il vortice dell'ideazione transgender

Il vortice dell’ideazione transgender

Cosa accade nella mente di un giovane colpito dal pensiero di essere transgender?

Perché un ragazzino inizi a pensare a sé stesso come transgender deve essere sia “predisposto” sia “indottrinato”.

Il vortice dell’ideazione transgender

Predisposizione

Esiste un’ampia varietà di fattori che possono rendere un giovane vulnerabile all’indottrinamento che può portarlo a pensare di essere transgender. Il seguente elenco non è esaustivo, ma comprende le vulnerabilità più comuni, spesso chiamate comorbilità della disforia di genere:

  • traumi precedenti
  • bullismo
  • ansia
  • depressione
  • omosessualità
  • neurodiversità
  • disagio nei confronti della pubertà
  • disturbi alimentari
  • autismo
  • ADHD
  • abuso sessuale
  • plusdotazione
  • non conformità agli stereotipi sessuali
  • disabilità

Altri segnali da tenere presenti che possono rendere un bambino vulnerabile sono:

  • trascorrere troppo tempo online;
  • avere un gruppo di amici che include altre persone con ideazione transgender;
  • la passione per gli anime e i cosplay.

Fonte: Ourduty

Indottrinamento

È importante osservare che i bambini e ragazzini non penseranno mai a sé stessi come transgender a meno che l’idea gli venga presentata come ipotesi valida o addirittura probabile per spiegare le loro sensazioni di disagio.

Negli ultimi anni l’intera società è diventata una grande macchina dell’indottrinamento dei giovani al transgenderismo. A partire dalla promozione del concetto di identità di genere fin dall’età prescolare (attraverso libri e cartoni animati), la società sta diffondendo idee che non hanno base scientifica e creano grande confusione nei bambini e nei giovani.

Per gli adolescenti essere transgender è un’identità sociale ed è stata paragonata alle identità sociali “dark” delle generazioni precedenti.

Ideazione transgender

Se il bambino o il giovane non è sufficientemente resiliente, si farà condizionare dall’idea esterna di poter essere transgender e la adotterà come spiegazione a ogni suo disagio o angoscia. Avviene così l’ideazione transgender, fondata sulla convinzione illusoria e irrealistica che la transizione al sesso opposto risolverà tutti i problemi e porterà finalmente benessere e felicità.

Rimuginio

Il rimuginio, o ruminazione, è l’atto di pensare continuamente a qualcosa, spesso fino al punto di concentrarsi eccessivamente su di essa. È un tratto comune tra le persone inclini all’ansia e alla depressione e può avere un impatto negativo sulla salute mentale.
La ruminazione consiste nel pensare sempre alla stessa cosa, senza trovare una soluzione o una conclusione. Può essere innescata da una serie di fattori, tra cui stress, preoccupazioni o persino noia. Gli adolescenti sono inclini al rimuginio e spesso si chiudono in camera per ore e ore. Questo processo viene aggravato dalla frequentazione di ambienti online dove incontrano persone fin troppo disposte a confermare i loro pensieri più estremi.

Si consiglia ai genitori di monitorare i segnali di rimuginio, limitare l’uso di internet e a far uscire i ragazzi il più possibile nella natura e in contesti sociali reali.

Disforia di genere

Per disforia di genere si intende il disagio provocato dalla una marcata e persistente sensazione di incongruenza tra il genere percepito e il proprio sesso biologico. Non tutte le persone che provano i sentimenti descritti come disforia di genere hanno un’ideazione transgender e non tutte le persone con un’ideazione transgender provano disforia di genere.

Transizione sociale

Dopo un’eccessiva ruminazione, il ragazzino o il giovane può convincersi di essere transgender e di conseguenza scegliere un’identità transgender.

