L’Accademia Europea di Pediatria invita alla cautela nella gestione clinica di bambini e adolescenti con disforia di genere
Nel mese di febbraio 2024 è stato pubblicato un documento denominato “European Academy of Paediatrics statement on the clinical management of children and adolescents with gender dysphoria”[1], che interviene sul dibattito relativo alla gestione della disforia di genere nei bambini, intendendo come tali tutti i minori di età inferiore ai 18 anni.
Partendo dalla considerazione che nei diversi paesi esiste una varietà di approcci a questa complessa condizione e che tale frammentazione produce un dibattito fortemente polarizzato, i rappresentanti[2] dell’Accademia Europea di Pediatria (EAP) cercano di favorire una composizione alla frattura attualmente in atto tra fautori e critici dell’approccio affermativo, per cui nel proprio elaborato concedono delle aperture di credito ad entrambe le posizioni.
Nel rappresentare il quadro attuale, tuttavia, l’EAP non si sottrae alla discussione su alcune tematiche spinose, intervenendo sui rischi dei trattamenti, sul contagio sociale, sulla disforia a insorgenza rapida (Rapid Onset Gender Disphoria) e sulle lacune scientifiche che ad oggi compromettono l’assunzione di un consenso veramente informato da parte di minori, giovani adulti e genitori.
Alcuni passaggi del documento meritano di essere evidenziati nel dettaglio, in quanto testimoniano come attualmente, anche da parte dei professionisti in ambito pediatrico, sia in atto un ripensamento profondo su aspetti che fino ad ora non erano mai stati oggetto di esplicita obiezione.
Di seguito si evidenziano le raccomandazioni e le esternazioni maggiormente significative in tal senso.
1. È necessario tenere conto delle revisioni Nord-Europee
Il documento evidenzia innanzitutto come “diversi paesi europei, guidati dal Regno Unito, abbiano recentemente rivisto la gestione della disforia di genere nei bambini e nei giovani”[3] e conferma come un numero crescente di bambini e adolescenti che si identificano come transgender abbia comportato negli ultimi anni un aumento esponenziale degli accessi presso i Servizi sanitari per lo sviluppo dell’identità di genere (GIDS).
A fronte di questa impennata di casi, l’EAP nota come gli approcci sanitari nazionali a questa condizione siano in continua evoluzione e riconosce che “diversi paesi europei, tra cui Regno Unito[4], Svezia[5], Norvegia[6] e Finlandia[7], hanno rivisto o stanno rivedendo questi servizi”[8], adottando “un approccio più cauto nei confronti dei trattamenti pediatrici che affermano il genere e restringendo alcuni trattamenti o limitandoli all’ambiente della ricerca”[9].
Il documento prende quindi atto di quella che è l’attuale realtà scientifica nei Paesi Nord-Europei che per primi hanno applicato la terapia affermativa, riconoscendo che esiste un vero e proprio dietro-front rispetto alle iniziali posizioni e rilevando come alcuni trattamenti siano stati vietati, limitati o utilizzati esclusivamente nell’ambito della ricerca sperimentale.
A sostegno di questi recenti ripensamenti da parte dei Paesi Nord-Europei, il documento dell’EAP menziona fra la letteratura scientifica di riferimento il rapporto intermedio della Cass Review, commissionata dal servizio sanitario inglese (NHSE)[10], un documento licenziato dal servizio sanitario svedese (The National Board of Health and Welfare – Socialstyrelsen)[11] e un comunicato stampa emanato dalla National Academy of Medicine[12] francese[13], nei quali vengono ampiamente sottolineati i limiti e i rischi dell’approccio affermativo.
L’EAP fa anche notare come negli USA[14] gli orientamenti siano molto più restrittivi in alcuni Stati, laddove sono state introdotte apposite legislazioni volte a vietare per i minori alcune o tutte le terapie previste dall’approccio affermativo[15].
2. Il diritto dei bambini a un “futuro aperto”, non condizionato da trattamenti invasivi, deve essere salvaguardato
Nell’attesa di un approfondimento scientifico quanto mai necessario, il documento si raccomanda che venga utilizzato nei confronti del minore “un approccio che mantenga il diritto del bambino a un futuro aperto”[16], evitando quindi di veicolarlo verso trattamenti irreversibili o comunque pregiudizievoli per la sua salute a lungo termine.
Il concetto di “futuro aperto” è ripetuto numerosissime volte nel documento.
Se nella fase iniziale dell’elaborato il richiamo pare essere limitato alla tutela del diritto del bambino a poter sperimentare liberamente forme di identità di genere diverse da quella coincidente con il proprio sesso biologico, nel proseguo della trattazione il termine assume contorni più nitidi, rappresentando una esplicita censura di tutti quei trattamenti previsti dal protocollo affermativo che possano pregiudicare le scelte future dei bambini.
“L’EAP, in quanto società pediatrica, sostiene il processo decisionale dei bambini e dei giovani sulla loro salute in linea con le norme UNCRC (Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia – United Nations Convention on the Rights of the Child, ndr) e la legislazione nazionale. Tuttavia, le nostre argomentazioni si svilupperanno nel sostenere un approccio analitico individualizzato e basato sui diritti per i bambini e i giovani, che dovrebbe mantenere loro un futuro aperto. Pertanto, dobbiamo prestare particolare attenzione agli approcci che preservano la fertilità futura”[17].
3. La disforia di genere è transitoria nella maggior parte dei casi
Sulla transitorietà della disforia di genere il documento conferma quanto è ormai costantemente acclarato dalla gran parte della comunità scientifica internazionale: “La gravità del disagio che la disforia di genere produce nei bambini in età prepuberale varia ed è spesso transitoria, con la maggior parte di coloro che sono in cura presso i servizi GID (Servizi sanitari per l’identità di genere, ndr) che non continuano la transizione una volta iniziata la pubertà”[18].
