Le 12 società italiane dicono la verità sull’efficacia della triptorelina nel ridurre i tentati suicidi?
Milano, 20 maggio 2024
Comunicato relativo alla nota congiunta sulla triptorelina, firmata dalle seguenti società di esperti:
Associazione Culturale Pediatri (ACP), Associazione Italiana della Tiroide (AIT), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Osservatorio Italiano di Identità di Genere (ONIG), Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS), Società Italiana di Diabetologia (SID), Società Italiana di Endocrinologia (SIE), Società Italiana di Pediatria Endocrinologia e Diabetologia (SIEDP), Società Italiana Genere identità e Salute (SIGIS), Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA), Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA-sezione di Psichiatria), Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS)
Nelle recenti audizioni alla Commissione Affari Sociali della Camera sulla somministrazione della triptorelina – i cosiddetti bloccanti della pubertà – ai bambini con incongruenza di genere, è stato ripetutamente richiamato il comunicato intersocietario emesso nel mese di febbraio 2024 da 12 associazioni culturali e società scientifiche italiane, quale esempio di evidenza scientifica da assurgere a riferimento per le decisioni della Commissione.
Nella nota congiunta emessa dalle 12 associazioni e società, è stato affermato quanto segue: “dai dati della letteratura scientifica si evince che fino al 40% dei giovani TGD tenta il suicidio (cfr. James SE, et al. National Center for Transgender Equality. 2016), e che la terapia con triptorelina riduce del 70% questa possibilità (cfr. Turban JL et al. Pediatrics. 2020)”
Tralasciando l’inaffidabilità del dato di partenza sulla suicidalità – estratto dal sondaggio self-report elaborato da James – esaminiamo la seconda parte dell’affermazione, nella quale si lascia intendere che lo studio di Turban et al.[1] avrebbe dimostrato una diminuzione del 70% dei tentativi di suicidio a seguito di utilizzo della triptorelina.
Tuttavia, dalla lettura delle conclusioni dello stesso studio di Turban et al., non si evince quanto sopra dichiarato, visto che Turban et al. concludono: “l’accesso a questo trattamento è associato a minori probabilità di ideazione suicidaria nel corso della vita”.
Il fatto che Turban et al. nel loro studio abbiano associato la somministrazione di triptorelina ad una “minore probabilità di ideazione suicidaria durante la vita successiva”, è confermato anche da una pubblicazione del 2020[2] dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME), che -singolarmente- ora risulta tra i co-firmatari di un comunicato che non parla di ideazione suicidaria, bensì di tentativi di suicidio.
Anche la Dr.ssa Vignozzi del Careggi, udita in Commissione alla Camera alcuni giorni fa, seppur abbia voluto rimarcare l’amplia platea di 20.000 soggetti esaminata dallo studio di Turban (omettendo però di precisare che solo 89 di essi avevano dichiarato di aver assunto la triptorelina) si è riferita a questo studio parlando esclusivamente di “ideazione suicidaria”.
Se, quindi, nel citare lo studio di Turban et al. ci si riferisce all’ideazione suicidaria, come mai le 12 associazioni culturali e società scientifiche italiane affermano una riduzione del 70% dei tentativi di suicidio?
Per cercare di comprendere le ragioni di tale affermazione, abbiamo sottoposto lo studio di Turban et al. ad alcuni esperti di calcolo provenienti da diversi ambiti formativi, i quali ci hanno tutti concordemente riferito che non esistono dati nella ricerca di Turban et al. che possano confermare quanto affermato dalle 12 associazioni e società italiane relativamente alla supposta diminuzione del 70% dei tentativi di suicidio.
Tenuto conto che la ricerca di Turban et al. è stata oggetto di enormi critiche per le distorsioni in essa contenute (prossimamente verrà pubblicato un approfondimento sul sito di GenerAzioneD) e che l’unico dato percentuale che si può eventualmente evincere, peraltro fortemente contestato, si riferisce alla suicidalità nel suo complesso, comprensiva quindi dei pensieri relativi al suicidio oltre che dei tentativi, ci si chiede per quale motivo le 12 associazioni culturali e società scientifiche italiane abbiano inteso veicolare un messaggio di tale tenore.
Visto che in gioco ci sono le vite future di bambini e adolescenti, e che il consenso informato dei loro genitori dipende principalmente, se non esclusivamente, dalla qualità dell’informazione comunicata dai professionisti sanitari, riteniamo giusto, importante e indifferibile rivolgere una richiesta ufficiale di chiarimento direttamente alle 12 associazioni culturali e società scientifiche italiane.
Certi che una loro risposta precisa, puntuale e corredata di calcoli statistici inoppugnabili (che sottoporremo alle valutazioni dei nostri esperti) sarà in grado di fugare ogni dubbio in proposito, ci auguriamo sinceramente di non dover prendere atto di un’eventuale comunicazione errata. Sarebbe un fatto gravissimo e inaccettabile.
[1] Turban J. L., King D., Carswell J. M., Keuroghlian A. S. (2020). “Pubertal suppression for transgender youth and risk of suicidal ideation”, in Pediatrics, n. 145.
[2] Approfondimento denominato “Disforia di genere: perché bloccare la pubertà negli adolescenti” e rinvenibile al link: https://www.associazionemediciendocrinologi.it/images/pubblicazioni/AMEnews/2020/AME_News-48-giugno-2020.pdf