Nuovo studio tedesco: il tasso di desistenza è superiore al 50%

Pubblichiamo la traduzione di un articolo uscito sul sito Our Duty l’11 giugno 2024


Studio tedesco: la desistenza è comune

Impennata di diagnosi di disturbo dell’identità di genere tra i giovani tedeschi, evidenziati alti tassi di desistenza.
Un rivoluzionario studio tedesco esamina i dati longitudinali su cinque anni che evidenziano tassi di desistenza dal “disturbo dell’identità di genere” superiori al 50% e che vanno dal 72,7% nelle femmine tra i 15 e i 19 anni al 50,3% nei maschi tra i 20 e i 24 anni.

Bachmann, C J; Golub, Y; Holstiege, J; Hoffmann, F, Disturbi dell’identità di genere tra i giovani in Germania: prevalenza e tendenze, 2013-2022. Un’analisi dei dati assicurativi di routine a livello nazionale Deutscher Ärzteblatt Int 2024; 121: 370-1. DOI: 10.3238/arztebl.m2024.0098

Versione originale in lingua tedesca: Störungen der Geschlechtsidentität bei jungen Menschen in Deutschland: Häufigkeit e tendenze 2013-2022

Sintesi

Negli ultimi anni è aumentata notevolmente l’attenzione per i disturbi relativi all’identità di genere, in particolare tra gli adolescenti. Nonostante ciò, i dati quantitativi provenienti dalla Germania sono rimasti limitati. Lo studio in questione vuole colmare questa lacuna analizzando le tendenze nella frequenza dei disturbi dell’identità di genere diagnosticati, nella stabilità di queste diagnosi nel tempo e nelle comorbidità psichiatriche associate.

Metodologia

Lo studio ha analizzato i dati di fatturazione a livello nazionale delle associazioni dei medici dell’assicurazione sanitaria pubblica in Germania, concentrandosi sugli individui assicurati di età compresa tra i 5 e i 24 anni dal 2013 al 2022. L’Istituto centrale per l’assicurazione sanitaria pubblica in Germania ha rilevato la diffusione della diagnosi F64 “Disturbo dell’identità di genere” dell’ICD-10 e l’ha stratificata per età e sesso. Inoltre, in un’analisi di sensibilità sono stati presi in considerazione i “Disturbi mentali e comportamentali legati allo sviluppo e all’orientamento sessuale” (F66).

Per gli individui con una diagnosi F64 confermata nel 2022, lo studio ha esaminato le comorbidità psichiatriche ricorrenti e ha valutato la persistenza di queste diagnosi dal 2017 al 2022 in una coorte longitudinale.

Risultati

Dal 2013 al 2022, la frequenza delle diagnosi F64 confermate è aumentata in modo significativo, passando da 22,5 su 100.000 assicurati a 175,7 su 100.000 (confermate a un trimestre) e da 15,2 su 100.000 a 132,6 su 100.000 (confermate a due trimestri). La frequenza delle diagnosi F64.0 (transessualismo) è rimasta relativamente costante, oscillando tra il 70,2% e il 78,5% (presumiamo che rappresenti la percentuale di diagnosi nei soggetti che si presentano).

Al contrario, la prevalenza delle diagnosi F66 (“Disturbi mentali e comportamentali legati allo sviluppo e orientamento sessuale”, ndr) è diminuita da 216,7 su 100.000 a 73,7 su 100.000 (conferma a un trimestre) e da 37 su 100.000 a 19,4 su 100.000 (conferma a due trimestri). Combinando le diagnosi F64 e F66, si è osservato un notevole aumento della frequenza utilizzando il criterio dei due trimestri, passando da 51,9 per 100.000 a 149,8 per 100.000, mentre il criterio del singolo trimestre ha mostrato variazioni minime.

La più alta prevalenza di diagnosi di F64 nel 2022 si è registrata tra le femmine di età compresa tra i 15 e i 19 anni, raggiungendo 452,6 su 100.000. Anche le diagnosi F66 erano più diffuse in questo gruppo, con 191,5 su 100.000.

Nel 2022, il 72,4% delle persone con diagnosi di F64 aveva almeno un’altra diagnosi psichiatrica. Le comorbidità più comuni erano disturbi depressivi (49,3% nei maschi e 57,5% nelle femmine), disturbi d’ansia, disturbi di personalità emotivamente instabili di tipo borderline, ADHD e PTSD.