Si osservi che tale transitorietà riguarda anche i casi più estremi. “Alcuni bambini più piccoli con disforia di genere mostrano un desiderio forte, persistente e costante di appartenere all’altro genere o credono di appartenere all’altro genere. Vorrebbero che le caratteristiche fisiche e sessuali corrispondessero al loro genere percepito e possono preferire fortemente l’adozione di vestiti, attività e compagni di gioco del loro genere sperimentato, rifiutando le caratteristiche fisiche, le attività e l’espressione tipica del loro genere biologico. Tuttavia, studi di follow-up a lungo termine suggeriscono che oltre l’80% dei ragazzi indirizzati ai servizi GID clinici hanno desistito dalla disforia di genere in età adulta”[19].
Tale ultimo richiamo all’età adulta induce alla riflessione su quanto il percorso di riallineamento spontaneo fra genere percepito e sesso biologico possa essere lungo e tortuoso, necessitando di un congruo periodo di tempo per realizzarsi. La risoluzione naturale dell’incongruenza di genere è tuttavia prevedibile nella gran parte dei casi. Tale situazione contrasta in modo imbarazzante con la rapidità con cui determinati approcci, come quello affermativo, introducono nel percorso di riallineamento spontaneo elementi di medicalizzazione che ne complicano la realizzazione.
4. Il ruolo della transizione sociale è dibattuto
L’EAP nel documento ammonisce di prestare massima attenzione al ruolo della cosiddetta transizione sociale, cioè il vivere secondo il genere percepito, in quanto “il ruolo della transizione sociale di genere prepuberale nell’aumentare la probabilità di persistenza è dibattuto, ma può rappresentare un mezzo di supporto”[20].
Tale posizione sembra ricalcare pienamente quella assunta dall’NHS inglese sulla transizione sociale, secondo cui “è importante considerarla come un intervento attivo perché può avere effetti significativi sul bambino o sul giovane in termini di funzionamento psicologico”[21]. Tale ottica non totalmente preclusiva, che la ammette in alcuni casi come eventuale mezzo di supporto, contrasta apertamente con l’approccio affermativo spesso in uso che caldeggia una tempestiva affermazione sociale del giovane, operando un immediato consolidamento dell’auto-percezione, senza aver posto in essere alcun approfondimento sulla reale natura di tale percezione.
5. La disforia di genere a insorgenza rapida (ROGD), il contagio dei social media e i condizionamenti da parte della famiglia, dei pari e dei medici
Il documento afferma che “i recenti aumenti degli accessi alle cliniche GID da parte delle femmine e la prevalenza dei Disturbi dello Spettro Autistico negli adulti e nei bambini transgender (compresi gli adolescenti) rimangono inspiegabili, anche se si evidenziano dei cambiamenti nei modelli di accesso. Un’ipotesi ancora dibattuta attribuisce l’aumento della disforia di genere che avviene improvvisamente nell’adolescenza a un fenomeno sociale definito disforia di genere a insorgenza rapida (ROGD). L’argomentazione, inizialmente emersa da interviste a genitori di giovani transgender, sostiene che il contagio sociale alimentato dai social media porta alla disforia di genere tra pari, riflettendo un meccanismo sociale di coping per altri problemi. La polarizzazione del dibattito successivo è nota a tutti, con molti esperti e organismi scientifici che criticano la ricerca e il concetto. Tuttavia, altri riconoscono la necessità di indagare a fondo su una delle poche spiegazioni offerte per i recenti cambiamenti demografici”[22].
L’EAP osserva che “le espressioni e i comportamenti atipici di genere sono sempre più riconosciuti come parte del normale sviluppo e sono influenzati da fattori familiari e sociali più ampi”[23], dimostrando quindi di non ignorare come nella società attuale il contagio dei pari e della famiglia possa condizionare le scelte dei minori.
Il documento ritiene inoltre che esista uno stretto collegamento fra contagio sociale e disforia di genere, non solo con riferimento alla fattispecie della disforia ad insorgenza rapida.
Per valutare quante e quanto aggressive siano tali forme di contagio “andrebbe considerato anche il ruolo dei social media, dei gruppi di sostegno e della pressione dei coetanei, nonché di quella di altre persone vicine al minore. In effetti, il ruolo dei social media non solo nella diforia di genere ad insorgenza rapida, ma più in generale nella disforia di genere e forse separatamente nell’aumento dei problemi di salute mentale infantile, richiede una seria esplorazione accademica”[24].
L’allarme lanciato dall’EAP non si limita a segnalare le forme di condizionamento provenienti dalla famiglia, dai pari e dagli influencer, ma coinvolge anche quelle provenienti dai professionisti sanitari e dai team che si occupano di disforia di genere.
“Vale anche la pena notare che è probabile che anche le opinioni specifiche di qualsiasi team di professionisti influenzino le opzioni di trattamento. Pertanto, i team che trattano la disforia di genere dovrebbero conformarsi a standard professionali adeguati e operare all’interno di strutture di governance chiare con regolare peer review”[25].
Tale presa di coscienza dell’esistenza di forme di contagio e di influenza esterna come incidenti sulla disforia di genere pare finalmente voler riallineare tale condizione alle altre situazioni di disagio che hanno attanagliato bambini, adolescenti e giovani adulti, soprattutto nel periodo post-pandemico. Sono sempre più frequenti, infatti gli studi, che individuano l’influenza dei social media e il contagio fra i pari come alcune delle cause incidenti su fenomeni di disagio giovanile in grande espansione come l’autolesionismo, le dipendenze comportamentali (ad es. da gioco d’azzardo, dai videogiochi e dalla pornografia), l’isolamento, il senso di incertezza, il peggioramento nella qualità del sonno, le maggiori difficoltà di concentrazione, l’aumento dei sintomi depressivi, fino ad interessare vere e proprie condizioni patologiche come i disturbi della salute mentale e l’anoressia.
