Giornata di sensibilizzazione sulla disforia di genere a esordio rapido: i pericoli dell’evitamento

Pubblichiamo la nostra traduzione di un articolo di Stella O’Malley, psicoterapeuta irlandese autrice di diversi bestseller, scritto in occasione della giornata di sensibilizzazione sulla disforia di genere a esordio rapido che si è tenuta il 16 agosto scorso.


Un dato significativo emerso dall’indagine che ho recentemente condotto sui genitori è che molti di essi si pentono di aver evitato di affrontare la disforia di genere del proprio figlio. La tendenza generale dei genitori è quella di pensare che – dal momento che il figlio è intelligente, amato e ben educato – il giovane ROGD si tirerà fuori da solo da questa folle ossessione. Spesso però non accade. Infatti, sottovalutiamo la disforia di genere a nostro rischio e pericolo.

Proprio come accade per l’anoressia, può essere facile avere a che fare con un giovane ROGD purché non si interferisca con la sua ossessione. L’adolescente anoressico può essere del tutto accomodante, brillante e impegnato, ma nel contempo ricorrere alla fissazione di non mangiare come un modo per gestire le emozioni difficili. Anche i giovani ROGD si comportano così.

Ciò genera nei genitori un falso senso di sicurezza. Mentre i genitori si agitano e hanno sempre la preoccupazione che il figlio possa fare qualcosa di drastico, mentre si tranquillizzano vedendolo abbastanza in forma, il giovane ROGD in realtà sviluppando con cura e perseveranza una falsa personalità. Questa elaborazione di solito avviene online, ma si sviluppa anche a scuola tra gli altri giovani ROGD.

Il falso personaggio creato dal giovane ROGD tende a essere una versione idealizzata del suo vero io. Se il ragazzo ROGD è timido e impacciato, il suo personaggio ideale è spesso spavaldo e sicuro di sé. Se il giovane ROGD è maschio, potrebbe ad esempio aspirare a dolcezza e femminilità, e poiché è molto difficile vivere come ragazzo effemminato, l’unico modo in cui può contemplare di essere gentile, sensibile e premuroso è diventare una femmina.

Il giovane ROGD potrebbe utilizzare la sua nuova identità per giocare ai videogiochi, per fare dei disegni o per altre attività che prevedono di crearsi un nuovo personaggio, spesso molto lontano dalla realtà. Naturalmente molti di noi sognano di poter essere migliori di ciò che siamo. A volte ci dipingiamo più spiritosi e brillanti di quanto non siamo, ed è normale. Come esseri umani cerchiamo costantemente di migliorare le nostre vite, quindi è logico che vogliamo anche migliorare chi siamo.

Con la ROGD, tuttavia, si va ben oltre.

Con la ROGD, la nuova identità del giovane diventa un’ossessione totalizzante che promette una vita molto migliore. In questa nuova vita la persona ROGD crede di poter vivere in modo autentico e confortevole con sé stessa. Tutto sarà più facile quando potrà essere questa nuova persona.

L’analisi della mentalità anoressica rivela che le persone affette da anoressia spesso credono che i loro problemi saranno risolti quando saranno riuscite a perdere un certo numero di chili. Una volta persi quei chili, la sensazione di appagamento non dura a lungo e quindi continuano a inseguire un ulteriore traguardo, creandosi il nuovo obiettivo di perdere qualche chilo in più. Allo stesso modo, la mentalità dei giovani ROGD presuppone che la vita migliorerà non appena si verificherà l’evento x. Questo evento x potrebbe essere quando i genitori li chiameranno con il loro nuovo nome, quando riusciranno (con un binder) a nascondere il seno, quando uno sconosciuto si relazionerà con loro nella nuova identità. 
L’euforia però dura poco, e non appena il giovane ROGD ha raggiunto il proprio scopo del cambio di nome, della forma fisica o del riconoscimento della sua nuova identità da parte di altre persone, passerà al prossimo obiettivo. Ed ecco che la situazione degenera.

Nel frattempo i genitori sono spesso del tutto ignari delle trappole mentali del figlio, perché sono immersi nelle proprie trappole mentali, e comprensibilmente si augurano che la belva che si è impossessata del loro adorato figlio se ne vada e basta.

Niente di tutto questo ha senso. Per molti genitori si tratta di qualcosa di troppo folle per essere preso sul serio. Generalmente il ragazzo è estremamente intelligente – troppo intelligente per cadere nella natura paradossale dell’ideologia di genere – quindi i genitori sperano che evitando la questione per il figlio ci sia tempo e modo di rinsavire.

Perché evitiamo?

