Paranoia in età prescolare

Gli stereotipi sono irresistibili per i bambini, ma non è così terribile come sembra.

Traduzione di un articolo di Nancy McDermott pubblicato il 26 agosto sul blog di Genspect


“Non so perché fa così!”.

Era il 2007 e mi trovavo in un gruppo di mamme (e un esemplare di papà) in attesa di lasciare i nostri figli all’asilo. “Cerco di prenderle cose neutre dal punto di vista del genere, ma mia suocera le ha regalato questa… cosa”.   

La “cosa” era un plasticoso libro di Barbie fucsia. Era la Giornata nazionale del libro e ogni bambino poteva portare un libro da leggere in classe. Le femmine avevano scelto tutte un libro o su Barbie o su una principessa Disney, mentre i maschi avevano scelto libri che parlavano di macchinari, treni e, in un caso, di un dinosauro. Tutti i libri avevano un piccolo altoparlante che, premendo un pulsante, emetteva suoni sintetici di mattoncini che cadevano o voci cinguettanti di principesse.  

“Avevo quasi convinto Josh a portare Nel paese dei mostri selvaggi” aveva raccontato un’altra mamma, “era il suo preferito, ma alla fine ha scelto Monster Trucks”. Ha alzato gli occhi al cielo. Poi qualcuno ha scherzato: “Oh cavolo, gli insegnanti penseranno che i nostri figli sono normali!”. Abbiamo riso nervosamente.  

Questa scena è avvenuta prima della grande ossessione del gender, quando nessuno seguiva modelli di “genitorialità gender-neutral” e nessuno batteva ciglio di fronte a frasi come “Buongiorno bambini e bambine”. Ma comunque gli stereotipi di genere ci disturbavano. Volevamo che i nostri figli fossero sé stessi ed eravamo determinati a difendere il loro essere a tutti i costi.

Facevamo di tutto per non spingerli in nessuna direzione e avevamo assecondato i loro interessi; più erano stravaganti, meglio era. Eravamo convinti di dovergli fornire un assortimento di giocattoli di ogni tipo, incoraggiandoli a esplorare e, soprattutto, senza indirizzarli in caselle di genere.  E poi un giorno, di punto in bianco, eccoli ossessionati dalle principesse o dalle pistole giocattolo.  

Le generazioni precedenti sapevano che si tratta di una fase che i bambini superano, ma noi eravamo “genitori attempati”. Non vivevamo in famiglia o insieme a bambini piccoli da decenni e, anche fosse, eravamo sicuri che i nostri genitori e tutte le generazioni di genitori che ci avevano preceduto fossero dei trogloditi antiscientifici che non sapevano quel che facevano. Invece noi ci eravamo documentati, e molto. Avevamo letto manuali per bambini, soprattutto i libri di Sears, una varietà infinita di articoli, saggi e blog di mamme. Avevamo letto, o almeno sfogliato, Cinderella Ate My Daughter (Cenerentola ha mangiato mia figlia) di Peggy Orenstein, Delusions of Gender (Deliri di genere) di Cordelia Fine e Parenting Beyond Pink & Blue (Genitorialità oltre il rosa e il blu) di Christia Spears Brown. Ci eravamo dilettati nella neutralità di genere e ci vantavamo della non conformità di genere di nostro figlio. “Jaden allatta la sua bambola!”.

Rimuginavamo sul nostro essere la generazione di genitori più illuminata di sempre, su quanto le nostre ragazze sarebbero state “agguerrite” e i nostri ragazzi sensibili e sul fatto che, se uno dei nostri figli si fosse rivelato gay, non ci saremmo limitati ad accettarlo. Ne saremmo stati entusiasti.  