6. Errato utilizzo del protocollo olandese al di fuori degli studi clinici
Con riferimento al protocollo olandese l’EAP lancia un allarme che suscita clamore.
“Il protocollo olandese originale prevedeva la presenza di rigorosi criteri di ammissione, tra cui un’età maggiore di 12 anni, una disforia grave e persistente, un peggioramento durante la pubertà, l’assenza di altre psicopatologie e la necessità di supporto familiare. Nel corso del tempo, alcuni requisiti del protocollo sembrano essere stati dilatati al di fuori degli studi clinici, al fine di includere i soggetti più giovani, compresi i bambini in età prepuberale. Questo approccio di affermazione del genere è stato sia criticato che sostenuto”[26].
Tale denuncia conferma come una parte della comunità scientifica abbia applicato le terapie invasive contemplate dal protocollo olandese a una platea di bambini diversa rispetto a quella che era stata oggetto degli studi clinici, somministrando quindi trattamenti privi di evidenza scientifica. Tale presa d’atto conferma quanto siano improvvide le dichiarazioni dei professionisti sanitari che sostengono costantemente di somministrare trattamenti sicuri e clinicamente testati, anche quando operano al di fuori dei criteri imposti dal protocollo olandese.
7. L’uso dei bloccanti della pubertà è controverso e vanno valutati i potenziali danni futuri
Con riferimento alle criticità del “Protocollo Olandese”, il documento dell’EAP sostiene che “la maggior parte delle controversie si sono concentrate sull’uso del GnRH-a per bloccare la pubertà nei bambini peri-puberali (soprattutto considerando l’inizio precoce della pubertà osservato nei bambini di oggi) a causa delle potenziali conseguenze a lungo termine sulla salute e sulla fertilità, nonché per la mancata capacità di consenso dei bambini più piccoli”[27].
In tutti i paesi europei gli analoghi dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (GnRH-a) vengono somministrati nei bambini con disforia di genere in regime di off-label, cioè per un impiego diverso da quello per il quale sono stati studiati e autorizzati. Tali farmaci vengono comunemente denominati “bloccanti della pubertà”, in quanto, agendo sullo sviluppo delle gonadi, provvedono a inibire la pubertà del bambino e ne sopprimono lo sviluppo esteriore.
“Sebbene ampiamente autorizzato per il trattamento della pubertà precoce, l’uso nella disforia di genere è controverso, non ultimo il fatto che l’uso sia sperimentale o innovativo[28]. Alcuni Paesi ora limitano l’uso del GnRH-a nell’ambito della ricerca o solo in situazioni eccezionali da valutare caso per caso”[29].
Nonostante per i fautori dell’approccio affermativo “la logica del GnRH-a sia quella di consentire una valutazione, una riflessione, un supporto e una consulenza continui, liberi dalle ansie e dallo stress derivanti dalla pubertà in un genere indesiderato…[30]”, secondo l’EAP “l’efficacia del GnRH-a nel raggiungimento di uno di questi obiettivi è dibattuta, ma è cruciale per l’analisi danno/beneficio richiesta per ciascun bambino. Questa analisi è particolarmente impegnativa in quanto alcuni potenziali danni, ad esempio la soppressione della crescita e la ridotta densità ossea, sono ben riconosciuti, mentre altri lo sono meno. Le conseguenze bio-psicosociali potenzialmente dannose del ritardo della pubertà devono essere controbilanciate dal miglioramento del disagio indotto dalla disforia di genere. Tale miglioramento è stato attestato da uno studio senza gruppo di controllo, ma le preoccupazioni metodologiche su altri studi fanno sì che il loro utilizzo rimanga controverso”[31].
Da quanto sopra emerge chiaramente come non sia possibile allo stato degli atti effettuare una valutazione seria, fondata su evidenze scientifiche, in merito al rapporto rischi/benefici di tale trattamento, essendo al momento non noti gli effetti a lungo termine della somministrazione. Le perplessità esternate nel documento dell’EAP paiono smentire definitivamente quei professionisti sanitari e quelle organizzazioni che ribadiscono con incomprensibile sicumera come i bloccanti della pubertà per i bambini disforici rappresentino un trattamento assolutamente sicuro e completamente reversibile pur in assenza di solide evidenze scientifiche, la cui mancanza ha indotto recentemente l’NSH inglese a vietarli per i minori di 18 anni.
8. I bloccanti della pubertà possono compromettere la liberà di scelta dei bambini, anziché facilitarla
L’EAP prende quindi atto degli studi che attestano come i bambini che iniziano ad assumere i bloccanti della pubertà entrino irrimediabilmente in un circuito di medicalizzazione da cui è molto complicato uscire, se è vero, come testimoniano alcuni studi e come conferma lo stesso NHS inglese, che “quasi tutti i bambini e i giovani sottoposti a bloccanti della pubertà passano al trattamento con ormoni cross-gender (96,5% e 98% rispettivamente)”[32].
In proposito anche l’EAP afferma che “l’uso del GnRH-a può portare irrevocabilmente all’uso di ormoni cross-gender e alla transizione chirurgica, quindi potrebbe probabilmente compromettere piuttosto che facilitare la libertà di scelta. Molte delle revisioni nazionali europee hanno concluso che i pochi studi di qualità limitata in merito all’effetto dei bloccanti della pubertà sulla disforia di genere, sulla salute mentale e sulla qualità della vita forniscono certezze di efficacia molto bassa. Le riconosciute difficoltà etiche e pratiche legate all’esecuzione di studi controllati non precludono la necessità di appropriati studi comparativi o di ricerche di follow-up a lungo termine”[33].
