Perché non si dovrebbero somministrare i bloccanti della pubertà ai bambini depressi

Traduzione della testimonianza di D. Delaney pubblicata da Genspect in data 11 giugno 2024


Quando ho sentito parlare di “bloccanti della pubertà” somministrati a bambini sani sono rimasta esterrefatta. La mia esperienza con i bloccanti ormonali era stata devastante.

“Ma certo!” aveva esclamato il mio oncologo, illuminandosi per aver risolto l’enigma, “certo che potrebbe causare dei noduli al seno!”

Mi era stato prescritto un bloccante ormonale per trattare un altro problema e mi aveva causato un cancro. Nell’ambito del trattamento di quel cancro mi era stato somministrato un analogo del GnRH chiamato Leuprolide acetato, commercializzato come Prostrap.  Mi ci sono voluti diversi anni per capire che anche a me erano stati prescritti i cosiddetti “bloccanti della pubertà”.

Sei anni dopo, guardando il filmato della conferenza di Genspect a Killarney, ho ascoltato la testimonianza di Jet, una detransitioner a cui erano stati somministrati i bloccanti della pubertà a 16 anni. Ha descritto uno stato che conoscevo molto bene:

“Mentre assumevo i bloccanti della pubertà ho conosciuto una ragazza lesbica e sentivo che mi piaceva ma… non provavo alcun desiderio sessuale per lei. Non avevo voglia di baciarla. Non provavo attrazione sessuale perché ero in terapia con i bloccanti… Ero certa di essere innamorata di questa ragazza, ma non provavo attrazione sessuale per lei”.

Conoscevo quella sensazione. Mentre assumevo il Leuprolide acetato (anche denominato leuprorelina) ho sperimentato una perdita completa della libido, sia nel senso della sessualità vera e propria, ma anche nel senso più ampio che gli attribuiscono gli psicanalisti: la gioia del corpo, l’appetito per la vita stessa. Nell’adolescenza ho avuto un episodio di depressione clinica. Questa condizione era simile, eppure diversa. Non c’era ansia, ma mancava il piacere in ogni cosa. Ogni cosa aveva perso colore. Ero disinteressata a tutto.  Quando ho smesso di prendere la leuprorelina la depressione è scomparsa.

I “bloccanti della pubertà” fanno parte di una classe di farmaci chiamati analoghi del GnRH, ormoni di rilascio delle gonadotropine. Le gonadotropine sono ormoni che stimolano la produzione di ormoni follicolari e luteinizzanti, a loro volta collegati alla produzione di androgeni ed estrogeni. Gli analoghi del GnRH funzionano perché la molecola è così simile agli ormoni presenti in natura che, quando viene introdotta nell’organismo, esso si inganna perché pensa di averne a sufficienza e smette di produrli; viene così inibita una catena di processi che portano alla produzione di ormoni.

Questi farmaci vengono prescritti per curare il cancro alla prostata, il cancro al seno e l’endometriosi, per ridurre le dimensioni dei fibromi, per “l’ipersessualità maschile con gravi deviazioni sessuali”, per mettere a riposo le ovaie prima di stimolarle nuovamente per un trattamento di fertilità e per la pubertà precoce, cioè per i bambini piccoli con un disturbo dello sviluppo che li fa entrare nella pubertà troppo presto. C’è della magia nel dare un nome alle cose. Quando una ricercatrice olandese sentì il termine “bloccante della pubertà” pensò che era proprio quello che stavano cercando per aiutare i bambini con problemi di genere.

La leuprorelina smorza la risposta emotiva e impedisce al corpo di funzionare correttamente. Ma a parte l’impatto deleterio sullo sviluppo fisiologico, gli effetti noti del farmaco avrebbero un impatto devastante sullo sviluppo di un individuo nell’infanzia e nell’adolescenza.

