Giovedì 23 novembre 2023, sul settimanale Grazia, è stato pubblicato un articolo intitolato “La nuova vita dei nostri ragazzi” che parla dei giovani che affrontano un disagio con il proprio genere, e nel quale sono riportati alcuni spaccati delle storie che diversi genitori della nostra associazione hanno portato all’attenzione della giornalista Alessandra De Vita.
Avevamo contattato Alessandra De Vita dopo esserci imbattuti in un articolo a sua firma, pubblicato sul settimanale Grazia, e intitolato “Mamma, papà sono transessuale”. Il tono normalizzante con il quale la tematica della disforia di genere veniva affrontata in quel pezzo ci aveva fatto sentire il bisogno di replicare con i nostri pensieri di genitori di ragazzi che a un certo punto della loro crescita si sono dichiarati trans o non binari.
Così abbiamo scritto una lettera alla giornalista e alla redazione di Grazia, presentandoci e facendo presente quanto visto accadere negli ultimi anni nelle nostre famiglie.
Molti adolescenti, soprattutto ragazze, esprimono un profondo disagio per il proprio corpo e per il proprio genere, in contesti di difficili relazioni con i pari, sindromi depressive o anche più semplicemente faticose dinamiche di crescita. L’attuale contesto culturale, con il suo sussurrare e vociare “affermante”, rappresenta il reale pericolo che abbiamo sperimentato nelle nostre famiglie.
Si crede che le crisi identitarie siano raccolte, valutate e portate a soluzione da medici e psicoterapeuti che, con sempre maggiori diffusione, affrontano tali problematiche con competenze specialistiche. Purtroppo, nella realtà dei fatti, l’approccio affermativo adottato nei servizi sanitari rappresenta una sostanziale spinta nell’affermare la percezione dei ragazzi, in alcuni casi (quelli su cui possiamo testimoniare) senza consultare famiglia e neanche i medici curanti dei diretti interessati.
L’approccio affermativo comporta cure ormonali a vita, se non interventi chirurgici di affermazione di genere, quali mastectomia bilaterale, vaginoplastica, falloplastica. Ma l’opportunità di ricorrere a questi interventi di medicalizzazione in età pediatrica o adolescenziale è particolarmente incerta se si tiene conto del fatto (supportato da evidenze scientifiche e da quanto avveniva fino a pochissimi anni fa, quando non si interveniva affermando la disforia di genere) che la maggior parte dei ragazzi che non vengono prematuramente inseriti nei processi affermativi torna a riconoscersi nella proprio sesso natale durante o dopo l’adolescenza.
Abbiamo quindi chiesto alla redazione di Grazia di ampliare e approfondire la tematica, a partire dalla concretezza delle nostre esperienze con i nostri figli, per poi verificare il fenomeno crescente dei detransitioners, persone – generalmente molto giovani – che non hanno ottenuto con la transizione i benefici auspicati e hanno quindi deciso tornare indietro con grandi costi e sofferenze.
Dopo una lunga intervista con alcune delle famiglie di GenerAzioneD, Grazia ha pubblicato un articolo che dà voce a un punto di vista indispensabile e prezioso per parlare di disforia di genere e transizione: quello delle famiglie che nella fatica quotidiana della disforia di genere ci vivono, al fianco dei loro figli lottando per la loro serenità. E che non si accontentano di un sistema che in sei sedute di psicoterapia permette a dei ragazzini – che spesso sono in condizioni di sofferenza dovuta ad altre problematiche – di fare scelte che avranno un impatto in gran parte irreversibile sulla loro futura identità, salute, fertilità, funzionalità sessuale, ecc., ad un’età in cui la legge non gli permette di guidare, bere alcolici, decidere di farsi un tatuaggio e nemmeno votare.
Leggi la testimonianza completa di S. e L.
Leggi la testimonianza completa di N.
L’articolo “La nuova vita dei nostri ragazzi” è pubblicato sul numero di GRAZIA del 23 novembre 2023, pag. 61 e 62