9. L’efficacia delle terapie ormonali è controversa e non ci sono prove che tali trattamenti riducano la suicidalità
In tale documento l’EAP manifesta tutti i propri dubbi in ordine all’utilizzo delle terapie ormonali sui bambini.
In prima battuta ammette non solo che la questione sul loro utilizzo è dibattuta e controversa, ma conferma anche che non esiste alcuna prova solida a sostegno della tesi che le terapie ormonali siano utili per ridurre la suicidalità.
“La questione fondamentale se i trattamenti biomedici (inclusa la terapia ormonale) per la disforia di genere siano efficaci rimane controversa. Sebbene lo studio originale di de Vries fosse convincente, altri ne hanno messo in dubbio l’efficacia e, come sottolinea Clayton, “non esistono prove empiriche solide che i bloccanti della pubertà riducano la suicidalità o i tassi di suicidio”[34].
In seconda battuta l’EAP conferma che, oltre alla mancanza di prove solide a sostegno dell’efficacia della terapia ormonale, sussistono forti preoccupazioni derivanti dall’incertezza sulle conseguenze a lungo termine di tali trattamenti.
“Gli ormoni transgender sono usati raramente in Europa prima dell’età in cui i bambini possono acconsentire senza l’approvazione dei genitori, in quanto le prove di efficacia sono limitate, mentre le conseguenze a lungo termine sono considerevoli”[35].
Prescindendo dalla questione etica, che comunque esiste e non può essere ignorata, l’EAP ribadisce che in alcuni casi gravi il ricorso alle terapie ormonali potrebbe essere consentito in virtù di un giudizio di confronto fra rischi e benefici. Tale comparazione fra rischi e benefici risulta però al momento impossibile da effettuare, mancando completamente i dati a lungo termine di tali trattamenti sui bambini disforici. Non si può inoltre sottacere che il blocco della pubertà provoca delle importanti conseguenze psicosociali che possono incidere negativamente sullo sviluppo futuro di questi bambini, per cui è necessario effettuare ulteriori ricerche prima di espandere tale utilizzo, come invece sta già avvenendo in molti paesi, Italia compresa.
“L’uso di questi farmaci nei bambini affetti da disforia di genere solleva tensioni tra etica e legge su chi dovrebbe determinare il miglior interesse di un giovane e chi dovrebbe fornire il consenso ai trattamenti…[36] I bloccanti della pubertà possono essere giustificati nei soggetti gravemente colpiti dalla mancanza di congruenza tra identità di genere e sesso, poiché ritardare la pubertà e procedere alla transizione può essere meno dannoso delle conseguenze a lungo termine della terapia con GnRH-a. Tuttavia, la mancanza di dati sugli esiti a lungo termine, comprese le conseguenze psicosociali della pubertà ritardata, è preoccupante e dovrebbe essere al centro di ulteriori ricerche prima di un’ulteriore espansione del loro utilizzo”[37].
10. I trattamenti chirurgici non sono idonei per i minori
Nonostante in alcuni Paesi sia consentito l’accesso dei minori ai trattamenti chirurgici, l’EAP non approva tale trattamento fra quelli contemplabili per i bambini.
“Dato che le argomentazioni successive sosterranno il diritto del bambino a un futuro aperto, il nostro punto di vista come pediatri è che sia corretto rinviare l’intervento chirurgico irreversibile all’età adulta”[38].
11. I bambini possono non essere in grado di dare un consenso realmente informato ai trattamenti
Il documento ammette che “il meccanismo appropriato per ottenere il consenso per il blocco della pubertà e per le terapie di affermazione del genere nella disforia di genere è controverso”[39].
L’EAP solleva seri dubbi sul fatto che il bambino, in una situazione di disagio significativo quale è quella connessa alla disforia di genere, possa essere in grado di assumere decisioni realmente consapevoli e di comprendere appieno le reali conseguenze dei trattamenti che gli vengono proposti.
“La competenza dei bambini nel prendere decisioni così complesse è stata messa in dubbio a causa della mancanza di esperienza di vita e dell’immaturità che caratterizzano la formazione del processo decisionale. Inoltre, il disagio e l’angoscia causati dall’incongruenza di genere possono produrre una situazione di incapacità, in cui un bambino può non essere in grado di assimilare e utilizzare le informazioni che gli vengono date per prendere la decisione in questione. Per quanto sia orientato a favorire la comprensione da parte del bambino, il fornire maggiori informazioni potrebbe non modificare materialmente la situazione” [40].
In buona sostanza, la situazione di disagio in cui può trovarsi il minore può essere talmente condizionante da inficiare completamente l’assenso fornito ai trattamenti, con la conseguenza che il consenso rimarrebbe ugualmente viziato anche a fronte di un maggior apporto di informazioni.
12. Dare il giusto peso alle opinioni dei bambini
La condizione necessaria per poter erogare un trattamento affermativo di genere, pertanto, non solo deve consistere in una seria valutazione dell’interesse superiore del minore, ma soprattutto deve essere sostenuto da preliminari valutazioni cliniche e psicosociali da svolgere in modo rigoroso e approfondito.
“La premessa fondamentale è che l’interesse superiore del minore deve costituire una considerazione primaria (articolo 3 UNCRC), adottando un approccio coerente con una valutazione clinica e psicosociale dettagliata”[41].
