Cambiamenti di approccio alla disforia di genere: Finlandia 2024
L’approccio alla disforia di genere sta cambiando in tutto il mondo e anche nei paesi precursori della teoria affermativa, come la Finlandia, la situazione è in rapido mutamento. Pur riconoscendo il diritto all’autodeterminazione, il paese nord-europeo raccomanda di ridurre al minimo il ricorso ai trattamenti medici, privilegiando l’approccio esplorativo e l’assistenza psicologica e psicoterapeutica.
La Finlandia nel 2020 ha rivisto le proprie linee guida, alla luce degli ultimi studi che dimostrano la mancata correlazione fra terapia ormonale e presunti benefici psicologici.
Le recenti dichiarazioni rilasciate dall’eminente psichiatra finlandese Kaltiala, per molti anni a capo dell’Unità nazionale di ricerca e trattamento psichiatrico per minori, hanno reso pubbliche ed evidenti le indubbie criticità insite nel modello affermativo e sottolineato come le significative comorbilità, che affliggono le persone che soffrono di disforia di genere, debbano essere affrontate prima di qualsiasi percorso di transizione.
Gli ultimi studi finlandesi, infine, smentiscono l’esistenza di qualsiasi correlazione fra tassi di suicidio e disforia di genere.
Al fine di rappresentare nel modo più trasparente possibile la situazione finlandese, si provvede di seguito a dare ampio spazio ai virgolettati desunti dai documenti ufficiali delle autorità sanitarie finlandesi, nonché alle dichiarazioni della Dr.ssa Kaltiala e agli stralci estratti dagli studi finlandesi pubblicati in materia, evitando filtri interpretativi di sorta.
Diritto all’autodeterminazione e politica sanitaria
Dal 2023 la Finlandia è uno degli otto paesi europei[1] che riconoscono l’autodeterminazione di genere, concedendo alle persone maggiorenni trans di cambiare il sesso registrato all’anagrafe con una semplice auto-dichiarazione e senza bisogno di interventi chirurgici.
Questa marcata attenzione ai diritti delle persone è da sempre insita nelle politiche socio-sanitarie dei paesi nord-europei, le quali sono tese a garantire che le persone transgender possano palesare liberamente la loro identità percepita. Tale apertura non ha però impedito l’avvio di un dibattito pubblico su alcune questioni etiche e cliniche, come l’età minima per l’accesso ai trattamenti medici o la necessità di alcuni interventi farmacologici, con particolare riguardo alla posizione dei minori. All’interno di tale dibattito il sistema sanitario finlandese è alla perenne ricerca di bilanciare l’accesso a cure mediche adeguate con la necessità di implementare costantemente linee guida basate sull’evidenza scientifica.
La Finlandia sostanzialmente segue un duplice percorso, da un lato concedendo spazio alla formale auto-determinazione di genere dei maggiorenni, e dall’altro limitando al massimo i trattamenti medici non necessari e invasivi, con una crescente cautela nei confronti dei minori.
L’esperienza della Dr.ssa Riittakerttu Kaltiala
Nel marzo 2024, all’apertura della Settimana dei medici di Tampere, la Dr.ssa Riittakerttu Kaltiala, primario di psichiatria giovanile, ricercatrice e professoressa universitaria con quasi 250 pubblicazioni internazionali, è stata insignita del prestigioso premio Pikkutikka dell’arcidottore Risto Pelkonen[2], per aver dato un contributo significativo a livello regionale, nazionale e internazionale al miglioramento della salute mentale e della cura per i giovani in posizione vulnerabile.
La Dr.ssa Kaltiala lavora come medico a capo dell’unità nazionale di ricerca e trattamento psichiatrico per minori particolarmente difficili da curare (unità EVA), presso l’Ospedale universitario di Tampere sin dal 2002. Nel 2011 ricevette l’incarico di supervisionare l’istituzione di un servizio per avviare alla transizione sociale e medica i bambini e gli adolescenti che manifestavano disforia di genere.
Nel corso della sua esperienza a capo dell’unità EVA, la Dr.ssa Kaltiala ha avuto modo di rilevare le numerose incongruenze dell’approccio affermativo alla disforia di genere[3]. Fin da subito ha avuto modo di osservare che la popolazione dei ragazzi disforici che le si presentavano di fronte non era quella studiata nelle cliniche di Amsterdam.
Inizialmente, infatti, la coorte del cosiddetto protocollo olandese era composta quasi totalmente da maschi, psicologicamente sani, che fin dai primi anni di vita avevano manifestato segnali di incongruenza di genere[4].
La platea dei pazienti finlandesi osservata dalla Kaltiala a partire dal 2011 era invece completamente differente, consistendo nel 90% in femmine adolescenti dai 15 ai 17 anni che manifestavano gravi problemi psichiatrici. Una parte di loro rientrava nello spettro autistico[5].