Ecco perché l’improvvisa comparsa di un’estrema conformità di genere ci sembrava così strana, come se i nostri figli si fossero addormentati accanto a una capsula verde aliena e si fossero risvegliati Borg. In realtà i nostri figli, di età compresa tra i 3 e i 4 anni, si trovavano nel punto di massima espressione degli stereotipi di genere. Dopo aver appreso le basi di come gira il mondo dentro casa, erano entrati in una fase di intensa curiosità per il mondo sociale. In particolare erano interessati alle categorie sociali come maschio e femmina. E poiché questa è anche la fase in cui i bambini iniziano ad auto-identificarsi in base al sesso, cercavano di capire come inserirsi in esse.

Non ci rendevamo conto che gravitavano verso stereotipi di genere estremi proprio perché erano basici e rudimentali.  

È facile dimenticare che per i bambini tutto è nuovo. I primi anni della loro vita sono dedicati all’esplorazione del mondo che li circonda. Nel bellissimo libro sullo sviluppo infantile The Scientist in the Crib (Lo scienziato nella culla), gli autori spiegano come i bambini nascano con l’istinto di esplorare e sperimentare il mondo che li circonda, di solito tentando di mettere in bocca oggetti (mani, piedi, cavi elettrici, cibo per cani). In seguito passano all’apprendimento delle basi dell’autocontrollo: imparare a usare il vasino, ad addormentarsi da soli, capire come giocare in modo cooperativo (e non solo nello stesso momento) con gli altri bambini.  

Quando i bambini raggiungono i tre anni, il mondo esterno attira la loro attenzione. Vogliono capire come funziona e come si inseriscono in esso. I bambini, e gli esseri umani in generale, sono “programmati” per notare due distinzioni in particolare: quella tra bambini e adulti e quella tra uomini e donne. Gli stereotipi, in particolare quelli di genere, fungono da apripista per la comprensione di queste categorie sociali.

La loro nuova passione per i boa di piume o per gli ibridi uomo-automobile può sconcertare, soprattutto quando gli uomini e le donne che li circondano si vestono all’incirca nello stesso modo, ma i bambini non sono interessati alle persone reali. Sono interessati alla virilità e alla femminilità. Non solo gli stereotipi non sono dannosi, ma sono essenziali per aiutarli a capire che tipo di uomo o donna diventeranno. 

Stereotipi, perché? 

Tutti gli stereotipi sono approssimativi e superficiali perché si basano su informazioni troppo scarse, e tuttavia hanno una grande utilità. 

Tutti noi ricorriamo agli stereotipi in situazioni sconosciute, come una stazione ferroviaria straniera. Preferiamo chiedere indicazioni a una donna di mezza età ben vestita piuttosto che a un giovane con dei teschi tatuati sul collo, sulla base di stereotipi che possono suggerirci chi è più sicuro e informato. Ma questi stereotipi svaniscono non appena ci confrontiamo con le persone come individui, ad esempio quando ci ritroviamo accanto al tipo tatuato e scopriamo che è un dottorando e un violinista. 

Lo stesso vale per i bambini, solo che ci vuole più tempo – di solito anni – e la sfida è più tosta perché non stanno solo imparando a barcamenarsi tra le categorie sociali, stanno cercando di conoscere sé stessi. Compiono diversi passi falsi e a volte si convincono di cose che non hanno alcun senso per gli adulti.  

Si racconta la vicenda di un medico donna che un giorno viene informata dalla figlia piccola del fatto che “solo i maschi possono fare i medici”. Quando la madre le spiega che “la mamma è un medico”, la figlia si limita a fare spallucce. Questo perché nella mente della figlia la categoria delle “femmine” è diversa dalla categoria “mamma”. Lei conosce la mamma. Le interessa saperne di più delle le “femmine”, soprattutto perché anche lei è una femmina.

Ma partiamo dall’inizio, come fanno i bambini a capire di essere maschi o femmine?  

I bambini imparano di essere maschi o femmine perché gli è stato comunicato in svariati modi nel corso della loro vita. A parte cose scontate come il diverso modo di vestire, è quasi impossibile non trattare i bambini in modo diverso in base al loro sesso.