Se segue “il copione” – ovvero una serie di istruzioni che si trovano facilmente in rete fornite da altre persone trans – potrebbe inizialmente dichiararsi non-binary. Si tratta di uno schema appositamente studiato (e disponibile online) per facilitare l’accettazione da parte dei genitori, suddividendo la “transizione” in fasi meno drastiche. I genitori potrebbero essere tenuti all’oscuro, perché i figli fanno spesso coming out con i loro pari – online e a scuola – molto prima che in famiglia. Quando poi succede, spesso si tratta della comunicazione di un fatto già compiuto e insindacabile, talvolta per lettera. L’esistenza di questo copione si palesa spesso nel fatto che i ragazzi usano termini ed espressioni inglesi originali o tradotte per riferire il loro modo di sentire. In famiglia, il giovane può diventare aggressivo o usare il ricatto emotivo nel tentativo di ottenere ciò che vuole. Un’ulteriore prova dell’indottrinamento da parte degli adescatori a seguire “il copione” sarà la rielaborazione di esperienze infantili con affermazioni che il genitore sa essere false, come ad esempio “ho sempre odiato le cose da femmina”.

La transizione sociale avviene quando il ragazzo o la ragazza chiede e ottiene, in uno o più ambiti, di essere chiamato con un nuovo nome e con pronomi neutri, o del sesso opposto, e si presenta con vestiti tipicamente del sesso opposto e un nuovo look (tipicamente taglio di capelli e binder per le femmine, trucco e capelli lunghi per i maschi).

La transizione sociale a scuola può essere ufficializzata tramite l’attivazione della carriera alias.

Nonostante non abbia impatti gravi immediati sulla salute della persone coinvolta (fatta eccezione per gli effetti collaterali delle pratiche di binding – fasciare il seno – e tucking – comprimere i genitali maschili), la transizione sociale non è un intervento neutro e sicuro, da appoggiare con leggerezza: è infatti stato appurato che si tratta del primo step della transizione al sesso opposto, e una decisione che rende poi molto difficile tornare sui propri passi, ovvero “desistere”. La desistenza è il nome dato al processo di cessazione dell’identificazione transgender, prima che sia stata intrapresa qualsiasi misura medica. Un giovane che desiste è un giovane che torna a identificarsi nel proprio sesso biologico. 

Sebbene venga spesso additato come atteggiamento transfobico, è più che comprensibile e auspicabile che i genitori e i professionisti della salute si augurino che il ragazzo o la ragazza si riappacifichi con il proprio corpo.

Non si tratta di opporsi a un comportamento non conforme al genere o di non voler accettare un orientamento sessuale, bensì di porsi come obiettivo la preservazione della salute, della fertilità e della funzionalità sessuale del giovane, per tenere aperte tutte le possibilità per il suo futuro.

Affermazione sociale

L’affermazione sociale è il processo con cui la società in generale consolida l’ideazione transgender nella mente dei giovani. Accettando il loro nuovo nome e/o usando i loro “pronomi di elezione”, a questi adolescenti si preclude la normale esplorazione dell’identità e si consolida l’idea che siano effettivamente ciò che dicono di essere.

Gli adulti di riferimento devono tenere conto che l’affermazione sociale è un intervento che può ostacolare o impedire i naturali percorsi di desistenza.

Purtroppo anche in Italia l’affermazione sociale è attualmente predominante tra gli psicologi, nel sistema medico e in quello scolastico (vedi diffusione delle carriere alias negli istituti), nonostante diversi paesi abbiano ormai recepito la pericolosità e l’inefficacia nel breve e lungo termine di questo approccio.

Conferma dell’identità transgender

Una persona con ideazione transgender cerca disperatamente di convincere sé stessa e chi la circonda di essere del sesso opposto. Ogni volta che nella sua vita accade qualcosa che conferma e rafforza la sua percezione, si sente “validata”. Questo provoca una reazione fisiologica nelle profondità del cervello che rilascia dopamina, la sostanza chimica della gratificazione, creando una sorta di dipendenza e rendendo difficile l’esplorazione libera della propria identità.

La giovane età e la presenza di comorbidità rendono particolarmente rischioso confermare alla persona la veridicità della propria percezione, in quanto la persona con ideazione transgender che riceve conferme dall’esterno verrà facilmente portata a credere in una illusione, ovvero di poter cambiare sesso realmente.

