Position paper delle società pediatriche italiane: domanda sul contagio sociale – parte 8

Dalla lettera aperta di GenerAzioneD alle 5 società scientifiche italiane – Accademia Italiana di Pediatria, Società Italiana di Pediatria, Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza – che il 18 aprile hanno pubblicato sull’Italian Journal of Pediatrics il position paper “Adolescent gender dysphoria management”

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DOMANDA n. 8

Sul contagio sociale e tra pari

Società scientifiche italiane

“Mantenere un approccio basato sull’evidenza è essenziale per salvaguardare il benessere degli adolescenti TGD e preservare il diritto del bambino a un futuro promettente, riconoscendo al tempo stesso che il singolo bambino è quello più condizionato dalle decisioni prese[116].

The Cass Review 

(Final Report – aprile 2024)

“Sono state avanzate diverse spiegazioni per l’aumento di persone, prevalentemente nate femmine, che si presentano ai servizi di genere nella prima adolescenza, spesso con situazioni complesse e/o ulteriori problemi di salute mentale e/o neurodiversità: 
(omissis)
“In realtà, per ogni singolo giovane, ci saranno diverse influenze socio-culturali che impattano la sua comprensione sia del proprio genere che della propria identità sessuale, e questa è un’area che merita una migliore esplorazione e comprensione[117] (pag. 119).

“Durante l’adolescenza l’influenza dei coetanei aumenta, mentre quella dei genitori diminuisce. La valutazione del proprio valore sociale e personale da parte degli adolescenti è fortemente influenzata da ciò che i loro coetanei pensano di loro. Gli studi hanno dimostrato che gli adolescenti sono ipersensibili all’isolamento sociale, tanto che trovarsi d’accordo con i coetanei per evitare il rischio sociale, anche se ciò significa correre rischi sanitari e legali, potrebbe essere visto come una scelta razionale in quanto riduce la possibilità di esclusione sociale (Blakemore, 2018)”[118] (pag. 104).

“I giovani che si interrogano sul genere e i loro genitori hanno parlato alla Review di informazioni online che descrivono il normale disagio adolescenziale come un possibile segnale di essere trans e che particolari influencer hanno avuto un impatto sostanziale sulle convinzioni dei loro figli e sulla comprensione del loro genere”[119] (pag.120).

“I focus group della Review che coinvolgevano giovani con disagi di genere hanno rilevato che “i giovani faticano a trovare fonti di informazione affidabili, preferendo account di social media con esperienze vissute rispetto ai principali mezzi di informazione”[120] (pag.120).

“Nella tarda infanzia e nella prima pubertà, l’esperienza online può avere un effetto sul senso di sé e sulle aspettative della pubertà e del genere”[121] (pag.122).

“I dati sulla salute mentale dei giovani, sull’uso dei social media e sull’aumento dei rischi associati ai danni online consentono di apprezzare e comprendere che attraversare l’adolescenza è sempre più difficile, con fattori di stress che le generazioni precedenti non hanno dovuto affrontare. Questo può essere un momento in cui il disagio mentale può presentarsi attraverso manifestazioni fisiche come disturbi alimentari o disturbi di dismorfismo corporeo. È probabile che per alcuni giovani ciò si presenti come disagio legato al genere” [122] (pag.122).

“L’influenza dei pari in questa fase della vita è molto potente. Oltre all’influenza dei social media, la Review ha ascoltato resoconti di studentesse che stringono intense amicizie con altri studenti che si interrogano sul genere o transgender a scuola, e poi si identificano come trans[123] (pag.122).

“La pubertà è un periodo intenso di rapidi cambiamenti e può essere un processo difficile, in cui i giovani sono vulnerabili a problemi di salute mentale, in particolare le ragazze. Cambiamenti ed esperienze corporali indesiderati possono essere scomodi per tutti i giovani, ma questo può essere particolarmente angosciante per i giovani neurodiversi che potrebbero avere difficoltà con i cambiamenti sensoriali”[124] (pag.122).