Qualsiasi approccio si intenda adottare deve essere basato sul diritto dei minori a non essere discriminati, sul diritto a ottenere standard di cura adeguati e sul diritto di libertà dei bambini a formarsi delle opinioni e a esprimerle liberamente. Su tale ultimo aspetto occorre sottolineare che a tali opinioni deve essere “accordato il giusto peso in base alla loro età e maturità[42], secondo quanto previsto dall’articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia[43].
La libera opinione del minore deve essere ancor più attentamente soppesata laddove sia tesa a fornire consenso a trattamenti di natura irreversibile.
“Rimangono problemi nel decidere se i bambini possano plausibilmente rivendicare i propri diritti di libertà, soprattutto con riguardo a una richiesta di trattamento invasivo e irreversibile, nel quale il diritto del bambino alla protezione dai danni di un trattamento invasivo e irreversibile di affermazione di genere deve essere attentamente considerato”[44].
13. Equilibrio fra diritto di autonomia del bambino e obbligo di protezione del minore
L’EAP prende atto della polarizzazione del dibattito sul corretto approccio da applicare alla condizione disforica e raccomanda che la scelta su come procedere sia operata tenendo in debito conto il principio di protezione che deve tutelare costantemente tutti i minori.
“Il trattamento dei bambini transgender solleva importanti questioni riguardanti l’identità personale e l’autonomia. I protocolli di trattamento, i loro fondamenti clinici, etici e legali, chi dovrebbe determinarli e come dovrebbero essere applicati sono controversi e continueranno a produrre opinioni polarizzate. L’equilibrio tra il rispetto dello sviluppo dell’autonomia dei giovani e la loro protezione dai pericoli rimane cruciale. Suggeriamo che un approccio flessibile, basato sulla creazione di consenso e basato sui diritti, supportato da una solida comprensione della relazione tra sesso biologico e genere, è nel migliore interesse dei bambini e sostiene il loro diritto a un futuro aperto”[45].
14. Gli approcci alternativi a quello affermativo sono da preferire
Nel ricercare un equo contemperamento fra il diritto del bambino alla sperimentazione del proprio genere e il diritto a non veder compromesso irrimediabilmente il proprio futuro da scelte irreversibili, l’EAP invita ad abbandonare la dicotomia deterministica che prevede l’obbligo di scegliere fra maschio e femmina.
“Gli attuali protocolli per il trattamento dei bambini transgender rafforzano un concetto binario di genere biologicamente determinato, con il quale non siamo d’accordo. Un simile approccio sembra contrario agli attuali costrutti sociali dell’identità di genere che sono più complessi, diversificati e fluidi di quelli definiti dai vincoli biologici. La mutevole interazione dei fattori che modellano l’identità del bambino man mano che matura deve essere riconosciuta nel quadro dei diritti dell’infanzia. I protocolli di trattamento dovrebbero riflettere realmente questo panorama complesso e in evoluzione”[46].
La rigida impostazione duale dell’approccio affermativo, che comporta il ricorso a trattamenti invasivi tesi ad adeguare il proprio corpo all’uno o all’altro sesso, non tutela adeguatamente la libertà del bambino a ricercare la propria identità di genere, la quale prescinde dal proprio sesso biologico e pertanto non ne richiede la modifica, particolarmente in virtù del fatto che la percezione di genere pare essere costantemente mutevole e non persistente.
“Un bambino che entra nella pubertà in un genere in cui non si identifica vede compromesso il suo diritto a un futuro aperto, ma un bambino che intraprende un percorso di transizione di cui potrebbe poi pentirsi è altrettanto compromesso. Un approccio alternativo che conservi meglio le opzioni e permetta una maggiore fluidità dell’espressione e dell’identità di genere sembra preferibile, nonostante le sue ambiguità essenziali e le difficoltà nel bilanciare i diritti in competizione. Affrontare in modo costruttivo e aperto questi problemi potrebbe migliorare il processo decisionale”[47].
“Sosteniamo che un approccio sfumato e non binario sia coerente con il rispetto della libertà, dei diritti di protezione e del principio del miglior interesse. Offre la possibilità di un futuro aperto che includa relazioni future e la conservazione della fertilità, consente ai genitori di sostenere il processo di consenso e protegge coloro per i quali ciò non è possibile”[48].
“L’applicazione dei principi libertari, compreso quello della sussidiarietà, sosterrebbe un approccio permissivo verso l’affermazione di genere. Tuttavia, l’EAP sostiene un approccio più equilibrato, incentrato su interventi che limitino meno le opzioni future del bambino transgender, cercando nel contempo di prevenire danni significativi o gravi”[49].
15. Le problematiche psicologiche correlate alla disforia di genere vanno esplorate preliminarmente
Proprio nell’ottica di non compromettere in alcun modo il futuro dei bambini, l’EAP ritiene che prima del trattamento della disforia di genere debba essere preliminarmente garantita la “cura per qualsiasi problema di salute mentale o psicologico associato”[50].
Nel percorso di analisi e sostegno del bambino, occorre tenere presente non solo le eventuali comorbilità che lo affliggono, le quali vanno affrontate con apposite terapie, ma anche tutti gli altri fattori che interagiscono con il fenomeno disforico.
“Il bilanciamento di questi fattori dipende dalle circostanze particolari del minore, pertanto devono essere evitate ipotesi ingiustificate su quale sia l’interesse superiore del bambino. La considerazione delle interazioni con altri fattori è fondamentale, dato che altri fattori come la sessualità, la razza e la disabilità possono influenzare il quadro. I medici devono affrontare gli specifici bisogni di salute mentale dei bambini con disforia di genere, come il disturbo dello spettro autistico”[51].
