L’ascesa e la caduta dell’industria del tabacco e l’industria della transizione di genere: un confronto

Traduzione dell’articolo di Maggie Rose sui sorprendenti parallelismi tra il fumo e la medicina di genere, pubblicato su Genspect.org il 12 febbraio 2025


Per quanto oggi possa sembrare incredibile, per gran parte del XX secolo il fumo non solo era ampiamente accettato, ma era anche attivamente promosso da professionisti del settore medico, celebrità e agenzie governative. Le aziende produttrici di tabacco investivano risorse in campagne di marketing che ne enfatizzavano i benefici, e i medici stessi erano protagonisti nelle pubblicità che promuovevano le diverse marche. Tuttavia, quando le ricerche che mettevano in luce i pericoli del fumo divennero inconfutabili, la percezione del pubblico cambiò, portando a un drastico calo dei tassi di fumatori e a una stigmatizzazione dell’industria del tabacco. Oggi assistiamo a una traiettoria sorprendentemente simile nella promozione delle procedure di transizione di genere, poiché i professionisti del settore medico, le aziende farmaceutiche e le organizzazioni di sostegno spingono aggressivamente interventi le cui conseguenze a lungo termine non sono ancora state completamente comprese.

Promozione medica del fumo

All’inizio del XX secolo, il fumo non andava solamente di moda, ma era anche sostenuto dalla comunità medica. Le aziende produttrici di tabacco hanno tratto profitto da questa credibilità, lanciando pubblicità con medici che rassicuravano il pubblico sul fatto che fumare fosse sicuro e persino benefico. Alcune marche arrivarono persino ad affermare che le loro sigarette erano “testate dai medici” e addirittura raccomandate per l’irritazione della gola. Negli anni ’30 e ’40, marche come la Camel sbandieravano slogan come “Camel, la sigaretta più fumata dai dottori”, basati su discutibili sondaggi tra professionisti medici.

Forse le affermazioni più scioccanti erano quelle secondo cui il fumo poteva curare alcune patologie respiratorie, compresa l’asma. Le pubblicità suggerivano che le sigarette al mentolo potevano sfiammare la gola e aiutare la respirazione, un’idea che oggi sembra assurda, dato il legame ben documentato tra il fumo e le malattie polmonari. Negli anni ’50 e ’60, quando i primi studi collegarono il fumo al cancro e ad altri problemi di salute, l’industria del tabacco continuò a mettere in dubbio la scienza, sottolineando il diritto alla scelta personale e bollando le preoccupazioni insorte come un’isteria ingiustificata.

E’ stato solo negli anni ’80 e ’90 che si è verificata una svolta contro “Big Tobacco”: i governi hanno introdotto normative stringenti, le campagne per la salute pubblica hanno reso noti i pericoli del fumo e le cause legali hanno fatto emergere come le aziende avessero consapevolmente ingannato i consumatori. Oggi il fumo è universalmente riconosciuto come un pericolo per la salute e il prestigio di cui godeva in passato si è tramutato in uno stigma.

L’ascesa dell’industria della transizione di genere

Un trend simile si osserva nell’ascesa dell’industria della transizione di genere. Proprio come in passato i medici promuovevano il fumo come rimedio salutare, oggi molti professionisti del settore medico raccomandano i trattamenti di transizione di genere, anche per i minori, senza comprendere appieno le conseguenze a lungo termine. La promozione diffusa di bloccanti della pubertà, ormoni cross-sessuali e interventi chirurgici è stata adottata dall’establishment medico, sotto la dicitura di “cure per l’affermazione di genere”.

Proprio come accadde per il marketing del tabacco, i medici e i professionisti della salute sono in prima linea nella promozione della transizione di genere, con il risultato di rafforzarne la credibilità presso il pubblico. Organizzazioni come l’American Academy of Pediatrics e la World Professional Association for Transgender Health (WPATH) sono a favore di interventi medici precoci, nonostante le crescenti preoccupazioni che riguardano la reversibilità, gli effetti a lungo termine e le implicazioni etiche. Gli studi che mettono in discussione l’efficacia e la sicurezza di questi trattamenti vengono spesso liquidati come transfobici, proprio come accadde alle prime critiche al tabacco, che vennero ignorate o ridicolizzate.

Inoltre, le aziende farmaceutiche, che traggono enormi profitti dalla dipendenza a vita da ormoni e interventi chirurgici, hanno un interesse diretto nel consolidare questo settore. Gli interessi economici somigliano a quelli delle grandi aziende produttrici di tabacco, che si arricchirono grazie alla dipendenza delle persone, e si assicurarono clienti a vita che non potevano più fare a meno loro prodotti. I rischi per la salute a lungo termine associati ai trattamenti di transizione di genere, tra cui l’infertilità, i problemi cardiovascolari e la perdita di densità ossea, vengono per lo più minimizzati, proprio come i rischi del fumo furono ignorati per decenni.

Il cambiamento culturale contro il fumo e i potenziali parallelismi con la transizione di genere

Il declino del fumo non avvenne solo in seguito alla rivelazione medica, ma fu il risultato anche di un cambiamento culturale. Man mano che sempre più persone diventavano consapevoli dei danni, la percezione pubblica cambiava e il fumo passò dall’essere considerato un’affascinante abitudine a un vizio pericoloso. Gli stessi meccanismi che avevano incentivato il fumo (la promozione mediatica, il sostegno dei medici e il lobbismo aziendale) alla fine crollarono sotto il peso di prove innegabili.

Un cambiamento simile sembra profilarsi per i trattamenti di transizione di genere. Diversi paesi europei, tra cui Svezia, Finlandia e Regno Unito, hanno già rinunciato a interventi medici aggressivi per i minori, riconoscendo che gli effetti a lungo termine non sono sufficientemente conosciuti. I detransitioner, ovvero persone che che rimpiangono di aver intrapreso la transizione di genere, si stanno facendo sentire sempre di più, condividendo le storie di come sono stati portati a decisioni che hanno cambiato per sempre la loro vita, senza che venisse fatta un’adeguata esplorazione dei fattori psicologici sottostanti.

Anche l’opinione pubblica sta iniziando a cambiare, mentre cresce lo scetticismo sulla sensatezza della medicalizzazione della disforia di genere, soprattutto nei bambini. Se gli attivisti e le organizzazioni transgender hanno ancora un’enorme influenza, si stannoperò formando alcune crepe nel consenso, proprio come accadde quando i primi informatori denunciarono le pratiche ingannevoli dell’industria del tabacco.

A giudicare dalla storia, l’approvazione medica e culturale dei trattamenti di transizione di genere dovrebbe seguire la medesima traiettoria del fumo. Così come l’industria del tabacco, un tempo glorificata, cadde poi in disgrazia, anche l’industria della transizione di genere si troverà a fare i conti con l’emergere di ulteriori prove sui rischi e sui rimpianti associati a questi interventi. Ciò che prima era considerato progressista e all’avanguardia diventerà un monito dall’eccessiva medicalizzazione e dall’avidità delle aziende.

In futuro, la società potrebbe guardare all’epoca attuale con la stessa incredulità che proviamo oggi nel vedere le pubblicità di sigarette fatte dai medici. L’ideologia di genere, proprio come il tabacco, potrebbe trasformarsi da norma universalmente accettata a prassi inaccettabile da un punto di vista sociale, vista con disappunto e incredulità dalle generazioni future. La domanda non è tanto se questo cambiamento avverrà, ma quanto tempo ci vorrà perché la verità prevalga.


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