“Quando il servizio è stato avviato nel 2011, ci sono state molte sorprese. In tutto il mondo occidentale il numero di bambini con disforia di genere è salito alle stelle. Ma quelli che sono venuti non erano per niente come quelli descritti dagli olandesi. Ci aspettavamo un piccolo numero di ragazzi che avevano dichiarato con insistenza di essere ragazze. Invece, il 90 percento dei nostri pazienti erano ragazze, principalmente di età compresa tra 15 e 17 anni, e invece di essere ad alto funzionamento, la stragrande maggioranza presentava gravi condizioni psichiatriche…[6] Soffrivano di depressione e ansia, alcuni avevano disturbi alimentari, molti si erano auto-lesionati, alcuni avevano avuto episodi psicotici. Molti, molti, erano nello spettro autistico. Sorprendentemente, pochi avevano espresso una disforia di genere fino al loro improvviso annuncio durante l’adolescenza[7]”.
Le istruzioni provenienti dal modello affermativo erano di trattare tale nuova platea allo stesso modo di quella differente studiata in Olanda[8].
In tal modo si iniziò ad intervenire su corpi sani e funzionanti, esclusivamente in base alle percezioni mutevoli dell’adolescente, con la promessa che tutti i problemi di salute mentale concomitanti sarebbero scomparsi dopo l’affermazione di genere. Dopo aver riscontrato che l’esperienza finlandese replicava quanto stava accadendo anche negli altri paesi europei[9], la Dr.ssa Kaltiala ha anche osservato che tali giovani sofferenti, contrariamente a quanto descritto negli studi olandesi, peggioravano dopo i trattamenti affermativi, anziché migliorare.
“Poco dopo che il nostro ospedale ha iniziato a offrire interventi ormonali a questi pazienti, abbiamo iniziato a vedere che il miracolo che ci era stato promesso non si stava verificando. Ciò che stavamo vedendo era esattamente l’opposto. I giovani che curavamo non prosperavano. Al contrario, le loro vite si stavano deteriorando. Ci siamo chiesti: che cosa è questo? Perché non c’era traccia negli studi che ciò potesse accadere[10]”.
Con il trascorrere del tempo la Dr.ssa Kaltiala ha iniziato ad osservare l’arrivo di un ulteriore nuovo gruppo di ragazze adolescenti che iniziava a richiedere la transizione con numeri importanti: molte provenivano dalle stesse città o scuole e raccontavano tutte le medesime storie. Era la prova dell’esistenza di un contagio sociale[11].
Nonostante tali evidenze la gran parte dei medici rimaneva in silenzio[12], per il timore di essere presi di mira dagli attivisti, con ripercussioni sulla propria carriera.
“Ho capito questo silenzio. Chiunque, compresi medici, ricercatori, accademici e scrittori, abbia sollevato preoccupazioni sul crescente potere degli attivisti di genere e sugli effetti della transizione medica dei giovani, è stato sottoposto a campagne organizzate di diffamazione e minacce alla propria carriera[13]”.
Nel frattempo, infatti, in tutto il mondo era divenuta sempre più incisiva la pressione mediatica a favore della transizione, con una spinta enorme proveniente dagli Stati Uniti, dove erano sorte in breve tempo oltre cento cliniche, alcune delle quali approvavano i trattamenti ormonali già alla prima visita[14].
Stava inoltre iniziando a comparire il fenomeno dei detransitioner, cioè coloro che si erano pentiti della transizione. Pazienti che, a detta della Dr.ssa Kaltiala, non dovrebbero esistere, se il protocollo affermativo funzionasse veramente.
“Più o meno nello stesso periodo, otto anni dopo l’apertura della clinica pediatrica di genere, alcuni pazienti precedenti hanno iniziato a tornare per dirci che ora si pentivano della loro transizione. Alcuni, chiamati “detransitioners”, desideravano tornare al loro sesso di nascita. Questi erano un altro tipo di paziente che non avrebbe dovuto esistere[15]”.
In Finlandia, proprio a seguito dei rilevi operati dalla Dr.ssa Kaltiala, le linee guida iniziarono a cambiare nel 2016, prevedendo approfondimenti e consulenze psichiatriche, prima di procedere con la valutazione della disforia di genere[16].
Le linee guida vennero ancora più affinate nel 2020, verso un approccio più cauto che tenesse conto dell’evidenza scientifica. Quest’ultima conferma che nell’80% dei casi la disforia di genere si risolve naturalmente durante l’attraversamento della fase puberale.
“Per la stragrande maggioranza dei bambini con disforia di genere, circa l’80 percento, la loro disforia si risolve da sola se vengono lasciati attraversare la pubertà naturale[17]”.
