medici che hanno lavorato in questo campo nei decenni precedenti all’esistenza del gruppo ROGD avrebbero dovuto incontrato molti più casi. Inoltre, se così fosse, anche i numeri di altri gruppi, come uomini e donne di mezza età, avrebbero dovuto mostrare un riequilibrio.
Lo psicologo sociale Jonathan Haidt ha suggerito che il problema di fondo sia il contagio sociale e il fatto che l’identificazione trans avvenga a gruppi in scuole e università di tutto il mondo suggerisce che questa sia l’interpretazione più probabile per il recente fenomeno.
Nel frattempo, i genitori si sentono persi e confusi. Mossi dall’amore, sono alla ricerca della miglior cura per il proprio figlio, spesso però inconsapevoli delle diverse teorie in questo campo. Non sanno che i medici che affermano l’identità di genere non hanno un approccio centrato sul bambino, bensì guidato dal bambino, e il loro compito è quello di facilitare la transizione medica non appena il minore la richiede. L’approccio guidato dal bambino fornisce al minore la libertà (e la responsabilità) di decidere come desidera vivere. Questo approccio può essere utilizzato nei programmi educativi, in cui il bambino decide cosa/come/se desidera imparare, e anche nell’assunzione del cibo, in cui l’adulto segue la decisione del bambino su quanto cibo desidera mangiare. Il modello di affermazione dell’identità di genere è un approccio nuovo basato sulla teoria dell’identità di genere, tuttavia non esistono ricerche a lungo termine che lo supportino. L’ampio divario tra la cura di affermazione del genere e la psicoterapia standard, che offre un processo terapeutico più impegnativo, può essere disorientante per i genitori, i quali spesso credono che ci sia poca differenza tra un tipo di terapia e un altro.
In qualità di psicoterapeuta che lavora in questo campo, consiglio ai terapeuti valutare l’idea di invitare i genitori degli adolescenti a partecipare a una seduta ogni quattro/cinque. È un approccio vantaggioso perché mantiene i genitori informati sul processo e previene la triangolazione, come discusso di seguito. Sebbene sia importante per l’adolescente sapere che la terapia è uno spazio sacro e confidenziale, è altrettanto importante che sia il minore che i genitori conoscano le implicazioni della disforia di genere e della transizione medica. Se l’adolescente non comunica, come fanno i genitori a sapere cosa sta succedendo?
Le informazioni online sono polarizzate, la letteratura è estremamente limitata e raramente sui social media si trovano riflessioni accurate. Inoltre, non sono molti i genitori che hanno esperienza con il disagio legato al genere. Pensare ai genitori di adolescenti che erano anoressici negli anni ’60 e ’70, o bulimici negli anni ’80, o autolesionisti negli anni ’90 può aiutare a comprendere quanto questi genitori si trovino smarriti e impreparati.
I terapeuti che lavorano con gli adolescenti dovrebbero sempre essere consapevoli della suscettibilità al triangolo del dramma di Karpman. Se il giovane si percepisce vittima, è facile che assegni al terapeuta il ruolo di salvatore e al genitore il ruolo di persecutore. Dal momento che tale meccanismo ha un’infinità di risvolti controproducenti, può essere opportuno utilizzare un po’ di psico-educazione per spiegare il concetto della triangolazione sia all’adolescente che ai genitori laddove ci sia il rischio che si verifichi.
L’ultimo libro di Haidt, “The Anxious Generation: How the Great Rewiring of Childhood is Causing an Epidemic of Mental Illness”, così come “Bad Therapy: Why the Kids Aren’t Growing Up “di Abigail Shrier, esplora l’impatto del risalto e dell’amplificazione del vittimismo e dell’oppressione sulla generazione odierna e sulla necessità che i terapeuti bilancino attentamente questi aspetti per mantenere un’atteggiamento di curiosità compassionevole e allo stesso tempo una comprensione più profonda dei fattori sottostanti in gioco.
La disforia di genere è arrivata come un fulmine nella cultura, diventando una questione estremamente politicizzata e polarizzata che può farci sentire in un campo minato.
Nonostante ciò, un numero crescente di giovani cerca supporto terapeutico per questo problema e aumenta la necessità di terapeuti che lavorino con questo gruppo. Molti terapeuti, non avendo alcuna formazione in questo campo, non considerano la possibilità di prendere in carico persone con la disforia di genere. Questo aumenta il disagio perché allunga le liste d’attesa e inoltre chi è in difficoltà viene portato a credere che solo uno specialista del settore possa lavorare con loro. Tuttavia, qualsiasi terapeuta competente ed istruito dovrebbe essere in grado di lavorare con il disagio legato al genere.
Uno dei problemi che spesso viene sollevato dai terapeuti è il timore della barriera linguistica, poiché gran parte delle argomentazioni in questo contesto si basano su una miriade di acronimi e concetti complessi come autoginefilia, ROGD, transmaxxing e HSTS. Si tratta di una barriera superficiale e lo studio di un buon glossario chiarirà il significato della maggior parte di queste parole e acronimi (una lista di termini comuni si trova qui). Il linguaggio può essere incendiario ed è utile che i terapeuti si prendano del tempo per familiarizzare con alcuni degli acronimi e dei concetti più usati.