16. È necessario e urgente effettuare ulteriori ricerche scientifiche
L’EAP riconosce come sia improcrastinabile non solo “la necessità di effettuare ulteriori ricerche su trattamenti come la soppressione puberale e gli ormoni sessuali incrociati nei bambini e nei giovani”[52], valutando quindi la congruità, l’efficacia e la rischiosità dei trattamenti affermativi, ma ritiene che sia necessario finanziare una ricerca che effettui studi comparativi, confrontando diversi modelli di approccio.
“Dovrebbe essere finanziato ed eseguito con urgenza un programma di ricerca internazionale per definire trattamenti e risultati ottimali, basato su meticolose osservazioni e su studi comparativi. Nel frattempo, bambini e genitori devono ricevere sostegno e cure adeguate, mentre i problemi vengono risolti”[53].
Il carattere di urgenza di tale ineludibile approfondimento scientifico è ribadito anche nelle raccomandazioni finali, laddove il documento riporta la seguente affermazione: “L’EAP sollecita una ricerca urgente sull’approccio ottimale per sostenere i giovani con disforia di genere e le loro famiglie”[54].
17. Conclusioni
Dalla lettura del documento emanato dagli esponenti della European Academy of Pediatrics traspare tutta la preoccupazione che un’autorevole parte del mondo scientifico nutre con riguardo alla validità, all’efficacia e all’eticità dei trattamenti proposti dall’approccio affermativo alla disforia di genere.
Nel documento licenziato l’EAP non si limita a citare ripetutamente le risultanze delle revisioni scientifiche operate dai Paesi Nord-Europei, che stanno prendendo le distanze dal modello affermativo, ma inserisce fra i propri richiami bibliografici una prevalenza di autori storicamente e apertamente critici nei confronti del modello affermativo, come Biggs, Clayton, Zucker, Littman, Kaltiala.
Tali richiami non solo dimostrano attenzione verso coloro che da sempre invocano un modello di trattamento meno aggressivo e maggiormente rispettoso dello sviluppo del minore, ma al contempo supportano scientificamente l’invito dell’Accademia a minimizzare i trattamenti sui minori, al fine di salvaguardare il loro diritto ad un futuro aperto.
L’intervento della European Academy of Pediatrics precede di pochi giorni la presa di posizione dell’American College of Pediatricians (ACPeds) che in data 7 febbraio 2024 ha emanato un documento denominato “Salute mentale negli adolescenti con incongruenza di identità di genere e sesso biologico”[55]. I pediatri statunitensi hanno esaminato oltre 60 studi e hanno concluso che la transizione sociale, i bloccanti della pubertà e gli ormoni sessuali incrociati non producono benefici dimostrabili a lungo termine sul benessere psicosociale degli adolescenti con disforia di genere.
In attesa che anche l’Associazione dei Pediatri Italiani renda nota la propria posizione sul tema, si osserva che le affermazioni licenziate dall’Accademia Europea di Pediatria contribuiscono a minare profondamente la sicumera con cui altre società scientifiche si schierano apertamente e senza dubbi di sorta a favore dell’approccio affermativo e dei trattamenti su bambini e giovani disforici.
In tal senso stona il comunicato emanato da 12 fra associazioni culturali e società scientifiche italiane il 31 gennaio 2024, nel quale i sottoscrittori si limitano ad affermare che “a molti purtroppo sfugge la natura assolutamente transitoria e largamente reversibile del trattamento con GnRHa”, senza manifestare alcun dubbio o esternare alcuna riflessione sulle conseguenze a lungo termine di tale trattamento, né sugli eventuali effetti fisici e psicosociali, né sui potenziali rischi. Uno spot incomprensibile all’utilizzo della triptorelina e una lode alla reversibilità non comprovata che opportunamente non è stato sottoscritto dall’Associazione dei Pediatri Italiani e che isola completamente l’Italia rispetto ad un contesto europeo in cui le revisioni e i dubbi sui trattamenti dell’approccio affermativo si stanno consolidando ineluttabilmente all’interno delle varie società scientifiche e dei servizi sanitari nazionali.
Le famiglie italiane, in tal modo, vengono completamente escluse dal dibattito europeo e mondiale su un tema così delicato per la salute dei propri figli, rendendo il deficit di informazione e di consenso uno dei problemi principali di questa triste vicenda italiana, in cui la difesa di posizioni ideologiche, preconcette e di interesse, pare prevalere sul diritto dei minori e dei giovani adulti a ricevere un trattamento sanitario adeguato, sicuro e, soprattutto, correttamente informato.
[1] Consultabile al link: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fped.2024.1298884/full#B47
[2] Joe Brierley (Chair/Lead EAP 2018-2023), Adamos A. Hadjipanayis (Immediate Past President EAP), Zachi Grossman (Chair Primary Care EAP), Vic Larcher (Affiliations EAP).
[3] “Several European countries, led by the UK, have recently reviewed the management of gender dysphoria in children and young people”.
[4] Per un approfondimento sulle recenti revisioni introdotte in Inghilterra sul trattamento dei minori disforici si vedano: https://www.generazioned.org/anche-linghilterra-rivede-il-proprio-approccio-alla-disforia-di-genere/ e https://www.generazioned.org/nhs-revisione-linee-guida-trattamento-disforia-genere/
[5] Per uno studio sulla situazione svedese si veda: https://www.generazioned.org/il-trattamento-della-disforia-di-genere-in-svezia/
[6] Per le revisioni attuate in Norvegia si rinvia a: https://www.generazioned.org/i-ripensamenti-della-norvegia-sulla-disforia-di-genere/
[7] Per un commento sui cambiamenti avvenuti in Finlandia si rimanda a: https://www.generazioned.org/il-trattamento-della-disforia-di-genere-lesempio-della-finlandia/
[8] “Increasing numbers of children and adolescents identifying as transgender have led to increased referrals to Gender Identity Development Services (GIDS) or their equivalents, with several European countries, including the U.K., Sweden, Norway, and Finland, having reviewed/are reviewing these services”.