L’intervento ormonale, al contrario, rafforza la disforia. È per questo motivo e per la bassissima qualità delle prove a supporto dei benefici dei trattamenti ormonali[18] che la Dr.ssa Kaltiala qualifica come pratica disonesta e immorale, quella di ventilare ai genitori il rischio suicidio dei propri figli nel caso non procedano immediatamente con la medicalizzazione.
“È disonesto ed estremamente immorale fare pressione sui genitori affinché approvino la medicalizzazione di genere esagerando il rischio di suicidio[19]”.
Le criticità segnalate da tempo Dr.ssa Kaltiala sono ormai sotto gli occhi di tutti e sono state confermate anche da recenti revisioni autorevoli, come la Cass Review inglese[20]. Lentamente si sta avverando quanto affermato dalla Dr.ssa Kaltiala, prima di tutti: “Le fondamenta su cui si basava il protocollo olandese stanno crollando[21]”.
Le linee guida finlandesi
Nel giugno 2020 il COHERE (Council for Choices in Health Care in Finland) ha quindi aggiornato le linee guida sul trattamento della disforia di genere, emanando il documento denominato “Raccomandazioni del Consiglio per le scelte di Assistenza sanitaria in Finlandia[22]”, del quale si riportano di seguito i tratti essenziali.
- Transitorietà della disforia: “l’identificazione tra sessi nell’infanzia, anche in casi estremi, generalmente scompare durante la pubertà[23]”.
- Psicoterapia come prima linea di trattamento: “la prima linea di trattamento per la disforia di genere è il supporto psicosociale e, se necessario, la psicoterapia, nonché il trattamento di possibili disturbi psichiatrici concomitanti[24]”.
- Terapia esplorativa come intervento primario: “l’intervento di prima linea per la varianza di genere durante l’infanzia e l’adolescenza è quello del supporto psicosociale e, se necessario, di una terapia esplorativa di genere con trattamento per i disturbi psichiatrici in comorbidità[25]”.
- Nessuna chirurgia su minori: “non vengono eseguiti interventi chirurgici di conferma del genere sui minori[26]”.
- Effetti sconosciuti dei bloccanti della pubertà: “gli effetti della soppressione della pubertà e degli ormoni sessuali incrociati sulla fertilità non sono ancora noti[27]”.
- I bloccanti della pubertà alterano il corso dell’identità di genere: “la terapia ormonale (ad esempio, la soppressione puberale) altera il corso dell’identità di genere nello sviluppo; cioè, può consolidare un’identità di genere che altrimenti sarebbe successivamente cambiata in alcuni degli adolescenti trattati[28]”.
- Per i minori non esistono cure basate sull’evidenza: “i servizi sanitari devono basarsi su prove solide e riconosciute pratiche terapeutiche e operative[29]”; “per quanto riguarda i minori, non esistono cure mediche che possano essere considerate basate sull’evidenza[30]”.
- Gli interventi medici interferiscono con lo sviluppo naturale dell’adolescenza: “in un giovane i sentimenti personali non devono essere interpretati come la necessità immediata di fare visite mediche specialistiche o trattamenti. Nei casi di bambini e adolescenti, le questioni etiche riguardano il processo naturale dell’adolescenza, lo sviluppo dell’identità e la possibilità che gli interventi medici possano interferire con questo processo[31]”.
- Potenziali rischi della terapia ormonale: “i potenziali rischi della terapia con GnRH includono l’interruzione della mineralizzazione ossea e gli effetti ancora sconosciuti sul sistema nervoso centrale[32]”; “informazioni sui potenziali danni delle terapie ormonali si stanno accumulando lentamente e non vengono riportate sistematicamente[33]”.
- Affidabilità altamente incerta degli studi: “l’affidabilità degli studi esistenti senza gruppi di controllo è altamente incerta e, a causa di questa incertezza, non si dovrebbero prendere decisioni che possano alterare in modo permanente lo sviluppo mentale e fisico di un minore ancora in fase di maturazione [34]”.
- Effetti permanenti e avversi delle terapie: “importante assicurarsi che egli comprenda realisticamente il potenziale dei trattamenti di riassegnazione di genere che sono necessari per alterare le caratteristiche sessuali secondarie, comprendendo che si tratta di un impegno per tutta la vita alla terapia medica, che gli effetti sono permanenti e che ci saranno eventuali effetti avversi fisici e psichici a causa dei trattamenti[35]”.
- Incapacità decisoria dei giovani under 25: “Lo sviluppo del cervello continua fino alla prima età adulta, circa 25 anni, e questo influisce anche sulla capacità dei giovani di valutare le conseguenze delle loro decisioni sul proprio futuro per il resto della loro vita[36]”.