L’istinto di percepire il sesso e di imporre aspettative di conseguenza è così forte che gli psicologi che studiano le differenze di sesso nei neonati devono progettare i loro esperimenti tenendo conto di questo aspetto.

Qualsiasi indizio sul sesso del bambino indurrà gli osservatori a registrare gli stessi comportamenti in modo diverso. Questo accade indipendentemente dal fatto che i genitori scelgano il rosa per le bambine e l’azzurro per i bambini o che, come i genitori nel cortile della scuola, cerchino consapevolmente di evitare modelli stereotipati.  

È probabile che la nostra propensione a distinguere tra maschi e femmine abbia uno scopo evolutivo che va oltre la semplice ricerca di un potenziale compagno. I cambiamenti fisici e mentali che si verificano durante la pubertà sono così profondi, soprattutto per le ragazze, che è utile sapere cosa sta per succedere. Come tutto ciò che riguarda la vita umana, questa preparazione è fortemente mediata dalla cultura, e in effetti ogni cultura umana ha il suo insieme di credenze su ciò che è tipico degli uomini e delle donne. Queste convinzioni rappresentano gli stereotipi che aiutano a indirizzare i bambini verso la virilità e la femminilità. Ma non sono il loro destino. I bambini si avvicinano agli stereotipi nel tentativo di comprendere le categorie sociali, e questo è solo un aspetto. La conoscenza delle categorie fa parte del più ampio progetto di comprensione delle norme.  

Norme e stereotipi 


In breve, le norme sociali sono assunti e modelli di comportamento condivisi che permettono agli esseri umani di vivere in gruppi sociali. Le norme o convenzioni aiutano a collocare gli individui in relazione agli altri componenti del loro gruppo, a distinguere un gruppo dall’altro e a mettere un ordine nelle esperienze sociali.   

Le norme creano stabilità e continuità tra più generazioni perché incarnano la storia e la cultura e sono rafforzate dalle istituzioni. Non sono statiche, si evolvono lentamente nel tempo e sono un punto di riferimento cruciale che aiuta a contestualizzare le nostre relazioni con le altre persone. Hanno una logica interna tutta loro e la loro comprensione, come la padronanza dei meccanismi di una lingua, serve come base per la comunicazione, l’espressione di sé e la creatività.  

Gli stereotipi, al contrario, sono idee o impressioni eccessivamente semplificate su persone o gruppi. A differenza delle norme, che sono il prodotto di ripetute interazioni sociali, gli stereotipi sono impressioni superficiali che hanno la loro origine nella mancanza di conoscenze pratiche.

I bambini sono particolarmente inclini a descrivere il mondo in termini di stereotipi semplicemente perché mancano di conoscenza, ma anche gli adulti ricorrono agli stereotipi quando si trovano in situazioni non familiari.  

Il primo “lavoro” dei bambini è imparare a conoscere e a far parte della società in cui sono nati. Chiamiamo questo processo socializzazione e i bambini lo fanno spontaneamente. I genitori e gli altri adulti li aiutano in questo – anche inconsapevolmente.

Il sesso è una delle prime categorie che i bambini riconoscono e con cui si identificano. Capire a quale categoria appartengono è un punto di partenza fondamentale per dare un senso al mondo e per sviluppare la loro personalità unica. Gli stereotipi e le norme li aiutano a farlo. La comprensione delle norme sociali da parte dei bambini cresce in modo esponenziale durante l’infanzia.

Con il passare del tempo, lasciandoli stare, i loro comportamenti e convinzioni si affievoliscono, soprattutto quando iniziano a sviluppare preferenze individuali.

La giovane donna che vuole studiare medicina come sua madre non ricorda nemmeno di quando pensava che “solo i maschi possono fare i medici”.   

Ma cosa succede quando qualcosa va storto nel processo di socializzazione?  

Prossimamente “Il problema della genitorialità gender-neutral”

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