Nella coorte longitudinale, lo studio ha riscontrato un alto tasso di desistenza, con il 63,6% che non ha mantenuto una diagnosi F64 confermata dopo cinque anni. I tassi di desistenza erano superiori al 50% in tutte le fasce d’età, dal 72,7% nelle femmine di 15-19 anni al 50,3% nei maschi di 20-24 anni.

Discussione

Lo studio evidenzia che in un decennio tra i giovani tedeschi le diagnosi di F64 sono aumentati di ben 8 volte. In modo analogo, uno studio statunitense ha riportato un aumento delle diagnosi di “disforia di genere” dal 2017 al 2021 pari a 2,8 volte, e un registro internazionale ha mostrato l’aumento da 47 su 100.000 a 479 su 100.000 tra i sedicenni. I valori della distribuzione di genere e dell’età osservati in questo studio sono in linea con i risultati internazionali.

Il calo delle diagnosi di F66 riflette probabilmente uno spostamento alle diagnosi di F64. Le ragioni dell’aumento delle diagnosi di F64 non sono chiare e potrebbero essere dovute a vari fattori, come una maggiore consapevolezza, una minore stigmatizzazione o una sovradiagnosi.

I punti di forza dello studio sono l’indagine completa dei dati di fatturazione ambulatoriale e il lungo periodo di osservazione, con analisi di sensibilità che confermano la solidità dei trend delle diagnosi di F64. I limiti includono una lieve imprecisione nelle informazioni sul genere e l’impossibilità di verificare la validità clinica delle diagnosi codificate.

L’alto tasso di desistenza osservato, con il 63,6% di individui che non confermano la diagnosi F64 dopo cinque anni, sottolinea la natura transitoria dell’ideazione transgender durante l’infanzia e l’adolescenza. Con questi alti tassi di desistenza, la tesi che va contro la medicalizzazione dell’incongruenza di genere è diventata ancora più solida di quanto non fosse già dopo la Cass Review.

Media

Questa notizia è stata trattata dal Frankfurter Allgemeine

Critiche

Il fatto che questa indagine sia stata presentata come una testimonianza di desistenza ha attirato alcune critiche.

In particolare, che non si può stabilire che coloro che non hanno proseguito con la medicalizzazione con il codice F64 (disturbo dell’identità di genere, ndr) fossero effettivamente dei “desister” nel significato più comune. Tecnicamente, si assiste al “ritiro” o alla “cessazione” (del percorso di cura) e non alla desistenza.

Nel dibattito corrente sul transgenderismo adolescenziale usiamo i termini “desister” e “desistenza” per riferirci a coloro che presentano ideazione transgender ma che smettono di desiderare un intervento medico prima di riceverne uno.

Questo è il paragrafo dello studio al quale ci siamo riferiti nel dedurre la desistenza dalla persistenza:

“Nella coorte longitudinale (n = 7.885, 47,1% giovani tra i 20 e i 24 anni, 37,7% maschi), solo il 36,4% aveva una diagnosi F64 (disturbo dell’identità di genere, ndr) confermata dopo cinque anni, e una persistenza della diagnosi <50% è stata osservata in tutti i gruppi di età (27,3% [donne tra i 15 e i 19 anni] e 49,7% [uomini tra i 20 e i 24 anni])”.

Si usa descrivere coloro che sono stati medicalizzati e poi hanno cessato sia la medicalizzazione che l’affermazione di un’identità transgender come detransitioner. Non si può affermare tutti quelli che in questo studio hanno rinunciato alla medicalizzazione abbiano effettuato la detransizione. Allo stesso tempo, ci sono persone “mentalmente detransizionate” che però continuano con la medicalizzazione perché non vedono alternative.

Our Duty ha la missione di offrire aiuto e supporto – lasciamo la scienza esatta alla SEGM e alla CAN-SG. I genitori che sosteniamo hanno bisogno di speranza e il tutto il mondo deve assistere allo scardinamento dell’ideologia di genere. Potrebbero esserci altre spiegazioni per la mancata persistenza con i farmaci, come riportato in questo studio, oltre alla desistenza dall’ideazione transgender. E comunque la desistenza pura si ha ancor prima delle visite mediche (che in questo studio hanno un tasso di abbandono compreso tra il 21,5% e il 29,8%). Non conosciamo ancora la vera percentuale di coloro che desistono dall’identificazione transgender, sia essa medicalizzata o meno.

E’ assolutamente necessario procedere con la ricerca.


Ne ha parlato Marina Terragni sul Feminist Post in questo articolo: Bambine/i con disforia di genere: dare tempo al tempo è la cura migliore

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