- Disturbi psichici possono causare la disforia: “negli adolescenti, i disturbi psichiatrici e le difficoltà di sviluppo possono predisporre un giovane all’insorgenza di disforia di genere[37]”.
- Disturbi dello spettro autistico sovrarappresentati: “i disturbi dello spettro autistico (ASD) sono sovra-rappresentati tra gli adolescenti che soffrono di disforia di genere[38]”.
- Danni per mancata ricerca delle comorbilità: “anche una mancanza di riconoscimento dei disturbi psichiatrici in comorbilità comuni tra gli adolescenti con disforia di genere può essere dannosa. Tenuto conto che la riduzione dei sintomi psichiatrici non può essere raggiunta con gli ormoni e gli interventi chirurgici, il disagio provato non è una giustificazione valida per il cambio di genere[39]”.
- Cura preliminare dei problemi psichiatrici: “Questi giovani dovrebbero ricevere cure per i loro problemi mentali e comportamentali, per i problemi di salute e per la loro salute mentale che deve essere stabile prima della determinazione della loro identità di genere[40]”.
- La riassegnazione di genere è una pratica sperimentale: “alla luce delle evidenze disponibili, la riassegnazione di genere dei minori è una pratica sperimentale[41]”.
- Rinvio degli interventi all’età adulta: “per i bambini e gli adolescenti, questi fattori sono motivi chiave per rinviare qualsiasi intervento fino all’età adulta[42]”.
- Nessun trattamento irreversibile sui giovani: “gli interventi ormonali possono essere presi in considerazione prima di raggiungere l’età adulta solo nei giovani con identità transgender saldamente stabilite, ma deve essere fatto con molta cautela, e non deve essere iniziato alcun trattamento irreversibile[43]”.
Gli ultimi studi finlandesi sulla disforia di genere
Nel 2024 nuovi studi finlandesi hanno contributo a scalfire la narrazione affermativa e a mettere pesantemente in discussione alcune informazioni, veicolate inopinatamente come certezze al fine di giustificare il ricorso alla transizione farmacologica e chirurgica.
Febbraio 2024 – Studio finlandese: non esiste correlazione fra disforia di genere e suicidio
Uno dei grandi limiti degli studi affermativi sul suicidio consiste nella loro debole struttura metodologica. Quasi sempre i dati di partenza sono di bassa qualità, in quanto le informazioni vengono acquisite tramite un sondaggio con domande predeterminate che, oltre a non considerare le persone decedute, impedisce una rilevazione accurata delle diverse situazioni. Inoltre, le conclusioni sono caratterizzate da una copiosa perdita di follow-up, non riuscendo a recuperare i feedback della popolazione dei desister e dei detransitioner, né a determinare se la riassegnazione medica di genere abbia un effetto positivo, negativo o neutro sui suicidi, visto che molto spesso il dato sulla suicidalità viene rilevato senza però indagare se il paziente abbia ricevuto o meno il trattamento.
Lo studio finlandese denominato “All-cause and suicide mortalities among adolescents and young adults who contacted specialised gender identity services in Finland in 1996–2019: A register study”[44] (2024) ha grande valore per l’accurata scelta del campione oggetto di studio. I ricercatori hanno osservato tutta la popolazione under 23 che nel periodo dal 1996 al 2019 è stata registrata nelle cliniche per l’identità di genere in Finlandia. La ricerca ha utilizzato sia i dati custoditi dal National Institute for Health and Welfare finlandese, che dal 1994 registra gli esiti delle visite sanitarie effettuate da tutti i cittadini finlandesi (con tanto di indicazione del luogo dell’evento e delle diagnosi primarie e secondarie), che i dati detenuti dall’Istituto Assicurativo finlandese (KELA), il quale conserva le informazioni relative all’acquisto di farmaci soggetti a prescrizione. Tale mole di dati è stata poi integrata con quella proveniente dalla Digital and Population Data Services Agency che detiene il registro delle cause di morte, ove sono indicati l’ora e il motivo del decesso.
In tal modo è stato possibile osservare la platea di coloro che si sono recati alle cliniche di genere, valutarne le comorbilità certificate e verificarne la causa di morte.
La ricerca è stata poi implementata con l’adozione di un gruppo di controllo molto numeroso, individuato tramite estrazione casuale dal Sistema Informativo sulla Popolazione e composto da quattro controlli maschili e quattro femminili per ogni singolo individuo transgender, abbinando i soggetti per età e comune di nascita.
Da quanto sopra è evidente che i punti di forza di questo studio sono rappresentati indubbiamente dall’ampio campione rappresentativo a livello nazionale, dal periodo di osservazione di tre decenni, dalla presenza di un gruppo di controllo significativo e soprattutto dall’assenza di perdite nel follow-up, in quanto l’iscrizione di questi dati nei rispettivi registri è obbligatoria per le autorità sanitarie e i cittadini non possono ometterli.
