Qui puoi leggere l’articolo di Marianna Rizzini, pubblicato il 17 maggio 2023 su Il Foglio e intitolato “Storia di una madre progressista che si interroga su tutti quegli step e sul possibile contagio sociale”.
Riportiamo alcuni stralci dall’articolo, che cita la nostra associazione.
“Il percorso medicalizzato nel pubblico, oltre che al Careggi di Firenze, al Niguarda di Milano, al Saifip di Roma e al San Martino di Genova, dove si segue il protocollo della Wpath, è possibile a Pisa, Palermo, Torino e Trieste e in altri centri anche privati censiti nel 2018 dalla Sicpre, Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica. Quanto agli accessi, se nel 2018 i teenager che avevano fatto ingresso per esempio al Saifip erano stati 20, nel 2022 sono stati 114, con una prevalenza di adolescenti “assegnate femmine alla nascita” (68 per cento contro il 32 di “assegnati maschi alla nascita”).
“Il percorso, secondo i protocolli Wpath e Onig (Osservatorio Nazionale sull’Identità di Genere), inizia con lo step della valutazione-osservazione psicologica. Non una psicoterapia, ma una serie di colloqui a cadenza mensile, al termine dei quali viene stilata una relazione, anche necessaria per il cambio documenti, per i quali si deve comunque passare dal tribunale di residenza. E se per gli adolescenti, come si è visto, il primo step medico è quello con i farmaci bloccanti, protratto per un massimo di quattro anni, per i giovani non adolescenti la cura ormonale, per alcuni aspetti irreversibile nelle conseguenze fisiche, può sfociare nel “real life test”… Terzo e ultimo step, la chirurgia demolitiva-ricostruttiva dell’organo sessuale, secondo varie tecniche”.
“L’Agedo, associazione di genitori, parenti e amici di persone omosessuali, bisessuali e transgender, offre supporto a chi è convinto di accompagnare il figlio lungo questa strada. I genitori dell’associazione GenerAzioneD, invece, intervistati in marzo da Monica Sargentini sul Corriere della Sera, si sono detti preoccupati per “l’approccio affermativo nei centri per la disforia di genere. Lo scopo è accompagnare il ragazzo o la ragazza nella transizione all’altro sesso. Sei colloqui e ti danno i bloccanti. Nessuno si domanda perché all’improvviso è successa una cosa del genere”.
(grassetto inserito da noi)