“Il protocollo transgender”: nuova inchiesta giornalistica nei Paesi Bassi
In data 24/10/2023, la trasmissione olandese di giornalismo investigativo ZEMBLA ha pubblicato un report di inchiesta sul cosiddetto “protocollo olandese”, utilizzato per il trattamento dei bambini e dei giovani a cui viene diagnosticata la disforia di genere. Il protocollo prevede la somministrazione dei bloccanti della pubertà, di ormoni cross-sex, che implicano una medicalizzazione ormonale a vita dei pazienti, e il ricorso a interventi chirurgici.
I curatori del documentario hanno intervistato la Dott.ssa Annelou De Vries della clinica di genere UMC di Amsterdam, a capo del gruppo di lavoro che elaborò il protocollo, confrontando le sue dichiarazioni con quelle di colleghi e studiosi internazionali critici sulla validità scientifica di tale trattamento e preoccupati per le conseguenze sulla salute dei bambini e dei giovani.
Il programma interpella esperti di disforia di genere rinomati a livello mondiale, come il Dott. Mikael Landén, psichiatra e ricercatore svedese, che ha contribuito alla stesura della revisione sistematica delle linee guida svedesi del 2021, o come la Dott.ssa Riittakerttu Kaltiala, prof.ssa di psichiatria dell’adolescenza all’Università di Tampere in Finlandia, ritenuta da molti il principale esperto finlandese di medicina di genere pediatrica. Secondo costoro, le prove alla base del trattamento previsto dal “protocollo olandese” sono molto deboli e ciò potrebbe arrecare gravi danni a bambini e giovani, i quali verrebbero sottoposti inutilmente a un programma di medicalizzazione a vita, con conseguenze spesso gravi e irreversibili.
ZEMBLA ha interrogato alcuni esperti di metodologia di ricerca, i quali hanno confermato l’esistenza di gravissime distorsioni nella metodologia utilizzata dal team della Dr.ssa de Vries nell’elaborazione dello studio dal quale ha preso vita il “protocollo olandese”.
La principale critica degli esperti consiste nel fatto che la ricerca non ha previsto l’utilizzo di un gruppo di controllo, in quanto tutti i bambini/giovani sono stati trattati con i bloccanti della pubertà, con gli ormoni e/o con la chirurgia, ricevendo contemporaneamente anche supporto psicologico, e reiterando nel tempo la concomitanza dei diversi trattamenti. Secondo il metodologo Gerard van Breukelen, questo ha reso impossibile comprendere quale dei vari trattamenti sia stato realmente efficace e non ha permesso di appurare se la disforia sarebbe comunque migliorata o scomparsa anche senza trattamenti. Altri tre esperti olandesi di metodologia di ricerca interpellati da ZEMBLA concordano con quanto sostenuto dal Prof. van Breukelen, e criticano inoltre le dimensioni ridotte del gruppo di pazienti oggetto di studio e l’elevato tasso di abbandono, nonché la sottovalutazione nel follow-up della morte di un adolescente in seguito a un intervento chirurgico.
Secondo l’eminente Prof. Mikael Landén, gli studi sulla disforia di genere giovanile sono di qualità talmente bassa che non verrebbero accettati come evidenza in nessun’altra area della medicina.
Egli sostiene che se si sottopongono le persone a cure mediche fortemente invasive per tutta la vita e persino ad interventi chirurgici, amputando parti sane del corpo, le prove degli effetti benefici di tali cure devono essere di massima evidenza e qualità. Questo non avviene nel caso del trattamento della disforia di genere.
Allo stesso modo, la Dott.ssa Riittakerttu Kaltiala, che per prima ha sperimentato il protocollo olandese in Finlandia, ritiene che la ricerca di De Vries non fornisca prove dell’efficacia dei trattamenti applicati e pertanto non possa costituire una base solida per eseguire interventi medici radicali e irreversibili.
Qui sotto il video della trasmissione con sottotitoli in inglese