Sono quindi stati esaminati 2.083 individui di età inferiore ai 23 anni fra coloro che hanno richiesto valutazioni dell’identità di genere, con 16.643 controlli abbinati. L’età media degli individui al momento della richiesta di valutazione dell’identità di genere era di 18,5, con un’età media di 19 anni (range 8–22). Il tempo medio di follow-up è stato di 6,53 anni.
Le risultanze in merito alla presunta correlazione fra tasso di suicidio/suicidalità e disforia di genere non lasciano dubbi ad interpretazione alcuna.
- Rara la mortalità per suicidio nei giovani con disforia di genere: “La mortalità per suicidio tra i giovani che cercano la GR (Riassegnazione di genere, ndr) è rara[45]”.
- Il rischio suicidio è collegato alle morbilità psichiatriche, non alla disforia: “…il nuovo contributo di questo studio sta mostrando che la mortalità per suicidio si associa a maggiori difficoltà psichiatriche… Alla luce dei nostri risultati, sperimentare la disforia in modo così significativo da cercare la riassegnazione di genere sembra non essere associato a una maggiore mortalità per suicidio, ma i suicidi sembrano essere spiegati da morbilità psichiatriche…[46]”.
- La riassegnazione di genere non previene il suicidio: “Ancora più importante, quando si tiene conto delle richieste di trattamento psichiatrico, del sesso, dell’anno di nascita e delle differenze nei tempi di follow-up, la mortalità per suicidio sia di coloro che hanno proceduto che di coloro che non hanno proceduto al GR(riassegnazione di genere, ndr) non differiva in modo statisticamente significativo da quella dei controlli. Ciò non supporta le affermazioni secondo cui la GR è necessaria per prevenire il suicidio[47]”.
- La riassegnazione di genere non riduce nemmeno l’ideazione suicidaria: “Inoltre, non è stato dimostrato che la GR riduca nemmeno l’idea suicidaria. E l’idea suicidaria non è uguale al rischio di suicidio effettivo[48]”.
- Rischio di suicidio sovrastimato: “quando si considera la storia dei trattamenti psichiatrici, una GD (disforia di genere, ndr) sufficientemente significativa da comportare il contatto con servizi specializzati in identità di genere durante l’adolescenza, non sembra essere predittiva della mortalità per tutte le cause o per suicidio. In questa popolazione sono comuni anche le morbilità psichiatriche. Pertanto, il rischio di suicidio correlato all’identità transgender e/o alla GD di per sé potrebbe essere stato sovrastimato”[49].
In buona sostanza, lo studio dimostra che, quando si esplorano le comorbilità psichiatriche oltre alla disforia di genere, si nota come queste ultime rappresentino il fattore maggiormente incidente sul tasso di suicidio, mentre il ruolo dell’identità di genere nel fenomeno suicidario viene ricondotto a pura marginalità.
Agosto 2024 – Studio finlandese: il tasso di desistenza è in aumento
La narrazione affermativa, al fine di esaltare la validità dell’approccio medicalizzante, utilizza spesso l’affermazione che i tassi di pentimento o di desistenza fra coloro che effettuano la transizione medica siano bassissimi, ai limiti dell’irrilevanza.
Lo studio finlandese denominato “Discontinuing hormonal gender reassignment: a nationwide register study”[50] (2024), basato sui medesimi dati di partenza del precedente studio (dal 1996 al 2019), riporta il follow-up di 1.359 pazienti, che hanno iniziato la terapia ormonale, rilevando che il 7,9% di loro ha interrotto il trattamento. Quasi la metà del campione che ha iniziato la terapia ormonale aveva meno di 23 anni e circa due terzi erano femmine.
Lo studio osserva inoltre quanto segue:
- Sta aumentando il rischio di detransizione: “Il rischio di interrompere la riassegnazione di genere (GR) medica prestabilita è aumentato parallelamente all’aumento del numero di pazienti che cercano e procedono alla GR medica[51]”.
- Più si abbassa l’età di accesso alle terapie mediche, più le decisioni terapeutiche sono a rischio di errore: “La soglia per iniziare la GR medica potrebbe essersi abbassata, con conseguente rischio maggiore di decisioni terapeutiche sbilanciate[52]”.
- La platea attuale è composta prevalentemente da femmine con problemi psichici[53]: “È già noto che i soggetti che attualmente cercano GR medica sono, a differenza di prima, prevalentemente femmine registrate alla nascita, che sono più giovani di prima e presentano più comorbilità psichiatriche rispetto a prima[54]”.
- I nuovi giovani disforici hanno un’identità instabile: “Queste osservazioni possono suggerire che una quota crescente di pazienti con disforia di genere in realtà non presenta un’identità raggiunta e consolidata[55]”.