European Academy of Paediatrics (EAP)

(Documento del 5 febbraio 2024)

le espressioni e i comportamenti atipici di genere sono sempre più riconosciuti come parte del normale sviluppo e sono influenzati da fattori familiari e sociali più ampi[125]

andrebbe considerato anche il ruolo dei social media, dei gruppi di sostegno e della pressione dei coetanei, nonché di quella di altre persone vicine al minore. In effetti, il ruolo dei social media non solo nella disforia di genere ad insorgenza rapida, ma più in generale nella disforia di genere e forse a prescindere nell’aumento dei problemi di salute mentale infantile, richiede una seria esplorazione accademica[126]

Vale anche la pena notare che è probabile che anche le opinioni specifiche di qualsiasi team di professionisti influenzino le opzioni di trattamento. Pertanto, i team che trattano la disforia di genere dovrebbero conformarsi a standard professionali adeguati e operare all’interno di strutture di governance chiare con regolare peer review”[127].

CONSIDERAZIONI di GenerAzioneD

In premessa si osserva che l’apprezzabile raccomandazione delle 5 società scientifiche, che richiama ad un “approccio basato sull’evidenza e all’esigenza di “preservare il diritto del bambino a un futuro promettente, si pone sul solco delle raccomandazioni emanate dalla European Academy of Paediatrics, la quale pone come priorità assoluta quella di garantire un futuro aperto ai giovani, tramite la loro protezione dai pericoli: “L’equilibrio tra il rispetto dello sviluppo dell’autonomia dei giovani e la loro protezione dai pericoli rimane cruciale. Suggeriamo che un approccio flessibile, basato sulla creazione di consenso e basato sui diritti, supportato da una solida comprensione della relazione tra sesso biologico e genere, è nel migliore interesse dei bambini e sostiene il loro diritto a un futuro aperto[128].

Tale conclusione che invita a tutelare il futuro dei minori, quali soggetti fragili, pare distonica rispetto agli slanci contenuti nel documento a sostegno dell’approccio affermativo, il cui rapporto rischi/benefici, a detta di una parte sempre più numerosa della comunità scientifica, è sempre più sbilanciato verso i rischi.

In tale quadro, che necessita un approfondimento di tutte le cause di un fenomeno che ha coinvolto un’intera generazione di bambini e ragazzi, sorprende il fatto che il documento delle cinque società scientifiche non abbia dedicato nemmeno un accenno o un approfondimento al ruolo dei social media, degli influencer e dei pari in questa inspiegabile recente esplosione di richieste di assistenza.

L’esponenziale e rapidissimo aumento del numero di adolescenti che si sono dichiarati transgender e/o si sono rivolti alle cliniche di genere ha indotto numerosi studiosi e professionisti della salute a valutare se fra le cause di tale incremento possano annoverarsi anche il contagio tra pari e quello dei social media. Il contagio tra pari è da tempo riconosciuto come un fattore di rilievo nei disturbi alimentari e attualmente se ne valuta la rilevanza anche rispetto al fenomeno dell’improvvisa identificazione come transgender (ROGD – Rapid Onset Gender Dysphoria – Disforia di genere ad insorgenza rapida) da parte di adolescenti senza alcun trascorso in ambito di varianza di genere. Tale popolazione è assuefatta più di altre ad un consumo sempre più massiccio di internet, soprattutto in epoca pandemica e post-pandemica, a cui è seguita un’ulteriore accelerazione del contagio, veicolata anche da giovani influencer trans con migliaia di follower.

L’Istituto Superiore di Sanità italiano, nello studio denominato “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z”, ha dichiarato che “oltre un milione e 150mila adolescenti in Italia sono a rischio di dipendenza da cibo, quasi 500mila potrebbero avere una dipendenza da videogiochi mentre quasi 100mila presentano caratteristiche compatibili con la presenza di una dipendenza da Social Media, ed è diffuso anche il fenomeno dell’isolamento sociale (conosciuto come Hikikomori nella sua manifestazione clinica estrema), che riguarda l’1,8% degli studenti medi e l’1,6% di quelli delle superiori”.