L’infermiera che mi iniettava il farmaco ogni mese era chiaramente a disagio. Gli analoghi del GnRH sono noti per causare depressione, ma questa classe di farmaci ha un impatto brutale anche sull’organismo: provoca dolori articolari, demineralizzazione ossea, perdita della funzione sessuale, atrofia testicolare negli uomini, secchezza vaginale, dolore pelvico e dolore nei rapporti sessuali per le donne. Negli uomini provoca disfunzioni sessuali e può causare l’ostruzione dell’uretra. Mette a dura prova il fegato e provoca vampate di calore, sudorazione eccessiva, ritenzione idrica, sbalzi d’umore, insonnia e ansia.

Ho sperimentato tutti gli effetti collaterali specifici per le donne, che erano molto più forti dei sintomi della menopausa di cui soffro attualmente. Ho avuto vampate di calore ogni cinque minuti per gli otto mesi in cui ho assunto il farmaco, il che è stato debilitante e imbarazzante. Mi svegliavo otto o nove volte per notte inzuppata di sudore, con le lenzuola non umide, ma letteralmente bagnate. Avevo dolori dovuti alla secchezza che rendevano fastidioso camminare, correre e andare in bicicletta.

Quando pensiamo ai dolori articolari pensiamo alle ginocchia, ai gomiti, alle nocche e alle spalle. La leuprorelina mi ha fatto scoprire l’intera gamma delle articolazioni del corpo. L’importanza del pollice opponibile, tutte le ossa del palmo, il polso e le nocche della mano, l’arco del piede, la cerniera a ferro di cavallo della caviglia, l’articolazione tra le clavicole e la spalla, le piccole articolazioni delle costole tra l’osso e la cartilagine. Facevano male giorno e notte. L’esercizio fisico era doloroso, ma se non lo facevo le mie articolazioni protestavano per qualsiasi movimento. Dopo un paio di giorni a riposo mi ritrovai bloccata sulla poltrona, con le articolazioni rigide come un bullone arrugginito.

Improvvisamente avevo scoperto la mancanza di flessibilità che deriva dalle articolazioni irrigidite dall’infiammazione piuttosto che dalla mancanza di utilizzo. Cominciai a notare le donne anziane con le articolazioni doloranti. Ci riconoscevamo silenziosamente l’una con l’altra, nei supermercati e nelle lezioni di yoga, constatando che i movimenti che si fanno quando si sposta il peso da un arto all’altro sono faticosi, inevitabili e tristemente, prevedibilmente dolorosi. Camminare era difficile. Portare la spesa a casa era una vera sfida. Le lezioni di ginnastica diventavano una necessaria battaglia di forza di volontà contro il dolore.

Al di là delle gravi conseguenze della demineralizzazione ossea in età avanzata, perché privare bambini e adolescenti del piacere di stare semplicemente nel proprio corpo? Perché negare a bambini e ad adolescenti quelle attività – andare in altalena, correre con gli amici per strada, ballare, prendere in braccio i fratelli più piccoli e farli dondolare – che dovrebbero essere spensierate, spontanee e gioiose e renderle tristemente e prevedibilmente dolorose?

La depressione durante la mia adolescenza era arrivata all’improvviso, ma prima c’era stato un lungo periodo di infelicità generale. Da bambina ho avuto una serie di difficoltà in famiglia, l’ambiente in cui vivevo non era sicuro ed ero circondata da adulti infelici. Sebbene ricordi la scuola secondaria come un periodo generalmente positivo, ho sofferto di problemi di salute, bassa autostima e ansia. Odiavo le mestruazioni, troppo pesanti da gestire ed estremamente dolorose. Volevo essere un maschio e idealizzavo gli uomini e la loro vita rispetto a quella delle donne, che mi sembravano intrappolate in corpi sanguinanti e inferiori. Avevo difficoltà a fare amicizia con le altre ragazze e sentivo che i miei rapporti con i ragazzi erano migliori. Non mi sentivo adeguata

Non so come avrei reagito all’attuale momento culturale. Avrei dato la colpa al genere come fonte dei miei problemi? Se mi fosse stata presentata la possibilità di vivere come un maschio, ci avrei creduto? Siamo come gli insetti intrappolati nell’ambra: la comprensione di noi stessi è soggetta alle circostanze culturali in cui ci troviamo. Nel mio caso, gli ultimi strascichi del punk e della cultura del “fai da te” mi hanno dato un quadro di riferimento per cercare di vivere la vita alle mie condizioni. Portavo i capelli aggrovigliati e spettinati, mi rasavo la testa, indossavo jeans, stivali e vestiti troppo grandi.