- La transizione medica precoce è rischiosa: “La transizione medica precoce in termini di sviluppo dell’identità può aumentare il rischio di decisioni di trattamento sbilanciate e questo rischio sembra essere aumentato verso i giorni nostri, con la detransizione come passo successivo[56]”.
- L’influenza dei social media: “Una maggiore attenzione alle questioni di identità di genere e GR nei media e nei social media, nonché una difesa assertiva della GR medica possono svolgere un ruolo in questi sviluppi[57]”.
Conclusioni
Come si può notare il dibattito sul trattamento della disforia di genere in Finlandia è molto vivace e le linee guida sanitarie si sono evolute rispetto al primo approccio affermativo, classificando la riassegnazione di genere nei minori come una pratica sperimentale. Ad imprimere tale cambiamento ha contribuito anche la posizione, esplicitamente contraria all’affermazione di genere, assunta dalla rinomata psichiatra finlandese Riittakerttu Kaltiala. Alla luce della sua qualificata esperienza diretta nella gestione di numerosi casi di giovani con disforia di genere, la scienziata ha messo in discussione le pratiche mediche affermative, sottolineando la mancanza di solide evidenze scientifiche a supporto della transizione medica e invocando, per minori e giovani adulti, la necessità di adottare un approccio più cauto e integrato, focalizzato sul trattamento di eventuali comorbilità psichiatriche e sul ricorso alla terapia esplorativa come linea privilegiata di intervento. Gli ultimi studi finlandesi sulla disforia, inoltre, da un lato smentiscono l’invocata correlazione fra rischio suicidio e disforia di genere, dall’altro sottolineano i rischi di una precoce terapia medica che sta alimentando nella popolazione giovanile una preoccupante crescita dei tassi di pentimento e detransizione. Le autorità finlandesi e gli studi provenienti da tale area riconoscono l’esistenza di preoccupanti rischi connessi ai trattamenti farmacologici e rilevano nel rapido diffondersi dei casi la presenza di un contagio sociale talmente evidente da non poter essere negato.
L’esperienza finlandese non può essere ignorata da chiunque sia coinvolto nelle decisioni sanitarie che riguardano la vita dei sempre più numerosi giovani che sperimentano un disagio con il loro genere. In gioco ci sono la salute dei nostri ragazzi e il loro futuro.
[1] Oltre a Spagna, Danimarca, Irlanda, Belgio, Portogallo, Norvegia e Svizzera. A novembre entrerà in vigore in Germania.
[2] Per approfondimenti si veda: https://www.duodecim.fi/2024/03/20/arkkiatri-risto-pelkosen-pikkutikka-palkinto-myonnettiin-vaativan-nuorisopsykiatrian-osaajalle-ja-kehittajalle/
[3] L’intera testimonianza della Dr.ssa Kaltiala è rinvenibile al seguente link: https://www.thefp.com/p/gender-affirming-care-dangerous-finland-doctor
[4] “The patient population the Dutch doctors described was a small number of young people—almost all male—who, from their earliest years, insisted they were girls. The carefully selected patients, apart from their gender distress, were mentally healthy and high-functioning”.
[5] “We methodically went through the records of those who had been treated at the clinic its first two years, and we characterized how troubled they were—one of them was mute—and how much they differed from the Dutch patients. For example, more than a quarter of our patients were on the autism spectrum”.
[6] “As the service got underway starting in 2011, there were many surprises. Not only did the patients come, they came in droves. Around the Western world the numbers of gender-dysphoric children were skyrocketing. But the ones who came were nothing like what was described by the Dutch. We expected a small number of boys who had persistently declared they were girls. Instead, 90 percent of our patients were girls, mainly 15 to 17 years old, and instead of being high-functioning, the vast majority presented with severe psychiatric conditions”.
[7] “They had depression and anxiety, some had eating disorders, many engaged in self-harm, a few had experienced psychotic episodes. Many—many—were on the autism spectrum. Remarkably, few had expressed any gender dysphoria until their sudden announcement of it in adolescence”.
[8] “We were being told to intervene in healthy, functioning bodies simply on the basis of a young person’s shifting feelings about gender”.
[9] “Così ho iniziato a parlare delle nostre osservazioni con una rete di professionisti in Europa. Ho scoperto che tutti avevano a che fare con un carico di lavoro simile di ragazze con molteplici problemi psichiatrici[9]”
[10] “Soon after our hospital began offering hormonal interventions for these patients, we began to see that the miracle we had been promised was not happening. What we were seeing was just the opposite. The young people we were treating were not thriving. Instead, their lives were deteriorating. We thought, what is this? Because there wasn’t a hint in studies that this could happen”.