La presa d’atto di tali evidenze ha suggerito alla European Academy of Paediatrics di richiedere “una seria esplorazione accademica” sul ruolo dei social media all’interno della condizione disforica e alla Cass Review di sollecitare “una migliore esplorazione e comprensione” di quest’area di influenza.

Per le cinque società scientifiche la questione non è stata meritevole di alcuna considerazione.

Nell’ottica di garantire un futuro aperto ai bambini e ai giovani con incongruenza di genere, come mai non si è ritenuto opportuno sollecitare la comunità scientifica a svolgere approfondimenti circa il collegamento fra la – spesso improvvisa – comparsa della condizione disforica negli adolescenti e il contagio dei social media o dei pari? Nell’epoca degli influencer e delle crescenti condizioni di disagio giovanile collegate all’eccessivo utilizzo dei social media, le cinque società scientifiche ritengono di escludere che per il fenomeno ROGD tale collegamento sia plausibile o quanto meno possibile? 


[116] “Maintaining an evidence-based approach is essential to safeguard the well-being of TGD adolescents and to preserve the child’s right to a promising future while recognizing that the individual child is the most impacted by decisions made”.

[117] “In reality, for any individual young person, there will be different socio-cultural influences that impact on their understanding of both their gender and sexual identity, and this is an area that warrants better exploration and understanding”.

[118] “Through adolescence, peers have an increasing influence and parents a lessening influence. Adolescents’ evaluation of their social and personal worth is strongly influenced by what their peers think about them. Studies have shown adolescents to be hypersensitive to social isolation, so much so that going along with peers in order to avoid social risk, even if it means taking health and legal risks, might be seen as the rational choice because it reduces the possibility of social exclusion (Blakemore, 2018)”.

[119] Gender-questioning young people and their parents have spoken to the Review about online information that describes normal adolescent discomfort as a possible sign of being trans and that particular influencers have had a substantial impact on their child’s beliefs and understanding of their gender”.

[120] “The Review’s focus groups with gender diverse young people found that “Young people struggle to find trusted sources of information, favouring lived experience social media accounts over mainstream news outlets”.

[121] “In later childhood and into early puberty, online experience may have an effect on sense of self and expectations of puberty and of gender”.

[122] “The data on young people’s mental health, social media use and increased risks associated with online harm give an appreciation and understanding that going through the teenage years is increasingly difficult, with stressors that previous generations did not face. This can be a time when mental distress can present through physical manifestations such as eating disorders or body dysmorphic disorders. It is likely that for some young people this presents as gender-related distress”.

[123] “Peer influence during this stage of life is very powerful. As well as the influence of social media, the Review has heard accounts of female students forming intense friendships with other gender-questioning or transgender students at school, and then identifying as trans themselves”.

[124] “Puberty is an intense period of rapid change and can be a difficult process, where young people are vulnerable to mental health problems, particularly girls. Unwelcome bodily changes and experiences can be uncomfortable for all young people, but this can be particularly distressing for young neurodiverse people who may struggle with the sensory changes”.

[125] “…atypical gender expressions and behaviours are increasingly recognised as part of normal development and are influenced by broader family and societal factors”.

[126] “Nevertheless, the role of social media, support groups and peer pressure, as well as that of others close to the child, should also be considered. Indeed, the role of social media in not just ROGD but more broadly in GD and perhaps separately in the increase in childhood mental health problems is overdue serious academic exploration”.

[127] “It is also worth noting that the specific views of any professional team are also likely to influence treatment options. So, teams treating GD should conform to appropriate professional standards and operate within clear governance structures with regular peer review”.

[128] “The balance between respecting a young person’s developing autonomy and protecting them from harm remains crucial. We suggest that a flexible, consensus-building, rights-based approach, supported by a robust understanding of the relationship between biological sex and gender, is in children’s best interests and supports their right to an open future”.

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