Immaginavo l’università come il momento in cui il mondo mi si sarebbe svelato con nuove libertà, nuovi amici e nuove opportunità, dove sarei stata una versione migliore di me stessa. Alla fine ho scoperto che l’università era ancora più dura della scuola: gli amici che mi ero fatta nelle prime settimane se ne erano andati tutti entro la fine dell’anno. Mi convinsi di aver scelto i corsi sbagliati e mi angosciai per le opportunità che avevo perso. Abbandonai l’università e cercai solo di dormire. Dormivo tutto il giorno e cercavo di dormire tutta la notte. Volevo che il mondo si fermasse.

La depressione è una condizione fisiologica. Provavo la sensazione di avere un nodo o una pietra appena sotto le costole, sotto il cuore. Sembrava che ruotasse lentamente e giuro che sentivo un nodo permanente in gola. Tutto mi sembrava difficile. Non avevo energia. Lottavo con pensieri oscuri che a volte arrivavano inaspettati e a volte inevitabilmente, dopo un lungo tempo trascorso a rimuginare sulle cose. Ero una tipica adolescente: speranzosa e idealista, giovane e sciocca, incline alla follia e a comportamenti rischiosi, che faceva fatica a disciplinarsi, ingenua e vulnerabile. È difficile districarsi tra le decisioni sbagliate che erano conseguenza della depressione o della bassa autostima, e quelle che invece derivavano solo dalla mancanza di maturità. Mi vergognavo molto. Mi sentivo inutile, fallita, umiliata da ciò che mi avevano portato alla depressione e dalla depressione stessa.

Nel momento peggiore, mi sembrava di essere in fondo al mare. I miei amici e la mia famiglia erano fisicamente vicini ma sembravano lontani, intoccabili. Mi dicevano che mi amavano, ma il rapporto segnale/rumore rendeva debole il messaggio. Ciononostante, quei messaggi d’amore sono arrivati, anche se immagino che per le persone che li hanno inviati sia stato come se fossero rimbalzati su un muro di mattoni.

La depressione che ho sperimentato con la leuprorelina aveva una caratteristica diversa. Era subdola e all’epoca non la riconobbi. La leuprorelina annullava il mio piacere per le cose. Non solo le cose importanti, ma tutte le cose. Era sì un periodo pieno di ansie – ero in attesa di sapere se il cancro si era diffuso – ma io non avevo un’ansia esistenziale. La vita si era decolorata in toni di grigio. Prima provavo brividi di gioia per le combinazioni accidentali di colori: la dorata luminescenza della confezione di shampoo contro il blu ceruleo dell’asciugamano. Erano piccole gioie quotidiane. Ho sempre amato la musica, ma ormai era diventata una serie di rumori fastidiosi e l’avevo spenta. I libri erano stampe su carta. I film erano immagini in movimento. Rinunciai al disegno e alla pittura. Le due passioni della mia vita, l’arte e la musica, si erano dissolte. Premevo i tasti del pianoforte chiedendomi perché mai lo stessi facendo. Mi limitavo a passeggiare per le gallerie come avevo sempre fatto. I quadri alle pareti sembravano polverosi, roba vecchia in una stanza. Mi chiedevo come avessi fatto ad interessarmene in passato.

La mia libido era assolutamente azzerata. Non mi piaceva nessuno. Mi sentivo in crisi d’identità: chi ero se non mi piacevano più gli uomini? Almeno sapevo che qualcosa non andava. Sapevo che se non ascoltavo più la musica, se i colori non mi emozionavano più, voleva dire che qualcosa non andava. Mi ricordavo di come avrebbero dovuto essere le cose: com’è il desiderio sessuale, o la gioia che si prova quando si è assorbiti dal lavoro o circondati d’amore. Conoscevo quello che mi mancava. Capivo che c’era qualcosa per cui valeva la pena lottare. Ma come può saperlo un giovane che non ha ancora mai sperimentato nulla di tutto ciò?