[9] “Some, consequently, have adopted a more cautious approach to paediatric gender-affirming treatments by restricting some treatments or limiting them to the research environment”
[10] Cass H. (2022). “Independent review of gender identity services for children and young people—interim review”. Disponibile online al sito: https://cass.independent-review.uk/publications/interim-report/
[11] The National Board of Health and Welfare (Socialstyrelsen) (2015). “Care of children and adolescents with gender dysphoria: Summar”.
[12] National Academy of Medicine in France (2022). “Society for Evidence-Based Gender Medicine: Advises Caution in Pediatric Gender Transition”. Disponibile online al sito: https://segm.org/France-cautions-regarding-puberty-blockers-and-cross-sex-hormones-for-youth
[13] Per un commento sulla situazione francese si segnala: https://www.generazioned.org/il-trattamento-della-disforia-di-genere-in-francia/
[14] Per una panoramica sulla legislazione nei vari Stati USA si rinvia a: https://www.generazioned.org/la-disforia-di-genere-negli-usa-aumentano-i-provvedimenti-restrittivi-sui-trattamenti-medici/
[15] Si veda in proposito l’articolo del New York Times (2023), disponibile online al sito: https://www.nytimes.com/2023/04/15/upshot/bans-transgender-teenagers.html
[16] “We suggest an approach that maintains the child’s right to an open future”
[17] “EAP, as a paediatric society, supports children and young people’s decision-making about their health in line with the UNCRC norms and national legislation. However, our arguments will develop into advocating for a rights-based individualised analytical approach for children and young people, which should maintain an open future for them. Therefore, we must give significant consideration to approaches that maintain future fertility”.
[18] “The severity of discomfort that GD produces in prepubescent children varies and is often transient, with most under GID services not continuing to transition once puberty begins”
[19] “Some younger children with GD exhibit a robust, persistent, and consistent desire to be of the other gender or believe they are of the other gender. They aspire for physical and sexual characteristics to match their experienced gender, and can strongly prefer adopting clothing, activities and playmates of their experienced gender, rejecting the physical characteristics, activities and typical expression of their biological gender. However, long-term follow-up studies suggest that over 80% of boys referred for clinical GD to GID services desisted from gender dysphoria in adulthood”.
[20] “The role of prepubertal gender social transition in increasing the likelihood of persistence is debated but may provide a means of support”.
[21] “La transizione sociale potrebbe essere pensato come un intervento o un trattamento, perché non è qualcosa che accade all’interno dei servizi sanitari. Tuttavia, è importante considerarlo come un intervento attivo perché può avere effetti significativi sul bambino o sul giovane in termini di funzionamento psicologico” (Documento del febbraio 2022: CASS REVIEW – RAPPORTO INTERMEDIO).
[22] “The recent increases in female GID clinic referrals and the prevalence of Autistic Spectrum Disorders in transgender adults and children (including adolescents), remain unexplained, though some highlight referral pattern changes. One controversial suggestion ascribes the increase in sudden onset GD in adolescence to a social phenomenon termed rapid onset gender dysphoria (ROGD). The argument, initially emerging from interviews with parents of transgender youths, effectively runs that a social contagion fuelled by social media leads to peer group-GD, reflecting a social coping mechanism for other issues. The polarisation of the subsequent debate will be familiar to all, with many experts and scientific bodies critical of the research and concept. However, others recognise the need to thoroughly investigate one of the few offered explanations for the recent demographic changes”.
[23] “…atypical gender expressions and behaviours are increasingly recognised as part of normal development and are influenced by broader family and societal factors”
[24] “Nevertheless, the role of social media, support groups and peer pressure, as well as that of others close to the child, should also be considered. Indeed, the role of social media in not just ROGD but more broadly in GD and perhaps separately in the increase in childhood mental health problems is overdue serious academic exploration”.
[25] “It is also worth noting that the specific views of any professional team are also likely to influence treatment options. So, teams treating GD should conform to appropriate professional standards and operate within clear governance structures with regular peer review”.
[26] “The original Dutch protocol had strict entry criteria, including age >12, persistent and severe dysphoria, worsening at puberty, an absence of other psychopathology and family support. Over time, some of the elements of the protocol appear to have been extended to include younger people, including prepubescent children, outside clinical trials. This gender-affirming approach has been both criticised and supported”.
[27] “Most controversy has centred on the use of GnRH-a to block puberty in peri-pubescent children (especially given the earlier onset of puberty seen in children today) due to potential long-term health and fertility consequences and younger children’s lack of capacity to consent”.
[28] Giordano S., Holm S. (2020). “Is puberty delaying treatment ‘experimental treatment’?”, in Int. Journal Transgender Health, n. 21, pag. 113–121. Giordano S. (2023). “Children and gender: Ethical issues in clinical management of transgender and gender diverse youth, from early years to late adolescence” in Oxford University Press, pag. 320.
[29] “Although widely licensed to treat precocious puberty, use inGD is controversial, not least whether use is experimental or innovative. Some countries now restrict GnRH-a use to research, or to an exceptional/case-by-case basis”.
[30] “The rationale for GnRH-a is to permit ongoing assessment, reflection, support, and counselling free from the anxieties and stress arising from puberty in an undesired gender”.
[31] “An ancillary purpose is the reduction of anxiety and depression with increased well-being. The efficacy of GnRH-a in achieving any of these is debated, but crucial to the harm/benefit analysis required for each child. This analysis is particularly challenging as some potential harms, e.g., growth suppression and reduced bone density, are well-recognised, but others less so. The potentially harmful bio-psychosocial consequences of delaying puberty must be balanced against the amelioration of GD-induced distress, with efficacy reported in one uncontrolled study, but methodological concerns about other studies means their use remains controversial”.