[11] “Around 2015, in addition to the very psychiatrically ill patients, a new set of patients started arriving at our clinic. We began to see groups of teenage girls, also usually from 15 to 17 years of age from the same small towns, or even the same schools, telling the same life stories and the same anecdotes about their childhoods, including their sudden realization that they were transgender—despite no prior history of dysphoria. We realized they were networking and exchanging information about how to talk to us. And so, we got our first experience of social contagion–linked gender dysphoria”.
[12] “But no one was saying anything publicly. There was a feeling of pressure to provide what was supposed to be a wonderful new treatment”.
[13] “I understood this silence. Anyone, including physicians, researchers, academics, and writers, who raised concerns about the growing power of gender activists, and about the effects of medically transitioning young people, were subjected to organized campaigns of vilification and threats to their careers”.
[14] “In the U.S., your first pediatric gender clinic opened in Boston in 2007. Fifteen years later there were more than 100 such clinics. As the U.S. protocols developed, fewer limitations were put on transition. A Reuters investigation found that some U.S. clinics approved hormone treatments at a minor’s first visit”.
[15] “Around this same time, eight years into the opening of the pediatric gender clinic, some previous patients started coming back to tell us they now regretted their transition. Some—called “detransitioners”—wished to return to their birth sex. These were another kind of patient who wasn’t supposed to exist”.
[16] “In 2016, because of several years of growing concern about the harms of transition on vulnerable young patients, Finland’s two pediatric gender services changed their protocols. Now, if young people had other, more urgent problems than gender dysphoria that needed to be addressed, we promptly referred those patients for more appropriate treatment, such as psychiatric counseling, rather than continuing their gender identity assessment”.
[17] “That is, for the overwhelming majority of gender dysphoric children—around 80 percent—their dysphoria resolves itself if they are left to go through natural puberty”.
[18] “Every systematic review of evidence to date, including one published in the Journal of the Endocrine Society, has found the evidence for mental health benefits of hormonal interventions for minors to be of low or very low certainty”.
[19] “I am also disturbed by how gender clinicians routinely warn American parents that there is an enormously elevated risk of suicide if they stand in the way of their child’s transition. Any young person’s death is a tragedy, but careful research shows that suicide is very rare. It is dishonest and extremely unethical to pressure parents into approving gender medicalization by exaggerating the risk of suicide”.
[20] Per approfondimenti sulla Cass Review si veda: https://www.generazioned.org/cass-review-il-report-finale-sul-trattamento-della-disforia-di-genere/
[21] “But the foundation on which the Dutch protocol was based is crumbling”.
[22] “Recommendation of the Council for Choices in Health Care in Finland” reperibile in formato PDf al seguente link: https://segm.org/sites/default/files/Finnish_Guidelines_2020_Minors_Unofficial%20Translation.pdf.
Per la versione in lingua finlandese si veda: https://palveluvalikoima.fi/documents/1237350/22895008/Alaik%C3%A4iset_suositus.pdf/c987a74c-dfac-d82f-2142-684f8ddead64/Alaik%C3%A4iset_suositus.pdf?t=1592317701000
[23] “Cross-sex identification in childhood, even in extreme cases, generally disappears during puberty” (punto 4, pagina 5 del documento).
[24] “The first-line treatment for gender dysphoria is psychosocial support and, as necessary, psychotherapy and treatment of possible comorbid psychiatric disorders” (punto 4, pagina 5 del documento).
[25] “The first-line intervention for gender variance during childhood and adolescent years is psychosocial support and, as necessary, gender-explorative therapy and treatment for comorbid psychiatric disorders” (punto 7, pagina 8 del documento).
[26] “No gender confirmation surgeries are performed on minors” (punto 4, pagina 5 del documento).
[27] “The effect of pubertal suppression and cross-sex hormones on fertility is not yet known” (punto 5, pagina 6 del documento).
[28] “It has been suggested that hormone therapy (e.g., pubertal suppression) alters the course of gender identity development; i.e., it may consolidate a gender identity that would have otherwise changed in some of the treated adolescents” (punto 6, pagina 7 del documento).
[29] “According to the Health Care Act (section 8), healthcare services must be based on evidence and recognized treatment and operational practices” (punto 6, pagina 6 del documento).
[30] “As far as minors are concerned, there are no medical treatment that can be considered evidence-based” (punto 6, pagina 6 del documento).
[31] “A young person’s feelings should not be interpreted as immediately requiring specialized medical examinations or treatments. In cases of children and adolescents, ethical issues are concerned with the natural process of adolescent identity development, and the possibility that medical interventions may interfere with this process” (punto 6, pagina 7 del documento).
[32] “Potential risks of GnRH therapy include disruption in bone mineralization and the as yet unknown effects on the central nervous system” (punto 5, pagina 6 del documento).