Jet, la detransitioner a cui sono stati prescritti i bloccanti della pubertà a 16 anni, ha detto di aver creduto ai medici quando l’hanno diagnosticata come trans, ma che i farmaci “non hanno mai funzionato”. “Sono solo diventata più depressa”, ha raccontato,  “I bloccanti hanno bloccato il mio sviluppo sessuale, che è una cosa piuttosto importante nella pubertà”“Attraversando il mio sviluppo sessuale…”, dice Jet, “in questi dieci mesi sono cresciuta naturalmente nel mio corpo… anche la sessualità mi ha aiutato perché sento di esistere nel mio corpo”. Solo dopo aver smesso di prendere gli ormoni, ha iniziato a sperimentare la propria sessualità e a capire cosa significasse per lei. Come dice Jet, “l’attrazione sessuale è necessaria. È importante nel contesto dell’amore”.

La tipica depressione intorpidisce la gioia dei sensi, ma non sempre la distrugge del tutto.  Dopo il periodo più buio – le settimane che non ricordo – di tanto in tanto la depressione si alleviava. Trovavo momentaneamente le cose divertenti, persino piacevoli, mi perdevo in un brano musicale o ridevo alla battuta di un amico. Mi immergevo in un libro, ero orgogliosa del mio lavoro e suonavo il pianoforte. Sognavo ad occhi aperti e progettavo il futuro. Mi invaghivo un po’ di alcune persone (anche se la depressione spegne la libido). Poi tornava la tristezza, o succedeva qualcosa di brutto, e io sprofondavo di nuovo giù. Poi veniva a trovarmi qualche amico, parlavamo un po’ e mi trascinavano di nuovo nel mondo. Fisicamente stavo bene in forma. Ero in grado di uscire. Riuscivo a godermi alcune cose, e ogni volta che provavo piacere in qualcosa mi sembrava che si aprissero nuove occasioni piacevoli: piccole fessure di luce in una stanza buia, finché un giorno qualcosa se ne va e la luce inonda la stanza.

Con i miei amici, in una sala eventi soffocante in una grigia sera d’estate, sento le eliche ascendenti della musica e mi lascio trasportare sulla pista da ballo. Ballo. Ballo tra la folla sorridente e gioiosa. Non sono guarita in quel momento – la depressione richiede un lungo tempo di per essere superata – ma ero in via di guarigione.

Ballavo tra persone che sarebbero diventate amici e amanti. Avevo trovato un modo per sentirmi felice nel mio corpo, qualcosa da amare e un modo per esprimerlo. Quelle persone erano i miei coetanei. Mi avrebbero fatto conoscere nuovi mondi musicali e culturali. Mi fecero vedere le mie possibilità. Ho assistito alle loro battaglie, alle loro pazzie e ai loro successi. Alcuni di loro sono stati dei modelli di riferimento straordinari, per aver raggiunto risultati che pensavo impossibili o per aver fatto cose assurde e stupide. Uno o due sono diventati amici per la vita, altri erano bulli o idioti, altri ancora mi hanno tradito. L’ho superato. Una vita senza dolore o è tragicamente breve, o è vissuta senza amore.

I riti di passaggio sono difficili per loro natura e spesso possono essere dolorosi. Essere un adolescente è difficile, ma il processo dello sviluppo è necessario. L’amore, la speranza e il piacere ci aiutano ad affrontare il dolore. Ciò che abbiamo imparato delle prove superate ci aiuta ad affrontare le difficoltà del presente. Gli analoghi del GnRH spengono le emozioni e inibiscono i sentimenti di gioia. Rendono il corpo sgradevole e doloroso. Non dovrebbero essere somministrati a bambini e ad adolescenti depressi.


Genspect pubblica una varietà di autori con prospettive diverse. Tutte le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale di Genspect.


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