[32] “Data from both the Netherlands and the study conducted by GIDS demonstrated that almost all children and young people who are put on puberty blockers go on to sex hormone treatment (96.5% and 98% respectively)” (pagina 38 del documento CASS REVIEW – RAPPORTO INTERMEDIO – NSHE – National Health Service in England (2022) – sezione “Puberty blockers”).
[33] “GnRH-a use may irrevocably lead to the use of trans-sex hormones and surgical transition, so it may arguably compromise rather than facilitate freedom of choice. Several of the national European reviews concluded that the few limited quality studies on puberty blockers in GD, mental health, and quality of life provide a very low certainty of efficacy. The recognised ethical and practical difficulties of performing controlled trials do not preclude the need for either appropriate comparator studies or long-term follow-up research”.
[34] “The fundamental question of whether biomedical treatments (including hormone therapy) for gender dysphoria are effective remains contested. Although de Vries’ original study was persuasive, others have questioned efficacy, and as Clayton highlights, “there is no robust empirical evidence that puberty blockers reduce suicidality or suicide rates”.
[35] “Transgender hormones are rarely used in Europe before the age at which children can consent without parental knowledge, reflecting unease at the limited evidence of efficacy but considerable long-term consequences”.
[36] “The use of these drugs in children with GD raises tensions between ethics and law about who should determine a young person’s best interests and provide consent”.
[37] “Puberty blockers may be justified in those severely troubled by lack of congruence between gender identity and sex, as delaying puberty and proceeding to transition may be less harmful than the long-term consequences of GnRH-a therapy. However, the lack of long-term outcome data, including the psychosocial consequences of delayed puberty, is troubling and should be the focus of further research before further expansion of their use”.
[38] “Given that later arguments will support the child’s right to an open future, our view as paediatricians is that it is correct to defer irreversible surgery until adulthood”.
[39] “The appropriate mechanism for obtaining consent for puberty blockade and gender-affirming therapies in GD is disputed”.
[40] “Children’s competence to make such complex decisions has been questioned because of a lack of life experience and the immaturity of executive decision-making (63). Furthermore, the distress and anguish caused by gender incongruity may produce a situational incapacity where a child cannot assimilate and use information to make the decision at hand. No matter how much it is orientated to the child’s understanding, providing more information may not materially alter the situation”.
[41] “The fundamental premise is that the child’s best interests are a primary consideration (Article 3 UNCRC), an approach consistent with a detailed clinical and psychosocial assessment”.
[42] “Liberty rights entail that children capable of forming views should have the freedom to express them, and their views accorded due weight in accordance with their age and maturity (Article 12 ibid)”.
[43] L’art. 12 prevede quanto segue: “Gli Stati parti garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo devono essere debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità”.
[44] “Problems remain in deciding whether children can plausibly claim liberty rights, especially in a request for invasive, non-reversible treatment, where the child’s right to protection from the harms of invasive, irreversible gender-affirming treatment must be carefully considered”.
[45] “The treatment of transgender children raises important questions concerning personal identity and autonomy. Treatment protocols, their clinical, ethical and legal foundations, who should determine them, and how they should be applied are controversial and will continue to produce polarised opinions. The balance between respecting a young person’s developing autonomy and protecting them from harm remains crucial. We suggest that a flexible, consensus-building, rights-based approach, supported by a robust understanding of the relationship between biological sex and gender, is in children’s best interests and supports their right to an open future”.
[46] “Current protocols for treating transgender children reinforce a biologically determined binary concept of gender, with which we disagree. Such an approach seems counter to current social constructs of gender identity that are more complex, diverse, and fluid than defined by biological constraints. The changing interplay of factors that shape the child’s identity as they mature needs to be acknowledged within the framework of children’s rights. Treatment protocols should genuinely reflect this complex and evolving landscape”.
[47] “A child entering puberty in a gender they do not identify with has their right to an open future compromised, but a child on a path to transition they may later regret is equally compromised. An alternative approach that better retains options and permits more fluidity of gender expression and identity seems preferable despite its essential ambiguities and difficulties in balancing competing rights. Constructively and openly addressing these issues could improve the decision-making process”.
[48] “We argue that a nuanced, non-binary approach is consistent with respect for liberty, protection rights, and the best interests principle. It provides the possibility of an open future that includes future relationships and fertility preservation, allows parents to support the consent process, and protects those for whom this is not possible”.
[49] “Applying libertarian principles, including that of subsidiarity, would support a permissive gender-affirmative approach. However, EAP supports a more balanced approach, focussed on interventions that least restrict the transgender child’s future options whilst trying to prevent significant or serious harm”.
[50] “…must receive appropriate support in decision-making and care for any associated mental health or psychological issues”.
[51] “Balancing these factors depends on the child’s particular circumstances, so unjustified assumptions about best interests must be avoided. Consideration of intersectionality is vital given that other factors such as sexuality, race and disability may influence the presentation. Clinicians must address specific mental health needs in a child with GD, such as an autistic spectrum disorder”.
[52] “Recognising the need for far more research into treatments such as pubertal suppression and cross-sex hormones in children and young people…”
[53] “An international research programme to define optimal treatment and outcomes, based on meticulous observation and comparator studies, should be urgently funded and performed. In the interim, children and parents must receive appropriate support and care while issues are resolved”.
[54] “EAP urges urgent research into the optimal approach to supporting young people with gender dysphoria and their families”.
[55] Documento consultabile al link: https://acpeds.org/position-statements/mental-health-in-adolescents-with-incongruence-of-gender-identity-and-biological-sex