[33] “Information about the potential harms of hormone therapies is accumulating slowly and is not systematically reported” (punto 7, pagina 8 del documento).
[34] “The reliability of the existing studies with no control groups is highly uncertain, and because of this uncertainty, no decisions should be made that can permanently alter a still-maturing minor’s mental and physical development” (punto 6, pagina 7 del documento).
[35] “In a situation where a minor’s identification with the opposite sex causes longterm and severe dysphoria, it is important to make sure that he/she understands the realistic potential of gender reassignment treatments to alter secondary sex characteristics, the reality of a lifelong commitment to medical therapy, the permanence of the effects, and the possible physical and mental adverse effects of the treatments” (punto 6, pagina 7 del documento).
[36] “Brain development continues until early adulthood – about age 25, which also affects young people’s ability to assess the consequences of their decisions on their own future selves for rest of their lives” (punto 6, pagina 7 del documento).
[37] “In adolescents, psychiatric disorders and developmental difficulties may predispose a young person to the onset of gender dysphoria” (punto 7, pagina 8 del documento).
[38] “Clinical experience reveals that autistic spectrum disorders (ASD) are overrepresented among adolescents suffering from gender dysphoria” (punto 7, pagina 8 del documento).
[39] “A lack of recognition of comorbid psychiatric disorders common among gender-dysphoric adolescents can also be detrimental.Since reduction of psychiatric symptoms cannot be achieved with hormonal and surgical interventions, it is not a valid justification for gender reassignment” (punto 6, pagina 7 del documento).
[40] “These young people should receive treatment for their mental and behavioral health issues, and their mental health must be stable prior to the determination of their gender identity” (punto 7, pagina 8 del documento).
[41] “In light of available evidence, gender reassignment of minors is an experimental practice” (punto 7, pagina 8 del documento).
[42] “For children and adolescents, these factors are key reasons for postponing any interventions until adulthood” (punto 6, pagina 7 del documento).
[43] “Based on studies examining gender identity in minors, hormonal interventions may be considered before reaching adulthood in those with firmly established transgender identities, but it must be done with a great deal of caution, and no irreversible treatment should be initiated” (punto 7, pagina 8 del documento).
[44] Ruuska S. M., Tuisku K., Holttinen T., Kaltiala R. (2024). “All-cause and suicide mortalities among adolescents and young adults who contacted specialised gender identity services in Finland in 1996–2019: A register study”, in BMJ Mental Health, n. 27.
[45] “Nevertheless, suicide mortality among young people seeking GR is rare”.
[46] “…the novel contribution of this study is showing that suicide mortality associates with increased psychiatric needs… In light of our findings, experiencing GD significant enough to seek GR appears to not be associated with increased suicide mortality, but suicides appear to be explained by psychiatric morbidities”.
[47] “Most importantly, when psychiatric treatment needs, sex, birth year and differences in follow-up times were accounted for, the suicide mortality of both those who proceeded and did not proceed to GR did not statistically significantly differ from that of controls. This does not support the claims that GR is necessary in order to prevent suicide”.
[48] “GR has also not been shown to reduce even suicidal ideation, and suicidal ideation is not equal to actual suicide risk”.
[49] “When psychiatric treatment history is considered, GD significant enough to result in contact with specialised gender identity services during adolescence does not appear to be predictive of all-cause or suicide mortality. Psychiatric morbidities are also common in this population. Therefore, the risk of suicide related to transgender identity and/or GD per se may have been overestimated”.
[50] Kaltiala R., Helminen M., Holttinen T. (2024). “Discontinuing hormonal gender reassignment: a nationwide register study”, in BMC Psychiatry, n. 24.
[51] “The risk of discontinuing established medical GR has increased alongside the increase in the number of patients seeking and proceeding to medical GR”.
[52] “The threshold to initiate medical GR may have lowered, resulting in a greater risk of unbalanced treatment decisions”.
[53] Per approfondimenti sul disagio psichico delle giovani generazioni si suggerisce il recente libro “The Anxious Generation: How the Great Rewiring of Childhood is Causing an Epidemic of Mental Illness” dello psicologo sociale Jonathan Haidt.
[54] “It is already known that subjects currently seeking medical GR are, unlike earlier, predominantly birth-registered females, who are younger than before and present with more psychiatric comorbidities than before”.
[55] “These observations may suggest that an increasing share of GD patients actually do not present with achieved, consolidated identity”.
[56] “In particular, medical transition early in terms of identity development may increase the risk of unbalanced treatment decisions, and this risk appears to have increased towards the present day, with detransitioning as the next step”.
[57] “Greater attention to gender identity issues and GR in the media and social media as well as assertive advocacy for medical GR may play a role in these developments”.