Mentre fino a qualche anno fa un adulto che decideva di intraprendere una transizione sessuale sapeva bene che si trattava di un’operazione cosmetica volta a farlo sembrare una persona del sesso opposto, un bambino a cui i genitori fanno fare la transizione sociale crederà di aver già cambiato sesso, senza rendersi nemmeno conto delle operazioni mediche e chirurgiche delle quali necessiterà e che lo renderanno sterile. Allo stesso modo, sarà facile per una persona con fragilità psichiatriche affidarsi all’illusione che la transizione medica sarà la soluzione a tutti i suoi problemi.

In tutti questi casi si corre il rischio altissimo di rendere permanente una situazione in realtà transitoria (la disforia di genere lo è nell’80-90% dei casi), o di occuparsi di un sintomo e non della vera causa, con conseguenze devastanti sulla persona che si trova intrappolata in un percorso verso la medicalizzazione.

Ormoni e chirurgia

In primo luogo va detto che attualmente nei centri specializzati italiani è prassi fissare 5/6 colloqui con uno psicologo e 1 o 2 visite con un endocrinologo, ritenute sufficienti perdere il via al percorso medico. La diagnosi di disforia di genere si basa sulla percezione portata dal paziente che il professionista della salute mentale non è titolato a mettere in dubbio, ma solo a verificarne la persistenza per il periodo dei colloqui (6 mesi).

I trattamenti medici di solito iniziano con farmaci che bloccano la pubertà (bloccanti della pubertà) e/o ormoni del sesso opposto. Lo scopo di questi trattamenti è quello di facilitare l’imitazione del sesso opposto attraverso la modifica delle caratteristiche sessuali secondarie. Il testosterone somministrato a una ragazza abbassa la voce e favorisce la crescita dei peli sul viso, e gli effetti, che compaiono già dopo pochi mesi di assunzione, sono irreversibili. Questi giovani richiedono anche alterazioni chirurgiche, ad esempio mastectomie bilaterali per le ragazze adolescenti che desiderano un torace dall’aspetto più mascolino.

E’ stato dimostrato come i bloccanti della pubertà non siano affatto il bottone di pausa per avere più tempo per pensare, ma l’inizio del percorso di transizione. Infatti è ormai appurato che quasi tutti i bambini sottoposti a tale trattamento passano poi ad assumere ormoni del sesso opposto.

Una volta avviato il processo medico, sulla quale la persona fa affidamento per recuperare il benessere psicologico, si innesca un meccanismo che porta a desiderare sempre il prossimo intervento (dai bloccanti agli ormoni, dagli ormoni alla mastectomia, alla mascolinizzazione del torace, alla falloplastica, ecc), augurandosi che sia quello decisivo per passare (ovvero essere riconosciuti) o per sentirsi finalmente del sesso opposto.

Esattamente come accade con la chirurgia plastica, non c’è un limite alle modifiche che possono essere fatte sul corpo della persona che vuole diventare altro da sé, prontamente offerte dai chirurghi che se ne occupano.

In questo processo di modifiche permanenti del corpo, sempre più persone arrivano a un certo punto a rendersi conto di aver commesso un tragico errore.

Secondo alcuni recenti studi, si parla di percentuali altissime di giovani che a distanza di pochi anni non confermano la diagnosi di disforia di genere.

Il processo per tornare al proprio sesso biologico si chiama detransizione.

Sebbene la detransizione sia comunemente associata al rimpianto della transizione, le due cose sono distinte. Una persona che si pente della propria transizione medica potrebbe non effettuare la detransizione, ad esempio se i cambiamenti sono così irreversibili da rendersi conto che non potrà più essere riconosciuta nel proprio sesso di nascita.

Per le persone che decidono di abbandonare l’identità transgender medicalizzata, la detransizione è un percorso sensato, sia perché vivere in modo autentico è meglio che vivere un inganno, sia perché le medicalizzazioni necessarie da quel momento in poi andranno ad allinearsi con le esigenze del proprio sesso invece di contrastarle.

Fonte: Ourduty

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