Immaginate un termometro interno che misuri il disagio in tempo reale: zero è calma e tranquillità, cento indica che state per crollare per l’ansia, la paura e lo stress. Più alta è la misurazione, maggiore sarà l’impulso a scappare o a tentare di ridurre il disagio. Si tratta di una risposta naturale, perché a nessuno piace sentirsi a disagio.

Il problema non è il disagio in sé, ma il modo in cui reagiamo ad esso. Quando evitiamo le difficoltà, insegniamo al nostro cervello che l’unico modo per gestire le situazioni difficili è fuggire e non affrontarle. Così si rafforza l’istinto di evitamento. Più evitiamo, più diamo vita a un ciclo continuo di disagio che lentamente si propaga in ogni aspetto della nostra vita.

Un aspetto fondamentale dell’evitamento, è che chi lo mette in atto diventa molto abile nel controllare che tutti gli altri si adeguino. La capacità di una persona con un disturbo mentale di zittire i suoi cari su un determinato argomento non manca mai di stupirmi. Le persone molto evitanti hanno una straordinaria capacità di atterrire gli altri fino ad ammutolirli, senza nemmeno doverlo dire. È difficile da spiegare, ma è evidente una volta che se ne è fatta esperienza. Mi viene in mente una giovane anoressica che conobbi al bancone del bar, se ne stava rannicchiata sul piatto di lattuga che era la sua cena di Natale, mentre il resto della famiglia era a tavola che cercava di godersi il banchetto festivo, per qualche motivo incapace di trovare le parole per esprimere quanto fosse sbagliato tutto ciò.

Mentre la persona ROGD evita il disagio di imparare a convivere con sé stessa, ad accettare le proprie debolezze e a valorizzare i propri punti di forza, il genitore del ragazzo ROGD evita di accorgersi che il figlio si sta sempre di più addentrando nella tana del bianconiglio, dove gli viene offerta la falsa promessa di una vita migliore. Quando questa falsa promessa prende piede in un giovane ROGD, c’è un intero universo di approvazione e affermazione che lo aspetta a braccia aperte.

Per un giovane vulnerabile e infelice, essere celebrato con gioia nella sua nuova identità è un’esperienza inebriante. Conferma l’idea che il vecchio sé sia del tutto sbagliato e che la nuova identità gli renderà la vita molto più facile. Ben presto l’evitamento della realtà della vita lo porta a diventare estremamente emotivo al minimo accenno di realtà.

Tragicamente, come ci avverte Jordan Peterson, “l’evitamento avvelena automaticamente e inevitabilmente il futuro”. Mentre evitiamo i problemi, nella mente cresce un mostro senza freni. Piuttosto che evitare il problema, spesso è più utile tirarsi su le maniche e affrontare la bestia. Non c’è bisogno di andare alla carica, ma è necessario affrontare la realtà della situazione. Forse può aiutare tenere un diario? O fare un piano in tre punti ogni settimana?

Il primo passo per superare l’evitamento è riconoscere di metterlo in atto, perché spesso si manifesta in piccole distrazioni o giustificazioni. Diventando più consapevoli del nostro comportamento possiamo identificare e affrontare i nostri schemi di evitamento. Ad esempio, una madre ha cominciato a osservare le interazioni quotidiane con il proprio figlio per individuare quali fossero finalizzate a evitare il disagio, e questo l’ha aiutata ad affrontare la sua tendenze all’evitamento.

A volte anche solo la consapevolezza di essere caduti nell’abitudine dell’evitamento e un confronto costante con sé stessi possono cambiare le cose, e si può finalmente iniziare a cercare una soluzione per il problema che si è evitato. Spesso può essere utile riconoscere ad alta voce che si è evitato il problema, ma che d’ora in poi si inizierà a parlarne.

Il passo successivo consiste nell’esercitarsi a tollerare il disagio, esponendosi gradualmente a situazioni impegnative e sopportando l’ansia che si crea senza evitarla. Con pazienza e autocompassione si può imparare a gestire il disagio e interrompere il ciclo dell’evitamento. Questa madre ha capito che affrontare l’ansia parlandone con il suo partner la aiuta a rendersi conto della dimensione del problema.

Interrompere il ciclo dell’evitamento può essere difficile, ma è importante ricordare che se da un lato l’evitamento fornisce un sollievo temporaneo, dall’altro può portare a una maggiore sofferenza nel lungo termine. Può anche portare la persona a sprecare occasioni importanti. Riconoscendo il circolo vizioso e accettando il disagio possiamo affrontare meglio le sfide della vita e mostrare ai nostri figli come condurre una vita più soddisfacente e coraggiosa.

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