Di cosa ho paura

Sono la mamma di una ragazzina che si definisce trans.
Non mi piace nascondermi, ma sono costretta all’anonimato perché il mio primo dovere è quello di tutelare e rispettare l’identità, la libertà e la privacy di mia figlia.

La osservo e mi sembra che sia entrata a far parte di un nuovo club, la cui divisa prevede vestiti XL, per lo più neri, scarpe da ginnastica di 2 numeri più grandi e corpetti contenitivi che a mala pena permettono di respirare. Un travestimento che la costringe a movimenti e posture innaturali e a usare toni di voce profondi e modi di parlare grezzi. Non le lascia nemmeno fare il bagno d’estate o ridere e schiamazzare felice con le sue amiche, come faceva fino a poco tempo fa.

Alcune delle nostre figlie – ma succede anche ai ragazzi-, a un certo punto, sono state indotte a pensare che le loro difficoltà, le loro tristezze, le loro stranezze, o semplicemente il loro disagio per l’arrivo dell’adolescenza fossero chiari segnali del loro essere trans. Da quando si sono tagliate i capelli e si fanno chiamare dagli amici con un nome maschile credono davvero di essere maschi. Questo è il loro problema.

I vostri figli, loro amici e compagni, sono stati indotti a riconoscerle come tali, utilizzando i pronomi maschili come richiesto, nonostante sappiano distinguere i maschi dalle femmine fin dal primo anno di asilo: anche questo è il problema.
Perché lo stesso vale per insegnanti, psicologi, medici e in generale gran parte della nostra società.

Ma cosa succede se la realtà invece di farti da specchio, si adatta alla tua fantasia e alle tue illusioni? Ci cadi dentro, senza rete di sicurezza.

Le nostre figlie a un certo punto hanno spostato l’attenzione dalla difficoltà del crescere e scoprire loro stesse, all’obiettivo di essere o di essere percepite dalla società come maschi.

Ma maschi non potranno diventarlo mai, in assenza di una bacchetta magica. A volte a noi mamme piacerebbe averla per far felici i nostri figli, ma ogni cellula del loro corpo è, e rimarrà, femmina.
Questa però non è la verità di internet e dei social network, dove perfino i medici, nei loro profili di TikTok, si dichiarano pronti ad esaudire i desideri di cambio sesso.

Quali sono i sogni delle nostre figlie e di tutte le ragazzine trans? Per cominciare “T” e “top surgery”. Ovvero iniezioni di testosterone a vita e mastectomia bilaterale. Insomma ormoni dai comprovati effetti collaterali e amputazione di parti sane. Il tutto da decidersi in adolescenza.

C’è sempre un grande rischio nel dare a un singolo grande obiettivo la responsabilità della propria felicità, figuriamoci quando si tratta di un miraggio che porta gravi e irreversibili conseguenze per la salute.

Oggi voglio dirvi cos’è che mi spaventa.
E non è il giudizio degli altri, su mia figlia o su di me come madre, o il timore di deludere amici e parenti, o perdere l’amicizia di qualcuno. Non è nemmeno la prospettiva che mia figlia non trovi lavoro, che venga emarginata, o di non avere in futuro dei nipotini, come azzarda qualcuno.

Ecco di cosa ho paura.

Ho paura che mia figlia svenga sull’autobus perché indossa il binder da troppe ore.
Ho paura che il pediatra mi riparli di bloccanti della pubertà, magari davanti a lei.
Ho paura che se domani vorrà tornare sui suoi passi si sentirà morire di vergogna, e non avrà il coraggio di farlo.
Ho paura che investa tutte le sue energie nella costruzione di un falso sé.
Ho paura che passi una legge che mi impedisca di chiamare mia figlia col suo nome. Ho paura che a scuola i prof la chiamino al maschile alle mie spalle.
Ho paura che mi chieda di andare in una clinica di genere per iniziare gli ormoni, ho paura che ci vada da sola quando avrà 18 anni.
Ho paura che i medici non vedano oltre la sua disforia di genere, e non si occupino delle problematiche psicologiche di cui soffre.
Ho paura che gli ormoni la facciano stare peggio.
Ho paura che voglia farsi rimuovere i seni.
Ho paura del suo dolore e ancora di più ho paura del piacere al quale avrà rinunciato per sempre, ancor prima di averlo potuto provare.
Ho paura che se un giorno avrà un neonato tra le braccia scoprirà un tumulto potente in un seno ormai fantasma che vorrebbe poter nutrire.
Ho paura che debba ricorrere all’isterectomia prima di aver avuto una relazione, un amore.
Ho paura che vorrà dei figli, quando non potrà più averne.
Alla falloplastica e alle sue conseguenze non posso nemmeno pensare.

Ho paura che ogni traguardo non sarà mai abbastanza per sentirsi davvero maschio e che a un certo punto si accorga che non era mai stato quello il problema. Come sta accadendo a migliaia di ragazzi negli ultimi anni.

Per alcuni ragazzi che oggi si riconoscono come trans “avere tutto” potrebbe equivalere a rinunciare a troppo: a un corpo sano e integro, alla funzionalità sessuale, alla possibilità di procreare.
Una tale sofferenza, un così grande sacrificio e in fin dei conti non essere nemmeno felici?

Ho paura che quando saranno passate la luna di miele e l’”euforia di genere”, quando i dubbi, i dolori e l’infelicità faranno capolino, la comunità che ha fatto il tifo per la sua transizione la butterà via come come una ciambella senza buco. La comunità trans la scomunicherà, i medici che l’hanno operata non l’assisteranno, per non fare i conti con il proprio fallimento e la propria coscienza.
Ho paura che allora le rimarrò praticamente solo io, la sua mamma. E naturalmente ho paura che non le basterà.

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