Vale anche la pena di fornire ai potenziali pazienti un prospetto informativo sul proprio approccio, in cui si trattano questioni come la riservatezza, la fiducia, la libertà di commettere errori, il linguaggio, come una fissazione sul linguaggio può diventare una barriera al progresso terapeutico, e altri problemi che potrebbero insorgere durante il percorso.
Anche se si tratta di un campo controverso sul quale online le tensioni sono alle stelle, il lavoro si rivela spesso molto gratificante. Ad esempio, prima di lavorare in questo ambito, non avevo mai avuto l’opportunità di riflettere così profondamente su cosa significhi essere uomo o donna, di considerare quanto i nostri ormoni e il nostro desiderio sessuale possano motivare il nostro comportamento e di riflettere su cosa mi renda me stessa. I pazienti con cui lavoro apprezzano il processo terapeutico e traggono beneficio dall’avere uno spazio dove nessun argomento è tabù, e dove ogni idea o convinzione può essere contemplata.
In sintesi, la disforia di genere è una condizione che è entrata nel calderone dei sintomi. È improbabile che scompaia ed è molto più probabile che rimarrà come sintomo di un disagio ancorato alla cultura. Altre condizioni si sono manifestate in modo simile e, attraverso il contagio sociale, sono diventate comuni in tempi relativamente brevi.
Se sei un terapeuta competente ed esperto, ti esorto a considerare di lavorare in questo settore. Bambini, adolescenti e adulti fragili di tutto il mondo sono in lista di attesa perché pochissimi terapeuti sono disposti a lavorare con loro.
Per fortuna esistono sempre più risorse, workshop, conferenze e altre informazioni a disposizione dei terapeuti che si impegnano a lavorare in questo campo. Sono co-autrice del libro “When Kids Say They’re Trans: A Guide for Thoughtful Parents” insieme alle colleghe terapeute Sasha Ayad e Lisa Marchiano (2023). È un libro rivolto ai genitori e vuole a fornire sostegno, educazione e orientamento ai genitori di minori che stanno vivendo la disforia di genere. Mentre alcuni genitori sono propensi a richiedere interventi medici per i loro figli in difficoltà, molti preferiscono un approccio più delicato e prudente; in questo libro esploriamo una serie di opzioni non medicalizzate che possono aiutare i giovani affetti da disforia di genere. Sebbene sia un libro per genitori, i feedback ci dicono che anche i terapeuti lo trovano una lettura istruttiva.
Un’altra risorsa utile è Genspect, l’organizzazione che supporta un servizio chiamato Gender Dysphoria Support Network e organizza circa cinque incontri online ogni settimana per i genitori di ragazzini con disforia di genere. Si tratta di incontri moderati da genitori che seguono il modello degli Alcolisti Anonimi (sebbene a volte offrano anche incontri moderati da terapeuti). Genspect, grazie al servizio Beyond Trans, offre finanziamenti per terapie personali individuali per persone che abbiano deciso di effettuare la detransizione o siano state danneggiate dalla transizione medica. La detransizione è il processo in cui chi ha effettuato una transizione medica arriva a pentirsene e cerca di invertire il processo medico. La maggior parte dei terapeuti è competente nel lavorare con il trauma e può quindi sentirsi da subito a proprio agio nel lavorare con le persone che detransizionano. Ogni terapeuta che si unisce al servizio Beyond Trans accetta di dare priorità a un approccio non medicalizzato al disagio legato al genere e declina il percorso medicalizzato di WPATH.
Per concludere, nella mia esperienza, i terapeuti sono riluttanti ad addentrarsi in questo argomento. “La posta in gioco è troppo alta”, mi ha detto una terapeuta quando le ho chiesto di seguire una giovane persona identificata come trans. Questa terapeuta temeva di commettere un errore e di rovinare in qualche modo la vita del giovane. Tuttavia, l’autonomia personale è una pietra miliare su cui si basa la terapia. L’etica professionale non ci consente di prestabilire il percorso dei nostri pazienti. Possiamo invece lavorare con loro affinché riconoscano le opzioni disponibili e sviluppino una certa consapevolezza di sé riguardo alle probabili motivazioni di qualsiasi schema comportamentale.
Non è compito del terapeuta influenzare la decisione dell’individuo di effettuare la transizione: è compito del terapeuta garantire che il cliente sia consapevole del motivo per cui potrebbe prendere una determinata decisione e che abbia una conoscenza sufficiente dell’impatto di tale decisione.
Con un processo terapeutico attento, compassionevole e convenzionale, qualsiasi terapeuta competente può svolgere questo lavoro.
Se sei un genitore in cerca di aiuto professionale o un terapeuta che si occupa di disforia di genere scrivici a info@generazioned.org